Nella mia pelle - Film (2002)

Nella mia pelle
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Titolo originale: Dans ma peau
Anno: 2002
Genere: drammatico (colore)
Note: Trasmesso nel 2006 su Raitre per Fuori orario (in versione originale sottotitolata), con il titolo italiano "Nella mia pelle".

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 7/10/10 DAL BENEMERITO BRAINIAC
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Burattino 8/10/10 01:03 - 101 commenti

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Un film veramente disturbante, per me ha rappresentato una vera sorpresa. Se la violenza inflitta (anche di horror abbastanza underground) ha smesso di emozionarmi, quella autoinflitta suscita ancora effetti piacevoli nel mio animo di cinefilo. La De Van si immedesima completamente nella parte, lo fa con trasporto e talento, si dimostra anche abile sceneggiatrice e cineasta molto raffinata. Una piacevolissima sorpresa.

Brainiac 7/10/10 19:17 - 1083 commenti

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Per la serie "feriamoci a morte col cinema d'autore", collana insanguinata dai vari Haneke, Staho, Von Trier e compagnia-inferente, ecco Marina de Van, che a questa catarsi destinazione-autolesionismo regala sceneggiatura, regia, ed impenetrabili sguardi. Si regge tutto sulle sue spalle/gambe-martoriate il dolorosissimo trip di donna distante anni-luce dalle proprie emozioni, più insensibile della "segretaria" e "altrove" peggio di Morgan. Feroce e attiguo all'horror è un film da prendere con le pinze. Ma a visione terminata, riponetele.

Mdmaster 10/10/10 12:57 - 802 commenti

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Doloroso film d'autore francese, orchestrato completamente dalla talentuosa Marina De Van, capace sia come attrice che come regista. Nel cercare di recuperare una capacità di sentire emozioni, la nostra si spoglia lentamente della sua pelle, si infligge diversi tipi di taglienti torture e distruggerà ogni rapporto intorno a sè. Un ruolo davvero sentito dalla regista, quasi che si è portati a pensare che sia davvero una pellicola autobiografica. Da vedere con coraggio, anche se, come capita, la tortura morale è ben peggiore della fisica.
MEMORABILE: Il discorso su Roma che fanno al ristorante è di quelli da sottolineare... è proprio quello che penso anche io!

Giùan 8/09/11 11:24 - 4588 commenti

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Pur ambendo ovviamente ad essere opera d'Autore e andando al di là (o restando al di qua magari, per qualche cultore) dei limiti del genere, Dans ma peau si candida autorevolmente ad esser il più disturbante horror femminile di inizio millennio. Marina de Van (che lo dirige dolcemente ed interpreta in maniera implacabile) costruisce un opera di intensità polanskiana, ma lo fa con un taglio (è il caso di dirlo) muliebre che non esita su metafore e sarcasmi, mirando a scendere nell'Inferno di un anima incapace di far i conti col proprio corpo. Accorrete donne!
MEMORABILE: La cena di lavoro durante la quale Esther perde il controllo di sè e comincia a torturarsi con la forchetta sotto al tavolo.

Pinhead80 25/02/12 17:52 - 4813 commenti

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È proprio nei profondi tagli che si infligge la protagonista che emerge l'incapacità della stessa di provare ancora emozioni che la facciano sentire viva. Marina de Van ci mostra in maniera a tratti insostenibile la complessità della psiche umana, per certi versi insondabile e aliena a ogni tipo di comprensione. La protagonista è perfetta e rende il suo delirio coinvolgente. Un prodotto ben confezionato e girato con cura. Da vedere.

Buiomega71 30/05/12 00:13 - 2925 commenti

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La pupilla di Ozon si fa anima, carne e (soprattutto) pelle, si mostra con nudi full frontal e si martoria il corpo come metafora dell'incomunicabilità. Cronenberg, Parkinson, Sato, Lynch, Yuzna e Zulawski: questi i numi tutelari della De Van, che trova nell'autolesionismo una specie di autoerotismo grottesco e mostruoso portato all'estremo. Ricoperta di sangue e febbricicante sembra la Dalle di Cannibal love, con la follia della Adjiani di Possession. Forse un po' troppo chiuso in sè stesso, astruso e un tantino cerebrale. Astenersi anime candide.
MEMORABILE: La De Van che si pratica l'autocannibalismo al braccio e beve il suo sangue come una vampira; I lembi di pelle nascosti nella borsa; Lo split screen.

Mickes2 3/03/14 16:02 - 1670 commenti

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Disturbantissimo e raccapricciante racconto di un’alienazione che si trasforma in pulsione irrefrenabile e istintiva. Un’apatia che divora l’anima, un’assenza di dialogo che esplode nell’auto-martirio e nell’auto-cannibalismo di una donna quasi posseduta, troppo distante dal mondo. Tagli come richieste d’aiuto inascolta(te)bili. A volte gli obiettivi vengono meno e certe insistenze corporee divengono piatto voyeurismo, tuttavia nel complesso la visceralità dell’operazione si compie tramite una messinscena ottimamente gelida e silente. Buono.
MEMORABILE: I brandelli di pelle del braccio mangiati; Il sangue che sgorga dalle ginocchia.

Cotola 13/02/16 16:33 - 9087 commenti

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Un piccolo, banale incidente, dà la stura ad un qualcosa di ben più complesso e profondo che si insinua sotto la pelle della protagonista con conseguenze estreme. Il dramma dell'incomunicabalità e dell'alienazione passa attraverso il disfacimento, l'automutilazione e la mutazione corporea come nel miglior Cronenberg. La regista, sebbene giovane, sa controllare la materia e la gestisce dosando bene il crescendo di sensazioni. Ne viene fuori un ritratto disturbante con vari momenti riusciti e che non si dimenticano.

Anthonyvm 31/10/20 01:51 - 5756 commenti

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I dettagli contano, come la stessa de Van fa notare in un dialogo. E sono proprio i dettagli (lame che affondano nella pelle, ferite suturate e riaperte) a rendere l'opera fra i più angoscianti body-horror di sempre, pur appartenendo al genere solo marginalmente. L'autrice, muovendosi fra Cronenberg, Lynch e Tsukamoto, ritrae l'ossessione parafiliaca dell'automutilazione come terribile dipendenza e al contempo ritrovata identità sessuale, fra le repressive incomprensioni di partner (il Lucas di Calvaire), colleghi, amici. Dramma glaciale, personale, assai disturbante. Finale plumbeo.
MEMORABILE: La ferita alla gamba ricucita e poi martoriata; La cena di lavoro, fra visioni e autolesionismo penosamente nascosto; Lo split screen conclusivo.

Daniela 9/02/21 09:06 - 12699 commenti

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Nel bel mezzo di una vita tranquilla,  Esther inciampa in un attrezzo da giardino e si ferisce seriamente senza rendersene conto. E' inizio di una "esplorazione" della superficie del proprio corpo compiuta con oggetti taglianti di ogni tipo, mentre la situazione con il compagno e gli altri si fa sempre più difficile. La mancanza di qualsiasi retroterra o spiegazione di comodo, invece di risultare un difetto, aumenta il fascino di questa spirale autolesionista interpretata con grande intensità dalla stessa regista. Horror disturbante, a tratti insostenibile, tra i migliori del genere.
MEMORABILE: A cena al ristorante con i colleghi, la mano "staccata" dal corpo che agisce in modo indipendente e le ferite inferte di nascosto sotto il tavolo. 

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  • Discussione Buiomega71 • 30/05/12 10:38
    Consigliere - 26085 interventi
    Sinceramente lo credevo più viscerale, mi ha lasciato un pò di amaro in bocca, troppo "autoriale" e cervellotico, nonchè narcisistico (la De Van straborda in tutti i sensi, il film e solo unicamente su di lei).

    A parte questo, la discesa negli inferi dell'automutilazione (metafora sulla solitudine? Sulla tossicodipendenza? Sull'anoressia?) della protagonista/regista e un escalation silente, irrefrenabile, un autoerotismo cannibalico che sfocia nell'orrido e nel grottesco.

    La De Van, comunque, ha coraggio e non gli e lo si nega, ed è anche piuttosto tosta come regista (anche fisicamente non male, un mix tra Isabelle Adjiani e Kathryn Bigelow, con vaghe somiglianze a Beatrice Dalle).

    L'ex musa di Ozon prende in prestito temi cronenberghiani, con visioni zulawskiane, spizzichi yuzniani (a questo punto la Melinda Clarke de Il ritorno dei morti viventi 3 non può non venire alla mente), il dolore come "piacere" e esserne addirittura "immuni" (il Sato di Naked Blood), la solitudine e il disfacimento fisico in contesti squallidi (la camera del motel) di deriva parkinsoniana (I,Zombie), e i classici ammiccamenti lynchiani.

    Oltremodo, più che le sevizie corporali di cui la De Van si autoinfligge (autocannibalismo, autovampirismo, che sembrano degli orridi fellazio cronenberghiani)) che comunque lasciano il segno, mi ha lasciato a disagio (con un pizzico di fastidio) le sequenze in cui la De Van si tira la pelle dei fianchi nella vasca da bagno, o si sveglia la mattina con il braccio "addormentato" e lo massaggia a "peso morto", davvero stridenti e non poco disturbanti.

    Va da sè che la regista/attrice/sceneggiatrice reagala momenti visivi non indifferenti (la scena della cena in cui i francesi sparlano male di Roma, e lei-in preda a stati di allucinazione progressiva-vede il suo braccio staccato dal corpo poggiato sul tavolo, come fosse di cera), al finale che usa il proverbiale split screen, con lattine di coca-cola, macchine fotografiche, armi da taglio e sangue che cola. Il suo volto ricoperto di sangue, accarezzandosi il viso con un coltello, si struscia in faccia il piede, si specchia il suo corpo martoriato, come una specie di animale sanguinante e ferito. Una visione catartica e oscena, tra la Dalle di Cannibal love e la Adjiani di Possession.

    Bellissima anche la scena della piscina, con la De Van e i pantaloni beige macchiati di sangue, dopo uno stupido scherzo aziendale, e la pantomima dell'incidente d'auto per giustificare al fidanzato le ferite autoinflitte.

    Emblematica la sequenza in cui la De Van si mette la pelle seccata e "conciata" nel seno, e piangendo, la coccola come un neonato.


    Lievi e flebili sonorità chattawayane nella camera d'albergo con la De Van sola nella sua follia.

    Finale troppo astruso e sospeso, che confina l'opera nel limbo del cinema d'auteur a tutti i costi, lasciando il già citato amaro in bocca al sottoscritto.

    Più per gli amanti di certo cinema zulawskiano che non a chi cerca macellaria alla Saw o alla Hostel (si astengano questi ultimi, le anime candide e chi cerca gli spiegoni razzionali a tutti i costi dei film tradizionali).

    La versione che ho da Raitre e stata trasmessa da Fuori Orario nel Febbraio del 2006, sottotitolata in italiano, e praticamente uncut (anche se non c'è molto extreme francamente), in quanto non soggetto a visto censura (da noi il film è rimasto inedito, e a quanto ne so, a tutt'oggi, non c'è manco il dvd).

    Durata effettiva 1 h, 30m, 57s.

    Ora non mi resta che vedere la De Van nel ruolo di sola regista (il thrillerone lisergico con la Bellucci e la Marceau) e la sua versione della fiaba di Pollicino, ancora inediti da noi (guarda caso).
    Ultima modifica: 31/05/12 00:28 da Buiomega71
  • Discussione Zender • 30/05/12 17:03
    Capo scrivano - 47891 interventi
    Ammazza, te lo sei visto proprio bene Buio! Bravo.
  • Discussione Buiomega71 • 30/05/12 17:07
    Consigliere - 26085 interventi
    Zender ebbe a dire:
    Ammazza, te lo sei visto proprio bene Buio! Bravo.

    Sai che io i film me li vivo, Zender, non li guardo mai superficialmente (almeno quelli che mi interessano o sento trasporto).

    In verità pensavo meglio, ma comunque disturbante e che fa piuttosto riflettere (no a caso, oggi in auto, ascoltavo La nostra relazione di Vasco, e la mia mente lo associava al film, un effetto piuttosto straniante oserei dire).
    Ultima modifica: 31/05/12 00:03 da Buiomega71