Lions love - Film (1969)

Pellicola volutamente "film verità" sull'opera degli allora "underground filmakers" della scena americana, ma che soprattutto giravano attorno al caposcuola Warhol e all'attività della Factory vista come vera e propria industria dell'"outrè". Il film gode dell'apporto di alcune idee dello screenplay scritto da Jim Morrison e il poeta Micheal McClure intitolato "The Beard", che lo implementa con quel qualcosa di sordido molto in voga all'epoca. Anche se il "sordido" è scremato non poco. Meraviglioso il cameo di Jim, regista solitario e fuori schema.

Una regista di New York si reca a Los Angeles in cerca di finanziamenti per il suo prossimo film. Film sperimentale perlopiù nella prima parte, in cui la Varda utilizza molteplici modi di metacinema per descrivere la futilità dell’arte. Tutto è dichiaratamente finto (e variopinto) ad anticipare il periodo cupo delle uccisioni dei Kennedy. Il film sembra un omaggio a Warhol, con inserti di arte visuale notevoli. Il trio protagonista non è stucchevole in quanto ironico e anarchico. La piscina vuota è l’idea giusta per riassumere i ragionamenti precedenti.