Lebanon - Film (2009)

Lebanon
Locandina Lebanon - Film (2009)
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Titolo originale: Lebanon
Anno: 2009
Genere: guerra (colore)

Cast completo di Lebanon

Note: Leone d'oro al miglior film alla 66ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.

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Tutti i commenti e le recensioni di Lebanon

TITOLO INSERITO IL GIORNO 25/10/09 DAL BENEMERITO SALTONE79
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Saltone79 25/10/09 18:42 - 5 commenti

I gusti di Saltone79

Basato sulla personale esperianza bellica del regista, è un film che attrae ed angoscia lo spettatore, chiuso nel tank insieme ai carristi israeliani. Non importa che i dialoghi e la colonna sonora siano poco incisivi, quello che conta è ciò che succede fuori dal carro, visto attraverso il telemetro e sentito col clangore dei colpi sulla corazza, che si ripercuote sul microcosmo dell'equipaggio. Potrebbe essere una guerra qualsiasi degli ultimi 60 anni, ma è quella del Libano (1982): non potevano non esserci polemiche.
MEMORABILE: L’uomo è d’acciaio, il carro armato è solo ferraglia.

Rebis 7/11/09 19:54 - 2508 commenti

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Ostentazione di realismo: Maoz strumentalizza il mezzo cinema all’esposizione, lo piega all’oggettivazione della catarsi creando un diaframma insolubile tra l’urgenza nobile delle intenzioni e il formalismo indolore dei risultati. Il processo di restituzione della realtà collassa e non genera angoscia alcuna. L’orrore fisico del conflitto resta programmatico, la claustrofobia dedotta dalle circostanze, l’universalità del male solo dichiarata; le psicologie pura maniera. La mutazione organica dell’abitacolo del tank, idea bella sulla carta, appare un'inopportuna concessione al surrealismo.

Supercruel 27/11/09 14:54 - 498 commenti

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Leone d'oro a Venezia 66, Lebanon è un film fazioso e politicamente inaccettabile. Il taglio realista della pur ottima regia stride con la realtà dei fatti. Se il progetto era quello di una "revisione" a distanza dei fatti del Libano c'è un fallimento totale. Il messaggio che passa è questo: "ci dispiace tanto uccidere, ma siamo moralmente giustificati". Un pentimento di un certo livello, insomma. La cosa curiosa e grottesca è che pare che in Israele non abbiano gradito: i soldati appaiono "gay senza palle". Da rispedire al mittente. Pessimo.

Capannelle 27/05/10 09:52 - 4601 commenti

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È un racconto interessante perché ti fa arrivare il tanfo del chiuso, il rumore sordo della ferraglia, il macerarsi di giovani menti che vedono l'ambiente esterno solo attraverso un puntatore. Ma è anche incompiuto in certi snodi e inverosimile in certi assunti (tipo affidare un tank a quattro inesperti). Esagerato (ma non troppo) il Leone d'oro come sono esagerate le critiche di chi lo giudica troppo tenero con gli israeliani: si sarà perso qualche passaggio.

Didda23 21/10/10 20:55 - 2474 commenti

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Come si fa a non rimanere affascinati dall'orginalità dell'opera di Maoz? Leone d'oro a Venezia strameritato. È un pugno violento e diretto allo stomaco, non si può rimanere indifferenti. A mio avviso uno dei film più anti-militaristi della storia del cinema. I soldati all'interno del carroarmato non sono affatto macchine da guerra, ma semplici ragazzi alle prese con un compito molto più grande di loro e il terrore presente negli sguardi, nei movimenti. Superbo.

Cotola 17/06/11 10:54 - 9626 commenti

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Considerazioni politiche a parte (più o meno pretestuose e giustificate), mi è sembrato un film eccessivamente incensato (non c'era proprio nulla di meglio a Venezia?) e per questo la sua visione è stata deludente. D'accordo, l'idea di partenza era interessante ma non lo è, a mio avviso, il modo di sfruttarla narrativamente. E soprattutto, come qualcuno ha già sottolineato, mi è sembrato un film incompiuto, manchevole del quid necessario a dargli la statura di grande lavoro. Alla fine si può dire (citando il Maestro) che non è male, dopotutto.

Ishiwara 21/06/11 22:05 - 214 commenti

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Uno di quei film che partono con una buona idea sviluppata senza troppa abilità ce portano a un risultato scadente. Rimanere per tutto il tempo con un punto di vista interno al tank era una buona idea e nonostante le visioni dell'esterno attraverso il puntatore siano tecnicamete misere, il risultato poteva anche essere decente. Il punto peggiore è lo svolgersi della crisi psicologica dell'equipaggio, che è sviluppato male: poca tensione e drammaticità cercata ma non trovata. Belva di guerra, su una situazione analoga, è sviluppato molto meglio. Peccato.

Galbo 25/06/11 20:26 - 12707 commenti

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Film israeliano vincitore del leone d'oro a Venezia, Lebanon mostra la guerra da una prospettiva particolarissima, quella dell'interno di un carro armato. Una visione forse ovattata ma molto significativa e pregnante in un'ottica antimilitarista che giunge allo spettatore in modo decisamente deflagrante. Se la messa in scena è ottima, altrettanto non può purtroppo dirsi per la caratterizzazione dei personaggi che restituisce figure piuttosto deboli e senza grande spessore.

Pigro 21/09/11 21:47 - 10198 commenti

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Film antimilitarista che punta tutto sul coinvolgimento ansiogeno e quasi fisico, materico, dello spettatore, calato anch’egli dentro la carlinga di un carrarmato, in una claustrofobia radicale, tanto concreta quanto simbolica, interrotta da ciò che si vede all’esterno, ancor più cupo e agghiacciante. Non c’entrano né Israele né il "Libano": titolo da allegoria per indicare quel non-luogo che è qualsiasi campo di battaglia. Atrocemente schiacciato sui primissimi piani di 4 soldati “per caso”, come potremmo essere noi, nel nostro peggior incubo.

Cloack 77 24/05/12 17:10 - 547 commenti

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Idea brillante, purtroppo unica: di tutto "l'armamentario" possibile utilizzabile, forse si è scelta la strada più semplice. Partendo dalle tensioni all'interno del carro, si poteva ampliare il discorso alle tensioni della guerra e di conseguenza al microcosmo delle famiglie, sempre tenendo il tutto sul filo della parola. Si è scelta invece la strada del teatro mista all'azione militare, senza alcun approfondimento dei personaggi (il pauroso, il capo incerto, quello deciso ecc.) e con bislacche scene horror iniziali.

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Jurgen77 2/10/15 10:50 - 629 commenti

I gusti di Jurgen77

Ottimo film bellico del genere "point of view". Claustrofobico, realistico e con dialoghi minimali. Il regista ci catapulta in un tank israeliano condividendo con tutto l'equipaggio paure, tensioni, insicurezze. La guerra finalmente vista con gli occhi dei soldati di prima linea, senza filtri o ipocrisie.
MEMORABILE: Il carro armato nel campo di girasoli.

Saintgifts 17/05/16 09:41 - 4098 commenti

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Un'idea buona che però non può avere la durata di un film. Quando arriva la scena della famiglia tenuta in ostaggio e poi massacrata, con la donna superstite, cade ogni dubbio: il film è fine a se stesso e il regista si crogiola negli spostamenti della torretta del carro indagando da un unico punto di vista sulla realtà, zoomando su visi senza sorrisi. Il messaggio contro le guerre proviene dall'interno del carro, dove un improbabile equipaggio ci rappresenta, a differenza dei decisi e addestrati militari all'esterno. Estetico, superficiale.

Daniela 9/11/20 22:08 - 13414 commenti

I gusti di Daniela

Durante la prima guerra del Libano, un gruppo di soldati ha il compito di "ripulire" alcuni villaggi già bombardati dall'aviazione... Il film adotta la prospettiva di quattro uomini chiusi dentro un carro armato, con l'esterno mostrato solo attraverso il puntatore: scelta stilistica intrigante ma resa drammaturgica compromessa da una certa convenzionalità nei dialoghi e nella definizione dei caratteri in campo. Quanto al mostrare l'assurdità e l'orrore della guerra, il film successivo del regista riuscirà nell'intento meglio di questo esordio meritevole ma non del tutto convincente.
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  • Discussione Rebis • 23/09/11 16:43
    Compilatore d’emergenza - 4454 interventi
    Se non ricordo male Maoz, che a soli vent'anni venne addestrato come artigliere, dichiarò di aver raccontato la guerra come lui l'ha vissuta, anzi, percepita dall'interno dell'abitacolo. Ed è proprio lo sguardo verso l'esterno, mi sembra, la chiave di tutto il film. Le premesse per un cinema "percettivo" e quindi profondamente antimilitarista c'erano tutte... personalmente ho avvertito prima l'esigenza personale del regista di liberarsi di quelle immagini vissute in una forma estetica che non l'esigenza di fare un film per il pubblico. Non concordo sull'onirico, mi è parso più che altro allucinatorio, quindi comunque dentro la realtà. Ma, paradossalmente, un film che dovrebbe essere così urgente è diventato freddo, noioso. Come se Maoz avesse calibrato il tiro per il pubblico diventando espositivo, insincero, forzato, addirittura patetico. Infine la cifra allegorica, l'universalizzazione del male, l'ho vissuta come un'ovvietà, una conseguenza inevitabile (e troppo facile) derivata dalle premesse... Insomma, in una parola lo definirei "scolastico"...
    Ultima modifica: 23/09/11 16:43 da Rebis
  • Discussione Pigro • 23/09/11 19:15
    Consigliere - 1713 interventi
    Sì, forse è più corretto "allucinatorio" di "onirico", anche se io lo intendevo riferito all'incubo: in fin dei conti questo film ha proprio tutta la claustrofobia (non solo fisica, ma narrativa) di un incubo, secondo me.
    Sul fatto che l'allegorizzazione sia scolastica, mah... Da un certo punto di vista posso capire (nel senso che è facile-facile da capire, immagino), però anzitutto si tratta dell'opera prima di un regista che precedentemente non ha fatto neppure un corto (ma solo un documentario dieci anni prima!), e quindi questo esordio è già "notevole" di per sé, a mio avviso, e vola molto alto rispetto a tanti altri esordi di registi celebri e celebrati.
    E poi, non mi sembra che sulla guerra, anzi sullo sgomento e sull'impotenza di fronte alla guerra, ci siano tanti altri film non "scolastici". Ci sono film straordinari sulla tragedia della guerra e sulle sue abiezioni e su altri aspetti, ma sullo sgomento di chi si sente sbattuto (bellissimo il fatto che i personaggi non abbiano un prima né un dopo e che siano quasi piovuti nel cuore della distruzione, ma dentro una 'corazza' che apparentemente li protegge, ma in realtà ne esalta la fragilità) in mezzo alla distruzione (fisica e umana), raccontato in modo da trascendere e 'assolutizzare' così... beh a memoria non me ne vengono in mente altri.
  • Discussione Didda23 • 23/09/11 21:10
    Compilatore d’emergenza - 5800 interventi
    Mi pare di ricordare che qualche dialogo nella versione doppiata non venisse tradotto,per questo motivo l'ho visto in originale con i sottotitoli (ho il Dvd).

    Se posso dire la mia sul film, vorrei stressare l'attenzione sul carattere altamente biografico dell'opera.
    Sono due opere profondamente diverse, ma anche il bellissimo Waltz with Bashir è un'opera nella quala la biografia del regista è importante.
    Di Lebanon mi ha colpito l'assoluta assenza di una certa "spettacolarizzazione" della guerra (diversamente concepita rispetto all'archetipo americano).
    Il dramma e l'incapacità dei soldati mi ha emozionato e mi ha fatto riflettere.
    Per il mio modo di vedere, Lebanon è una delle opere più anti-militariste che io abbia mai visto.
  • Discussione Pigro • 24/09/11 11:02
    Consigliere - 1713 interventi
    Concordo. Per i dialoghi, credo che non siano tradotti quelli in arabo.
    Anche il riferimento a Valzer con Bashir è assolutamente corretto. Tra l'altro credo che gli israeliani, per la loro condizione, stiano realizzando i film più intimamente antimilitaristi in questo momento. Voglio dire che in altre parti del mondo la guerra è sì denunciata con forza e potenza, ma si sente che registi e artisti vivono da un'altra parte e che il loro approccio è tutto cerebrale (e questo a prescindere dalla bellezza dei loro film). I registi e gli attori israeliani, invece, vivono davvero dentro una condizione di guerra o di terrorismo, con in più il non secondario aspetto che lì la leva è obbligatoria per (credo) due anni per tutti: quindi si tratta di qualcosa di profondamente inserito nella vita di tutti. Ecco perché spesso mi capita nei film israeliani di percepire una rappresentazione della guerra come moloch inevitabile e soffocante da cui non si riesce a sfuggire: e questo ha degli esiti cinematografici assolutamente notevoli.
    Ad ogni modo, se ti interessa, ti segnalo vivamente Kippur di Amos Gitai, che è uno dei film più sconvolgenti sulla guerra: c'è una lunga scena di salvataggio di un soldato ferito nel fango che è una delle sequenze più strazianti che abbia mai visto e che non riesco ancora a dimenticare (e lo vorrei...).
  • Discussione Gestarsh99 • 24/09/11 13:35
    Scrivano - 21542 interventi
    Pigro ebbe a dire:
    ...Ad ogni modo, se ti interessa, ti segnalo vivamente Kippur di Amos Gitai, che è uno dei film più sconvolgenti sulla guerra...

    Pigro, se accetti un consiglio da un povero ignorantello come me e se vuoi davvero vederti un film di guerra "sconvolgente" nel vero senso del termine, guardati e riguardati un'opera irripetuta come Va' e vedi.
    Senza nulla togliere al valore del bel Kippur, ti assicuro che il film di Gitai è ben poca cosa di fronte al monumento all'orrore realizzato nell'85 da Klimov.
  • Discussione Rebis • 24/09/11 14:50
    Compilatore d’emergenza - 4454 interventi
    Non sono del tutto convinto che la vicinanza al conflitto possa produrre film di maggior profondità: magari, più urgenti, dolorosi, sconvolgenti, questo sì... ma comunque parziali. Né che da Israele possa emergere uno sguardo sinceramente universalizzante. Sono troppi gli interessi in causa nel conflitto, e non solo di tipo economico e politico. Ho amato Valzer con Bashir (e ad oggi rimane uno dei miei film preferiti) proprio perché mette in atto quel processo di rimozione e successiva anamnesi che consente un distacco critico, consapevole, che diventa il film stesso, che porta all'accettazione attraverso la traduzione in immagini (l'animazione si fa progressivamente più fluida, armonica...). Processo che non ho riscontrato in Lebanon (né credo rientrasse nelle intenzioni del regista, mosso da ben altro). Date le condizioni del mondo allo stato attuale, Israele rappresenta forse solo il conflitto di più lunga durata, ma credo che non abbia alcun primato quanto a impellenza comunicativa. La guerra, la guerriglia, le sommosse scorrono dappertutto sottopelle, dall'Inghilterra alla Siria.
    E' vero che ci sono quantità di film sulla guerra ma per me quello che chiami cerebralismo (e mi riferisco ad eccellenze: Malick, Kubrick, De Palma, Eastwood, Stone...) è proprio lo strumento che consente di pervenire ad una universalizzazione che non sia solo approssimazione, conseguenzialismo o mera allegoria (come avviene in Lebanon). E' proprio il distacco, la sfera intellettuale a generare una riflessione profonda e non banale.

    Concordo però su quanto dici in riferimento all'opera prima: forse il mio giudizio è stato troppo severo, ma quando l'ho visto era ancora nell'aura da Leone d'Oro, un riconoscimento al film che per me rimane davvero esagerato...
    Ultima modifica: 24/09/11 19:17 da Rebis
  • Discussione Pigro • 24/09/11 20:21
    Consigliere - 1713 interventi
    Gestarsh99 ebbe a dire:
    Pigro, se accetti un consiglio da un povero ignorantello come me e se vuoi davvero vederti un film di guerra "sconvolgente" nel vero senso del termine, guardati e riguardati un'opera irripetuta come Va' e vedi.
    Senza nulla togliere al valore del bel Kippur, ti assicuro che il film di Gitai è ben poca cosa di fronte al monumento all'orrore realizzato nell'85 da Klimov.


    Lo so, lo so... è un ottimo suggerimento, e infatti ce l'ho in stand-by da parecchio e non vedo l'ora di vederlo, ma sapendo già che dovrebbe essere emotivamente parecchio forte, vorrei arrivarci quando so di potermi permettere di digerirlo: una di quelle sere in cui tutto può rimanere fuori dalla testa e poi poter rimanere sotto emozione a lungo...
  • Discussione Pigro • 24/09/11 20:31
    Consigliere - 1713 interventi
    Rebis, sono piuttosto d'accordo con quel che dici, e in effetti i 3 pallini e mezzo che ho dato a Lebanon o a Kippur o a Valzer con Bashir la dicono lunga rispetto a - per rimanere ai primi registi che hai elencato - i 4 della Sottile linea rossa o ai 4 e mezzo di Full metal jacket. Certo, penso anch'io che la distanza sia un valore. Ma per me, in questo caso, è un valore anche il fatto che la guerra sia esperienza quotidiana e condivisa e che questo generi film accomunati da un senso claustrofobico di impotenza di fronte alla guerra: in Israele tutti sono obbligati ad andare al fronte, e questo comporta un'angoscia molto speciale a chi vive la guerra del proprio paese in un'altra posizione. Per questo i film israeliani mi sembrano - come ho detto - i più "intimamente antimilitaristi". Perché è l'antimilitarismo di chi è stato costretto a fare la guerra e vive in uno stato di prostrazione continua. Insomma, mi sembra un tratto comune, e peculiare, di tutti i film israeliani qui citati.
  • Discussione Pigro • 25/09/11 08:44
    Consigliere - 1713 interventi
    Ah, giusto per far capire quanto sia d'accordo con te, Rebis, aggiungo che i miei film antimilitaristi preferiti in assoluto sono quelli cerebralissimi del mio amatissimo Peter Watkins (Culloden, The War Game, I gladiatori) e di Richard Attenborough (Oh, che bella guerra!). Guarda caso entrambi inglesi: e sul suolo inglese non si combatte più da almeno 250 anni...
  • Discussione Rebis • 25/09/11 11:48
    Compilatore d’emergenza - 4454 interventi
    Infatti Pigro, penso anch'io che il cinema bellico israeliano rappresenti innanzitutto una documentazione sull'attualità, lo specchio di una condizione... Sai che non conosco i titoli che hai citato? Cercherò di recuperarli, grazie!