La tragedia dell'immigrazione. L'imposizione di regole disumane fondate sul rifiuto e sull'abbandono dell'altro. Immagini plastiche, in grado di sollevare il velo di Maya che cela tanto squallore. Tanta assurdità, a cui ci si assuefa ogni giorno sino a divenir ciechi. Un marchio a fuoco nella memoria. Un grande regista, che dipinge la Sicilia isolana e isolata (Lampedusa), la sua gente e le loro forti contraddizioni senza dimenticare la "Terra Ferma". Il continente, con le sue promesse e le sue speranze. Non si può non amare quello che si vede. E soffrirne.
L'amata, splendida e martoriata Sicilia è ancora al centro di un film di Crialese, uno dei pochi "nuovi" registi a possedere una cosa sempre più rara nel cinema contemporaneo: lo stile. Qui guardi e dici: potrebbe essere un suo film. Poi certo, la storia non brilla per originalità, così come pure la sua evoluzione drammatica e le caratterizzazioni dei personaggi che appaiono un pò troppo schematiche e semplici. Però, anche se meno scintillante di altri suoi lavori, l'aspetto visivo è buono e si lascia guardare fino al prevedibile finale aperto.
Film decisamente impegnato che tratta dell'immigrazione clandestina nella bellissima isola siciliana di Linosa; premio Speciale della giuria a Venezia, non convince abbastanza: tutto è mostrato in maniera palese, non si stimola granché lo spettatore nella visione e alcuni passaggi risultano davvero scontati e un tantino già visti. Il protagonista Pucillo è a tratti irritante; la migliore del cast Donatella Finocchiaro. A volte il tema forte e il suggestivo sfondo non bastano a coinvolgere.
Film che parla della piaga (per chi la vive) dell'immigrazione clandestina molto più dei tronfi discorsi dei nostri ciarlieri politici. Crialese ne rende plastico il dolore e la sofferenza in un film toccante, che mette a confronto due popolazioni (i migranti e gli isolani) entrambe sconfitte in diverso modo ma che nel dolore trovano un punto comune di incontro. Immagini di grande potenza, fotografia subline ed un ottimo gruppo di attori per un film che nobilita il cinema italiano.
Crialese rinnova il talento espresso in Respiro e confeziona un altro ritratto di vita marina. Stavolta il tema è più importante, sopravvivere per chi è clandestino o per chi non è più al passo coi tempi. Il cast è valido, (specialmente nelle interpretazioni dei meno professionisti) e si esprime puntuale nei momenti di intensità. La storia afferma il suo messaggio senza retorica: dove la legge arriva feroce coi suoi tempi, l’umanità ha l’opportunità di fare del bene, quando non pensa al rendiconto.
Gli attori singolarmente presi funzionano, ma i loro personaggi si muovono tra le pieghe di una sceneggiatura che talvolta mette a segno (il contrasto tra generazioni, l'istintività di Filippo, il maracaibo) e talvolta banalizza (la partoriente, quel finanziere così cattivo, l'orda di disperati). Non mancano le belle inquadrature (dal fondo del mare, la barca in rimessaggio) e non si esagera col folclore (nessuna processione né prefiche), ma non era da Oscar.
L’emigrazione clandestina di oggi vissuta sulla pelle degli esuli dall’Africa, disperati, e su quella degli isolani, combattuti tra il rispetto delle leggi dello Stato e il dovere morale dell’accoglienza. Come in Respiro e Nuovomondo, Crialese aderisce al vero - decisivi in questo il paesaggio mediterraneo e la spontaneità del cast – e coglie immagini suggestive (le note di “Maracaibo”, via via più ovattate quando i turisti si immergono in acqua) o drammatiche (le mani dei clandestini percosse a colpi di remo), senza trascurare i dialoghi che svelano animo e psicologie dei personaggi.
MEMORABILE: L’odio del bambino nero per la neonata sorellastra; i clandestini che nuotano nella notte e i loro corpi esanimi sulla spiaggia, la mattina dopo.
Bel film, ottima regia e splendida fotografia. D'altronde la poco contaminata isola di Linosa aiuta nell'impatto visivo scenograficamente molto forte di alcune scene, anche se Crialese riesce a non mettere l'isola al centro dell'attenzione; è la figura di Filippo, interpretato ottimamente da Pucillo, il vero fulcro della storia. Un racconto semplice, che racconta di conflitti interiori e paure che vengono poi sopraffatte dalla pietà per una situazione disperata, ma il tutto è reso in maniera intensa e coinvolgente.
Qui si riesce a fare cinema civile ed epico, senza essere moralista o troppo didascalico? Il film ci parla in modo asciutto e personale di un dramma contemporaneo e, attraverso esso, dei rapporti con l'altro nel nostro mondo. A volte forse eccessivo, mai sdolcinato. Ci si riconosce, si riflette. Il cinema italiano ha momenti alti: questo film è uno di essi.
MEMORABILE: L'animatore che intrattiene i turisti in barca.
Il dramma dell'immigrazione clandestina nel mare siciliano e il dualismo tra due culture distanti ma fortemente legate dalla depressione. Un film valido provvisto di una notevole carica visionaria pronta a emozionare lo spettatore. Momenti goliardici e altri forti, con un cast affiatato e ben diretto.
Un’isola-mondo e, al di là del mare ampio e avvolgente (in cui ci caliamo all’inizio e che sovrastiamo alla fine), l’altrove verso cui si guarda con desiderio o sospetto, e da cui arrivano turisti e migranti clandestini. Crialese descrive con grande sensibilità la vita naturale/innaturale degli isolani, nella fatica del lavoro, negli espedienti di un marketing casareccio, nel violento affaccio di decine di africani che obbligano a ripensare sé stessi. Intelligente, senza retorica né ideologica né patetica: uno sguardo fermo e necessario.
Dramma italiano di buona fattura. Ci si confronta con la diversità dei turisti, prima, con gli immigrati clandestini poi; e l'antica legge del mare contrasta con la legge della politica d'immigrazione. La fotografia è di forte impatto, le location siciliane strepitose, bravi gli attori. A non convincere fino in fondo è quel tocco patinato nella caratterizzazione dei personaggi e di alcune loro reazioni, ma nel complesso la sceneggiatura è fluida, non insistendo mai troppo né sul folklore né nello sdolcinato.
La riprova che in Italia c'è ancora gente capace di fare del grande cinema. Immenso questo Crialese che sceneggia e dirige in maniera semplicemente sublime. Nonostante il film sia crudo e diretto Crialese trova spazio per mille sensazioni e tante sfaccettature. Non è solo il dramma dei profughi al centro dell'attenzione ma anche la povertà, l'ingiustizia sociale, le tradizioni di un popolo fiero e poi l'adolescenza con i suoi turbamenti e tanto altro. Grandissimo il cast che non ti aspetti. Non c'è una solo inquadratura buttata lì per caso.
MEMORABILE: Beppe Fiorello: l'altra faccia di Lampedusa e, più in generale, del mondo.
Dopo l’ontologico viaggio per mare di Nuovomondo, Crialese torna coi piedi ben piantati per acqua in un film che, abbandonato il registro metafisico e le sue diramazioni “fantastiche”, tenta d'approcciare in maniera più immediata e diretta le questioni dell’immigrazione e della diffusa povertà della (pen)isola. Ma se iconicamente il regista conferma il talento per inquadrature morbide e scorrevoli, l’interpretazione “neorealistica” rischia d'esser non consona e a tratti superficiale. Bravi il giovane Pucillo e la sempre afosamente sciroccosa Donatella.
MEMORABILE: Gli avvistamenti dei migranti: in pieno sole dal peschereccio del nonno; Di notte nella romantica gita tra Pucillo e la ragazza milanese: zombi marini.
Un’ottima regia di Crialese ci porta in una mai nominata Lampedusa, un pezzetto di Italia in cui si possono trovare, a poche centinaia di metri di distanza, turisti che ballano e si abbronzano e migranti che affogano. Fotografia, scelta delle location e alcune inquadrature sono di altissimo livello. Ne viene fuori un bel film, intenso ma non retorico, che mostra in modo lucidissimo le contraddizioni di un sistema, frutto di menti mediocri, che in alcuni casi considera delinquente chi salva una vita umana.
Crialese fa un passo indietro, affina le sue tecniche di ripresa, non perde la capacità di inventare immagini e di creare suggestioni ma incespica sul piano politico di una drammatica vicenda, forse troppo attuale per essere già raccontata senza incorrere in malintesi e parzialità sicuramente involontarie. Ci sono momenti perfetti, come i vecchi pescatori che discutono con il cuore e con la testa, dove il pragmatico intervento di Fiorello mette a fuoco una realtà che non è solo di quel luogo e di quel momento, ma poi ricade nei luoghi più comuni.
MEMORABILE: "L'albero di Natale" dei villeggianti sulla barca, che poi si tuffano festosi, che ricorda quello più tragico delle stracolme carrette del mare.
Crialese evidenzia magistralmente i contrasti di un'isola come Lampedusa (ma le riprese sono relative a Linosa), meta turistica e allo stesso tempo terra di sbarco di migranti. Molto ben descritti e interpretati i fieri abitanti dell'isola, in buona parte pescatori poco inclini al compromesso e mossi da un naturale rispetto per il mare e per tutto ciò che può portare. Un film importante, educativo, poetico, di forte impatto emotivo.
MEMORABILE: "Non ho mai abbandonato nesuno in mare".
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Cotola,visto il tuo voto lo consideri un leggero passo indietro di Crialese?
Sono curioso di vedere Terraferma,perchè Nuovomondo mi era piaciuto molto,anche se lo ricordo poco (impossibile davinottarlo)