Antonioniana, anticlericale, visionaria e ambiziosa. Avrei sostituito i manichini con donne vere, ma forse sarebbe venuto meno il lato visionario della pellicola. Un'amicizia maledetta fra due donne, l'omicidio di una delle due, chi l'ha uccisa? E perché? Non basta incarcerare l'amica sospettata di aver commesso il crimine per arrivare alla soluzione del giallo, se questa è bugiarda, intelligente e contorta, a tal punto da smontare la prospettiva dell'omicidio. Una storia infinita, che riparte riproponendosi col suo scenario piccante e maledetto.
Ri-creazione della realtà attraverso la seduzione, l'arte, la magia, la negazione della colpa, (Alice è strega, prostituta, pittrice e, forse, assassina), e attraverso la falsità dell'impianto accusatorio da parte dell'autorità giudiziaria e religiosa. Feticci sessuali (scarpe femminili) che divengono reliquie religiose (immerse in acquasantiere, esposte in teche). "Slittamento freddo della lama sulla carne", slittamento continuo di senso nel piacere di un anti-testo, tela di Penelope continuamente disfatta: la ri-creazione non è finita!
MEMORABILE: "Confessa il delitto che la legge umana non punirà mai abbastanza: l'invenzione!" La simulazione del delitto col manichino, in riva al mare.
Si prendono elementi dal cinema di genere (in particolare thriller, erotico, nunsploitation), si destrutturano e si ricompongono con uno stile a metà tra Antonioni e il cinema sperimentale. Ne esce un prodotto di grande fascino, con immagini stupende dal punto di vista visivo e pittorico, valorizzato inoltre da una buona scelta degli interpreti, che però risulta praticamente incomprensibile. Scene bellissime legate tra loro da una trama a dir poco enigmatica, decisamente difficile da seguire. Di enorme fascino ma a tratti quasi insostenibile.
Per conoscere Grillet basta L’anno scorso a Marienbad, da lui scritto per Resnais: una struttura circolare e labirintica ingabbia il racconto, destrutturandolo e confondendolo nel pluralismo prospettico con cui si tenta di dar forma (?) a una realtà indecifrabile come i suoi personaggi, qui simili a giani bifronti di fragile innocenza e latente perversione. Emana freddezza e disorienta con impalcature erette sul nulla, ma affascina con la tremenda malia di un catalogo di nudi artistici (anche a soggetto nunsploitation) e pitture d’avanguardia a base di liquidi rossi, vetri e tuorli d’uovo.
Da Trans Europ Express in poi Robbe-Grillet non ha fatto altro che (ri)girare lo stesso film, smontando e rimontando all'infinito i tasselli di un puzzle continuamente iniziato e disfatto in un rito circolare senza inizio e senza fine. Sorta di danza macabra che celebra l'indifferente intercambiabilità dei personaggi e dei ruoli, dei corpi e dei cadaveri, il film è cromaticamente splendido, ma cade un po' quando affiora la critica "politica" del potere e dei suoi apparati. Lo sguardo della compianta Anicee Alvina non si dimentica facilmente.
Se il gusto pittorico è quasi inarrivabile, quasi insostenibili sono alcuni momenti di lentezza e di difficile comprensione. Lo si guarda cercando di capire, ma è impresa ardua, se non per l'inevitabile circolarità e la "messa in mezzo" a colpa/provocazione da una parte e voglia di essere provocati dall'altra: da che parte è il torto?
La necrofilia è un ossimoro, il feticismo sineddoche, il masochismo letteratura, l'analogia principio generativo del reale, il simbolismo contrappunto ritmico. Attraverso una sovversione radicale del linguaggio cinema, Alain Robbe-Grillet ne dichiara l'artificiosità, dando forma ad una rarefazione del racconto che riflette la progressiva esautorazione del potere istituito. Così, la donna - strega vampira criminale – rivela e redime l'ipocrisia di poliziotti, giudici e prelati. Velleitario e tautologico, chiuso in una circolarità conseguente, ma acceso da un gusto figurativo indiscutibile.
Da che parte scivola (si sposta) il piacere? Di che piacere si parla? Due delle tante domande che ci si può porre davanti a questo film, visivamente incantevole. Piacere della carne? Sembrerebbe troppo semplice, eppure il sospetto che dietro questa semplicità ci sia buona parte della verità viene spontaneo. Il piacere di ridicolizzare certe istituzioni? Piacere ancora maggiore. Fatto sta che Robbe-Grillet si diverte molto a giocare con questa materia, coadiuvato da attori affascinanti fisicamente, professionalmente e pronti a reggere il gioco.
Il cut-up, il significante, il fuori-margine, il fuori-sincrono, lo status si fa corpo che si fa pensiero che si fa prisma: nell’Aldilà del principio e della fine di Piacere non resta che cannibalizzare e remixare gli attimi le identità e tutte le patologie e le figure retoriche in una crasi dove tutti sono tutti o un frottage dove tutto si sovrimprime su tutto, il senso si annulla moltiplicandosi e si moltiplica annientandosi e il flusso sconfigge il dover significare. Pare autoindulgenza concettuale, invero è teoria sconfitta dalla scorticata carne dell’imago. Più che film, un’epopteia.
Si può discutere sugli aspetti narrativi del film: certi giochetti, tipici di un certo cinema dell'epoca e di quello di Robbe-Grillet, potrebbero non piacere e c'è anche chi si potrebbe, giustamente, annoiare. Più difficile è invece mettere in dubbio le evidenti qualità
visive di una pellicola che dà il meglio di sé sul piano delle immagini che sono curatissime e di grande bellezza, assomigliando in qualche caso quasi a quadri d'arte contemporanea. Personalmente ho ritenuto ammaliante ed affascinante anche la storia, pur
con le sue lentezze, nonché una colonna sonora magnetica come il resto.
Il diapason del gusto personale oscilla perennemente fra l'apprezzamento senza riserve e la repulsione più totale. Motivi a favore del primo: colori (vernici, interni-esterni, giochi di luce), forme (acconciature e corpi femminili), riflessioni linguistiche (le libere associazioni glossolaliche del giudice). Per la seconda: eccesso di datato criptosimbolismo (comprese le uova batailliane), una non trama che si sfalda in mille dialoghi vuoti e irritanti, qualche lentezza pruriginosa di troppo. Va da sé che pulsa ancora di grande fascino.
MEMORABILE: Ad oggetto corrisponde un sostantivo astratto.
Un genere troppo intellettual(oid)e e criptico. La trama potrebbe sembrare quella di un giallo (una ragazza è stata uccisa, chi è l'assassino?), ma lo sviluppo appartiene più al cinema surrealista, zeppo di simbologie oscure assai (anche se emerge chiaramente la critica alle istituzioni, religiose in primis). Certo la cura dell'immagine, dal gusto quasi pittorico, è notevole, ma non basta a controbilanciare i momenti di noia che percorrono la pellicola.
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Vorrei ringraziare Homesick per avere segnalato questo film, che ho trovato emozionante, divertente, e profondo. Mi dispiace anche che né lui né altri lo abbiano, finora, commentato: penso che mai come in questo caso sarebbe utile sentire molte "voci", dal momento che si tratta di un testo complicato e dalle molte sfaccettature. Io mi sono limitata a registrare "impressioni", credo però che il commento di un film come questo richiederebbe una forte preparazione critica, che qui molti utenti posseggono, e sono sicura che per loro sarebbe interessante cimentarsi nell'analisi di un film così. Questo, tanto più se consideriamo la particolarità dell'autore, Alain Robbe-Grillet, e il suo controverso rapporto con la critica (e con la censura!). Aggiungo che, al di là di tutto, è un film visivamente molto bello, con alcune sequenze (in riva al mare, la stanza delle sedie...) e alcune inquadrature (il confessionale con la statua a fianco), pittoricamente vividissime.
Grazie a te Stefania per le tue impressioni sul film e per averci invogliato a vederlo. Io finora ne avevo solo sentito parlare, ma la recente uscita in dvd sarà finalmente l'occasione per conoscerlo.
Nell'intervista contenuta nel DVD della Ripley's, il regista Robbe-Grillet dichiara che l'attore Jean Louis Trintignant, che nel film interpreta il ruolo dell'ispettore di polizia, non percepì alcun compenso. Il film era "very low-budget", e Trintignant non volle percepire un compenso minimo (temendo che le sue "quotazioni" si abbassassero), preferendo lavorare addirittura gratis. Non volle però che il suo nome comparisse nei titoli: infatti vediamo la dicitura "con l'amichevole partecipazione di...", e poi un primo piano dell'attore. Il suo nome, però, non è citato!
HomevideoXtron • 10/09/12 17:00 Servizio caffè - 2149 interventi
come scritto anche sullo speciale nel davibook, le bizze del satellite (la versione che ho visto è un tv-sat rip che ogni tanto si inceppa) hanno esponenzialmente creato un fuori-synchr tra audio e immagine sempre più in delay che nei 10' finali tocca quasi il minuto pieno. benché fastidiosa sulle prime, la cosa mi ha molto divertito, sebbene involontario è un ficcante valore aggiunto che allo stesso regista sarebbe piaciuto assai, dato il continuo remixaggio di materiali e specifici.
qualcuno può segnalarmi, magari in privato sul DB, dove trovo una versione non adulterata?
La versione andata in onda su RAI3 è sicuramente tagliata (ovviamente, il film uscì con divieto ai minori di anni 18, e fu successivamente sequestrato in Italia) in quanto dura circa 94'.