Stress da vampiro - Film (1988)

Cage, yuppie schizzato (tra realtà e follia allucinata) è uno spasso. I discorsi con la psichiatra (veri e immaginari) sono tutti da gustare, come anche il suo rapporto con la povera segretaria (Alba), che tortura, chiedendole in continuazione di trovare un contratto. L'escalation di follia del protagonista è inarrestabile (gli occhi pallati quando umilia la segretaria, o quando, con denti di gomma, va in discoteca). Colonna sonora da vecchi horror vampireschi (passa anche Nosferatu in TV), ritmo costante e buone trovate. Davvero notevole.

Il vampirismo si modernizza e si sposta nella New York degli anni Ottanta con i suoi yuppies arroganti, vessatori, paranoici, sessuofobi, vittime della solitudine e dell’atomismo metropolitano. Tra sogno e realtà e immancabile equipaggiamento draculiano (pipistrelli, canini aguzzi, fotofobia, bare, paletti) Cage si dimena come un forsennato, impegnandosi in una delle sue perfomances più alte e spassose. Riconoscibile la mano di Joseph Minion (Fuori orario) nella travolgente scenenggiatura.

Peter Loew è un giovane uomo di successo: single, ha un buon lavoro in una agenzia letteraria e un bell'appartamento newyorkese. Il suo unico problema, che affronta andando da una psicanalista, è una certa instabilità dei rapporti con l'altro sesso. La sua vita cambia quando si convince di essere stato vampirizzato. Commedia birrazza e piuttosto divertente, soprattutto quando mostra Cage (gigionissimo) maltrattare la segretaria ispanica o attrezzarsi per la sua nuova vita (il divano rovesciato come bara, gli occhiali neri, il paletto)

Film raramente ricordato tra i primi di Cage, che qui si diletta a essere sempre sopra le righe in ogni scena e addirittura a mangiarsi uno scarafaggio (sì sì, vero!). Il nostro interpreta una sorta di Patrick Bateman più posato ma incline a perdere la bussola nella New York anni 80 della solitudine e dell'alienazione metropolitana. Piuttosto inutile Jennifer Beals come controparte, meglio la segretaria. Avrebbe i numeri per diventare un cult movie.

Interessante commedia-nera che, (finalmente!), rivisita in chiave diversa e decisamente originale la figura del vampiro collegandola al rampantismo sociale. Non un horror quindi (i fan del genere sono avvisati) ma una satira di un certo tipo di società: poco male perché la pellicola è abbastanza divertente e diversi sono i momenti che colgono nel segno. Contribuisce alla riuscita del film la prova decisamente valida di Cage che qui offre il meglio di se. Poco conosciuto, merita una attenta occhiata.

Stralunata, incalzante variante metropolitana del mito del Succhiasangue. L'impomatato rampante Peter Loew, aggiornamento del Nosferatu di Murnau (che passa naturalmente in TV), prende le luc(c)i(ole) della città per lanterne e si convince d'esser stato vampirizzato da Jenny Beals, giusto il tempo di perdere ogni freno inibitore e dar sfogo alle propri più infime pulsioni di sesso e morte. Lo script di Minion è di un cinismo sapientemente ironico. New York ripresa solo all'alba e al tramonto. Bierman tornò ai serial TV, Cage mai più è stato così in parte.

Evidente critica allo yuppie che vuole essere un vampiro alla Nosferatu, ma in realtà è già vampiro assetato di potere e si sfoga facendo mobbing sulla povera segretaria, il film è troppo in bilico tra la commedia (il divano usato come bara) e il dramma (il mobbing che culmina con lo stupro). Non aiuta l'istrionismo di Cage che rende il personaggio buffo, maldestro e quasi simpatico anche nei momenti in cui sta minacciando o insultando con marcata aggressività la malcapitata di turno. Tipicamente anni '80, comunque.

La crisi vampiresca di un capo-ufficio newyorkese: verità dai denti affilati o distorsione della realtà? Quello di Cage è quasi un film di protesta contro la vita impiegatizia, con tanta tanta ironia. A volte la sua interpretazione mi ha ricordato (non chiedetemene il motivo) il Rick Moranis versione mastro di chiavi in Ghostbusters.

Commedia dalla tematica gothic horror ma con caratteristiche tipicamente '80. Cage interpreta una sorta di parallelismo tra il vampiro classico, con tanto di cliché in veste caricaturale (il divano/bara, i denti finti) e il vampirismo psicologico del manager rampante che soverchia la segretaria. Qualche trovata brillante, Cage è divertente ma in generale si respira stanchezza con soluzioni poco centrate e sfilacciate. Sul vampirismo manageriale decisamente migliore il settantiano Dracula in Brianza di Fulci con Buzzanca "cummenda"/vampiro.

Il senso dell’operazione si comprende quasi verso la conclusione, quando il ricorso al vampirismo rivela esplicitamente lo scopo del suo utilizzo: se non fosse utilizzato come metafora per esprimere l’altra faccia della medaglia di un determinato stile di vita, resterebbe ben poco in mano. Croce e delizia è l’interpretazione di Nicolas Cage, stramba e decisamente sopra le righe. Il tono dismesso e ironico con cui si presenta non deve trarre in inganno: si assiste infatti a una lenta discesa nel delirio che acquisisce tono serioso, man mano che ci si avvicina all’epilogo.