Buiomega71 • 30/05/12 10:38
Consigliere - 25999 interventi Sinceramente lo credevo più viscerale, mi ha lasciato un pò di amaro in bocca, troppo "autoriale" e cervellotico, nonchè narcisistico (la De Van straborda in tutti i sensi, il film e solo unicamente su di lei).
A parte questo, la discesa negli inferi dell'automutilazione (metafora sulla solitudine? Sulla tossicodipendenza? Sull'anoressia?) della protagonista/regista e un escalation silente, irrefrenabile, un autoerotismo cannibalico che sfocia nell'orrido e nel grottesco.
La De Van, comunque, ha coraggio e non gli e lo si nega, ed è anche piuttosto tosta come regista (anche fisicamente non male, un mix tra Isabelle Adjiani e Kathryn Bigelow, con vaghe somiglianze a Beatrice Dalle).
L'ex musa di Ozon prende in prestito temi cronenberghiani, con visioni zulawskiane, spizzichi yuzniani (a questo punto la Melinda Clarke de
Il ritorno dei morti viventi 3 non può non venire alla mente), il dolore come "piacere" e esserne addirittura "immuni" (il Sato di
Naked Blood), la solitudine e il disfacimento fisico in contesti squallidi (la camera del motel) di deriva parkinsoniana (
I,Zombie), e i classici ammiccamenti lynchiani.
Oltremodo, più che le sevizie corporali di cui la De Van si autoinfligge (autocannibalismo, autovampirismo, che sembrano degli orridi fellazio cronenberghiani)) che comunque lasciano il segno, mi ha lasciato a disagio (con un pizzico di fastidio) le sequenze in cui la De Van si tira la pelle dei fianchi nella vasca da bagno, o si sveglia la mattina con il braccio "addormentato" e lo massaggia a "peso morto", davvero stridenti e non poco disturbanti.
Va da sè che la regista/attrice/sceneggiatrice reagala momenti visivi non indifferenti (la scena della cena in cui i francesi sparlano male di Roma, e lei-in preda a stati di allucinazione progressiva-vede il suo braccio staccato dal corpo poggiato sul tavolo, come fosse di cera), al finale che usa il proverbiale split screen, con lattine di coca-cola, macchine fotografiche, armi da taglio e sangue che cola. Il suo volto ricoperto di sangue, accarezzandosi il viso con un coltello, si struscia in faccia il piede, si specchia il suo corpo martoriato, come una specie di animale sanguinante e ferito. Una visione catartica e oscena, tra la Dalle di
Cannibal love e la Adjiani di
Possession.
Bellissima anche la scena della piscina, con la De Van e i pantaloni beige macchiati di sangue, dopo uno stupido scherzo aziendale, e la pantomima dell'incidente d'auto per giustificare al fidanzato le ferite autoinflitte.
Emblematica la sequenza in cui la De Van si mette la pelle seccata e "conciata" nel seno, e piangendo, la coccola come un neonato.
Lievi e flebili sonorità chattawayane nella camera d'albergo con la De Van sola nella sua follia.
Finale troppo astruso e sospeso, che confina l'opera nel limbo del cinema d'auteur a tutti i costi, lasciando il già citato amaro in bocca al sottoscritto.
Più per gli amanti di certo cinema zulawskiano che non a chi cerca macellaria alla
Saw o alla
Hostel (si astengano questi ultimi, le anime candide e chi cerca gli spiegoni razzionali a tutti i costi dei film tradizionali).
La versione che ho da Raitre e stata trasmessa da Fuori Orario nel Febbraio del 2006, sottotitolata in italiano, e praticamente uncut (anche se non c'è molto extreme francamente), in quanto non soggetto a visto censura (da noi il film è rimasto inedito, e a quanto ne so, a tutt'oggi, non c'è manco il dvd).
Durata effettiva 1 h, 30m, 57s.
Ora non mi resta che vedere la De Van nel ruolo di sola regista (il thrillerone lisergico con la Bellucci e la Marceau) e la sua versione della fiaba di
Pollicino, ancora inediti da noi (guarda caso).
Burattino
Mdmaster, Giùan, Pinhead80, Daniela
Brainiac, Mickes2, Cotola, Anthonyvm
Buiomega71