Solido e ben strutturato poliziottesco diretto dallo specialista in avventurosi Domenico Paolella. Sostenuto dall'ottima caratterizzazione di Marcel Bozzuffi nel ruolo del commissario Grifi, il film è ambientato in una Bologna che diventa "rovente" fin da subito, con la bomba piazzata nel telefono d'un bar dagli sgherri del feroce Vittorio Mezzogiorno. E’ lui che la polizia cerca trasformando presto la storia in una tesa caccia all'uomo. Le esplosioni di violenza improvvisa, un finale in crescendo avvincente, una sceneggiatura di Dardano Sacchetti (suo anche il soggetto) che offre più d'uno spunto interessante nei dialoghi fanno di LA POLIZIA E' SCONFITTA...Leggi tutto un buon esempio di quello che fu il poliziesco all'italiana: inseguimenti diretti con grinta, personaggi sbozzati con gusto e una regia che dimostra il mestiere non indifferente di Paolella. Le piacevoli musiche di Stelvio Cipriani accompagnano anche le scene più crude con buona scelta dei temi, uniformando il tutto e dandovi un'omogeneità indispensabile. Bozzuffi, una faccia da duro come pochi, vedendo come i suoi poliziotti fatichino nelle indagini, riunisce una squadra speciale (tutti tiratori scelti e motociclisti provetti) e fa terra bruciata intorno al suo obiettivo. Ma non sarà facile stanarlo, nemmeno con l'aiuto di un magnaccia ricattato (Nello Pazzafini) costretto ad aiutare la legge. C'è ritmo, il film scorre e, pur non dicendolo nulla di nuovo, sa ottenere il suo scopo, quello di coinvolgerci fino al rendez-vous finale, inatteso e furioso. Niente di particolare da segnalare, ma un buon film.
Il versatile ed elegante Paolella firma un poliziesco durissimo e secco, crudissimo e compatto, dando finalmente anche a Bologna la chance di un'apparizione nella geografia delle nostre città violente (a Firenze niente, sigh!). Mezzogiorno, "faccia" che avrebbe potuto dare di più al genere, è uno dei più trucibaldi cattivi nel filone; non mancano poi gustosi personaggi di contorno (il "tunisino" di Nello Pazzafini, con la sua ormai storica metafora sulla legge "come la minchia"). Notevole il durissimo finale. Classico.
Paolella, regista da rivalutare, confeziona l'unico poliziottesco ambientato a Bologna. Titolo che per chi è bolognese come me aveva assunto ormai lo statuto di leggenda, essendo rimasto invisibile per anni. Al di là della storia, il vero ostacolo da superare per un film del genere qui ambientato è l'assetto urbano della città, che mal si presta ad essere filmato in inseguimenti. Perciò Paolella si deve accontentare dei viali e delle strade di periferia, raggiungendo spesso effetti surreali creati dal montaggio. Ad ogni modo è un poliziottesco dignitoso.
MEMORABILE: Alcune surrrealtà: la squadra speciale che esce dalla montagnola! Il lungo inseguimento su per il "meloncello" che di colpo finisce dall'altra città!
Felsineamente incongruo (puttane pomeridiane alla Montagnola?). Forse Paolella non amava il genere o non aveva mezzi. Un "tòpos fondamentale", l’inseguimento, non è convincente, con rifugio in tentativi di virtuosismi motociclistici e soluzioni… perplimenti. Indimenticabile il linciaggio davanti a S. Stefano. Sproporzionato, con una buona metà fatta di fretta, con banalità (telefonatissima la vicenda ospedaliera), con stonature (lo Stadio), ma con un paio d’ottime frecce nella mezzora finale. Spiccano solo i lombrosiani Mezzogiorno e Pazzafini.
Poliziesco di routine, che si distingue tuttavia per l'ambientazione in un'insolita "Bologna violenta", per qualche omicidio truculento dai richiami argentiani, per l'evirazione di Pazzafini e per il grandioso finale. La vicenda si riduce presto ad uno scontro personale fra il commissario di ferro di turno - il consumato e coriaceo Bozzuffi - e l'imprendibile malvivente ritratto dal ghigno fastidioso e beffardo del versatile Mezzogiorno.
MEMORABILE: La legge secondo Pazzafini. Il bambino sull'autobus che nota la pistola di Salvino.
I famosi portici di Bologna (qui quello da Guinnes dei primati che porta a San Luca) usati per spettacolari inseguimenti da far invidia a quelli sulle strade di San Francisco. Questa una delle peculiarità del film, ma ce ne sono altre che rendono questo poliziesco interessante. I particolari sono molto marcati e precisi, in alcuni casi ingenui: i caschi gialli dei poliziotti, riconoscibilissimi, oppure la mise di Mezzogiorno, sempre quella, adatta a un play boy tamarro più che a uno spietato assassino. Originale e realizzato niente male.
Bellissimo poliziesco all'italiana. Il commissario di ferro interpretato dal grande Bozzuffi tenta di catturare Valli (Mezzogiorno), un feroce bandito che gestisce un giro di estorsioni; per far questo chiede e ottiene una squadra speciale. Ci sono azione, sparatorie, esplosioni e tanta adrenalina fino alla fine. Consigliatissimo se amate il poliziesco all'italiana Anni Settanta.
MEMORABILE: La legge di Pazzafini. Le botte dopo il "viaggio" in autobus.
Discreto poliziottesco italiano che si distingue dalla massa grigia e anonima delle tante pellicole d'epoca appartenenti a quel genere. Il merito è di un insieme ben riuscito di diversi elementi che contribuiscono a farne una pellicola gradevole: la buona regia di Paolella, la discreta sceneggiatura (dello stesso regista e di Dardano Sacchetti) e la bella colonna sonora firmata da Stelvio Cipriani.
Poliziottesco di insolita ambientazione bolognese per Paolella, che mette a buon frutto un bel copione di Sacchetti regalandogli ritmo e plausibilità. Mezzogiorno e Bozzuffi, attori per tutte le stagioni, tengono al meglio il proprio ruolo senza eccedere in istrionismi. Buona prova anche di Pazzafini in un ruolo non secondario. Belle scene d'azione e qualche spennellata di gore per un film che si pone un gradiono più in alto della maggior parte delle pellicole coeve. Una visione piacevole anche per chi non ama particolarmente il genere.
MEMORABILE: La misurata prova d'attore di Mezzogiorno, il migliore del cast.
Esemplare poliziesco d'azione, girato a Bologna su soggetto e sceneggiatura di Sacchetti e con due validissimi protagonisti contrapposti: Marcel Bozzuffi commissario e Vittorio Mezzogiorno spietato e feroce criminale. Non manca nulla: tensione, ritmo, inseguimenti, botte, sparatorie ed esplosioni; la trama regge, la violenza dilaga sino all'ultimo. Quasi un manifesto del genere. Da non perdere.
Ennesimo film di genere che ha la capacità di mostrare un nuovo cattivo da scofiggere. Il personaggio Valli, interpretato dal giovane e compianto Mezzogiorno, rappresenta una delle figure più turpi dei nemici della Polizia; costui, privo di amici e diffidente dei compari di malefatte, vaga e colpisce negozianti colpevoli di non pagare la protezione. Risibile la figura del Commissario interpretata da un Bozzuffi monotematico.
Discreto "poliziottesco" che tratta delle estorsioni compiute dal cattivo Mezzogiorno, che porta lo stesso giubbetto bianco per tutta la durata del film. Ottimo Bozzuffi. Forse gli attentati sono un po' troppo sanguinosi ma la trama scorre compiutamente con un finale spietato, forse liberatorio.
Poliziottesco con i suoi pro e i suoi contro. I pro: una trama che bene o male coinvolge, qualche sequenza riuscita, un discreto cast, una colonna sonora orecchiabilissima. I lati negativi non sono altro che l'altra faccia di quelli positivi e si fanno sentire: un impianto narrativo decisamente semplice e scontato, regia e montaggio rozzi e frettolosi, due protagonisti che, per quanto bravi, non incidono, il suddetto score (di Cipriani) che purtroppo si adatta malissimo alle scene d'azione. Sufficienza piena ma non abbondante.
Stavolta tocca a Bologna Violenta. Sotto le due Torri assistiamo alla sfida tra il feroce e psicotico Valli (Mezzogiorno) e un nuovo Commissario di ferro (Bozzuffi) con la vita privata distrutta e velleità di formare una super-squadra anticrimine. Alla fine otterrà carta bianca dai superiori ottusi, ma stavolta la giustizia sarà amministrata da altri... Buon film di genere, anche se non mancano le forzature e le ingenuità, specie nelle scene acrobatiche. Pazzafini evirato e il finale i momenti migliori.
Risultato catastrofico e non tanto perché il genere poliziottesco sia al crepuscolo (di lì a poco sarebbero scaturite altre perle, più orientate sul politico), quanto perché è palese la scopiazzatura da diversi altri autori, con una spizzicata di tanta violenza gratuita che rasenta lo splatter. Giocata malissimo la carta del Mezzogiorno amicone spiritoso che si trasforma in killer efferato. Dovrebbe soccorrere la scena finale, tutto sommato girata bene, ma pure quella è copiata da altri due film nettissimamente superiori.
MEMORABILE: La legge è come la minchia... si allunga e si ritrae a seconda della convenienza.
Cinico e realistico nella prima parte, si liquefa nell'improbabile quando compaiono le brigate speciali in motoretta. I vili attentati sono girati con estro, alimentati dalla discreta tensione del diabolico marchingegno esplosivo, con le vittime innocenti massacrate in parallelo al sorriso del bastardo psicopatico. Paolella non eccede nell'estremo e, pur mostrando un po' di sangue, non riesce ad ottenere quel buio disperato di altri prodotti più riusciti (vedi Roma violenta). Il finale è uno sputo di rancore, ma le immagini non lo rendono così bene.
MEMORABILE: La lenta composizione del numero di telefono ed il suo risultato.
"Bologna capace d' amore, capace di morte" canta Guccini in una celebre canzone. Paolella, sorretto da una bella sceneggiatura di Sacchetti, trasforma la rossa città (molto cinematografica ma troppo poco valorizzata al cinema) in un infernale caos. Dove regna il terrore, dove la violenza assume la psicologia contorta di Valli -un esemplare e bravissimo Mezzogiorno- fratello gemello (sconosciuto forse sì, più facilmente no) di Giulio Sacchi. Nella vivace e cruda (ma pure poetica) narrazione risalta la sete di giustizia "fai da te", dirompente in quel finale agghiacciante e indimenticabile.
MEMORABILE: I crudi attentati con telefoni-bomba; l'omicidio del poliziotto in borghese sul Bus; l'evirazione del tunisino.
Mica male questo poliziottesco ambientato insolitamente a Bologna e dove troviamo un convincente Mezzogiorno nel ruolo di super-cattivo tamarrissimo, con catena d'oro e torso nudo sotto il giubbotto di pelle bianca; a far da contraltare, un roccioso Bozzuffi e un buon contorno di caratteristi. Paolella dirige correttamente e mostra buona dimestichezza nelle numerose scene d'azione, Cipriani musica col solito stile, la dose di violenza è piuttosto elevata. Nel complesso un film solido, poco originale ma comunque gradevole per i fan del genere.
MEMORABILE: I telefoni esplosivi; L'accoltellamento in ospedale; Il linciaggio.
Trucido e rabbioso poliziottesco anni 70. Vicende e personaggi sono di una tetragonia assoluta, privi di sfumature, insomma il tipico scontro tra buoni (impotenti) e cattivi (senza ritegni). Belle le scene degli spettacolari e improbabili inseguimenti che danno un imprinting americano a questo film cupo e dal finale inquietante, affatto liberatorio. Il titolo è azzeccato: non solo la polizia è sconfitta, ma anche il popolo, le istituzioni, la dignità umana. Se la giustizia la deve fare la gente qui si scivola in una barbarie premedievale.
MEMORABILE: L'impassibilità di Valli ad ogni sua efferatezza: mai uno scatto di ira; Il giubbotto bianco di Valli e la sua anima nera: se questo è un uomo...
Mai si era vista e respirata prima una Bologna così carogna, laida, decadente, funebre: quest'aria insalubre e catacombale tipica degli anni plumbei è la carta vincente di un Paolella altrimenti a disagio e scomposto nello scranno del poliziottesco: chasing-scenes impacciate, acting che non lasciano il segno, corpi e comprimari espressivi solo nel rigor mortis e nel facio rictus (il più espressivo di tutti in tal senso: la città). Dove la regia alza la cresta e non si spreca è invece nell'ambiguità filo-forcaiola assai cara a quei tempi e nell'ostentata violenza che mira a giustificarla.
Niente male questo poliziesco, salvo per il fatto che il protagonista positivo, a mio parere, difetta in carisma; ma è solo una macchiolina all'interno di un contesto in cui tutto fila liscio. Ottimo ritmo, buone musiche, scene forti: non manca nulla. Soprattutto bravissimo Vittorio Mezzogiorno, che con la sua faccia d'angelo dona al personaggio un'aria ancor più inquietante. Ben orchestrato anche il finale, specchio di una società ormai esasperata dalla violenza. ***
Milano calibro 9, Napoli violenta, Roma e Genova a mano armata... Sorbole però, pure all'ombra della torre degli asinelli la Celere dei '70 se la vede brutta, tramutandosi in teatro della lotta senza quartiere tra l'acerrimo Bozzuffi e uno spietatamente vigliacco Mezzogiorno. Dualismo che il papà di Giovanna stravince sul piano recitativo. Tra discutibili quanto grossolani sociologismi tipici del genere, lo script di Paolella e Sacchetti piazza alcune buone sequenze.
MEMORABILE: L'assassinio in ospedale; La fine di Nello Pazzafini (il Tunisino); La scenetta di cui è protagonista Tito Le Duc nel negozio di dischi.
Film molto action e cruento che finisce lì dove era iniziato Roma violenta – ossia su un autobus “dirottato” - anche se qui viene portato a estreme conseguenze (il linciaggio) l’ennesimo atto di violenza urbana. Il poco espressivo commissario Bozzuffi si contrappone al delinquente “bombarolo” Mezzogiorno (sempre a suo agio in ruoli da psicopatico, vedi anche Café express). Ottima comparsata di Nello Pazzafini come pappone. Colonna sonora ossessiva ma efficace.
MEMORABILE: Nello Pazzafini al commissario: "La legge è come la minchia: si allunga e si ritira a seconda dei casi..."
Bel poliziesco. Trama ridotta all'osso (buoni contro la banda del cattivo) e messaggio tipico del poliziesco italiano dell'epoca (la polizia impotente contro i soprusi della delinquenza), che si espleta nella soluzione finale. Ben sceneggiato, tutto azione, molto sangue e omicidi anche truculenti. Il commissario è molto credibile anche se meno carismatico di un Nero (non per questo meno efficace).
Poliziottesco dal fiato corto che annaspa nella stanca riedizione dei luoghi comuni del genere. Bozzuffi ha la grinta giusta, Mezzogiorno è un buon villain dai tratti psicopatici, ma il film è davvero piatto e si rianima solo nei minuti finali (la scena capitale, però, è girata sciattamente). L'impressione è che il regista volesse liberarsi subito dell'incombenza. Fastidiose musiche di Cipriani.
Prodotto degno di nota per l'insolita ambientazione bolognese nonché per alcuni sprazzi di originalità nell'intreccio (il finale, soprattutto) che rimpolpano un poliziottesco non malaccio. Mezzogiorno, da sempre sottovalutato, avrebbe meritato più chances nel genere: il suo cattivissimo personaggio gli sta addosso come un abito su misura. Per il resto, solita prova di classe per Bozzuffi e gran gloria per acrobati e stuntman vari. Fa piacere rivedere Aureli, peraltro doppiato in bolognese stretto, com'è giusto.
Poliziottesco dalla giusta dose di tensione, con tutti gli ingredienti del caso ben amalgamati, come del resto il cast. Paolella non era molto aduso a film così, ma bisogna dire che se la cava discretamente, curando anche la sceneggiatura. Mezzogiorno è glaciale quanto basta ma efficace è anche Marcel Bozzuffi. Nel cast Andrea Aureli, che reciterà in due pellicole di Carlo Verdone. Da vedere.
MEMORABILE: La prima esplosione e la scoperta della pistola da parte del bambino.
Bologna violenta per il veterano Paolella. Bozzuffi torna a guidare una squadra speciale come quella della calibro 38 con il pretesto della caccia all'uomo intorno al sanguinario latitante Mezzogiorno. Il film (l'ultimo del genere con "La polizia" nel titolo) non è che una giustapposizione di inseguimenti e omicidi (talora cruenti) tenute insieme dalle facce di comprimari più convincenti dei protagonisti (Pazzafini ha forse il suo ruolo più importante) e dalle musiche di Cipriani. Buon finale drammatico e pessimista.
MEMORABILE: Il linciaggio da parte della folla inferocita.
Poliziesco, che non fa sconti, praticamente a nessuno. Anche chi, più o meno se la cava, ne esce comunque segnato, visto l'ambiente e la scia di morte che il bombarolo (da carogna le trappole esplosive) psicopatico e cinico si porta dietro. Il ritmo è costante, gli attori sono in parte; e nonostante qua e là si punti soprattutto a colpire lo spettatore, più che a dare vita a una narrazione realistica, il risultato è comunque buono. In pellicole come queste, infatti, se il cattivo di turno convince, nel suo ruolo di destabilizzatore fuori controllo, il tutto finisce per avere un suo perchè.
MEMORABILE: "Spara, pezzo di merda!". Segue ribaltamento dell'auto con incendio; La figura del tunisino; il merlo sentinella; Le urla del poliziotto ferito.
Film sotto la media qualitativa del genere, forse sintomo della fase calante incombente. Il primo colpevole è Bozzuffi, capace e anche simpatico, ma che sembra disconoscere i tòpoi che hanno dato il successo ai protagonisti di pellicole consimili. Mezzogiorno cattivissimo è l'unico in grado di creare un minimo di auspicabile tensione. Utile almeno ad appuntare la bandierina del poliziottesco in terra emiliana.
MEMORABILE: I cittadini nel finale: alla faccia dell'alma mater...
Esplodono bombe fra i porticati della rossa città petroniana, bombe preliminari al democidio-culmine degli anni di piombo. Lo intuisce bene Bozzuffi, intruppato ex novo al servizio dello stato nel ruolo coscienziosamente tenace di padre-garante dell'ordine pubblico: la sua vigilanza motorizzata dovrà infatti vedersela con un cattivissimo criminale amante del plastico e dei metodi terroristici. Macho-poliziottesco che eccede nel manicheo, avendo però dalla sua un ottimo antagonista, articolati inseguimenti su strada e alcune sequenze a rapida presa cultistica (il "Mezzogiorno" di fuoco finale).
MEMORABILE: Lo sgozzamento splatter del barista ricoverato in ospedale; L'evirazione/esecuzione di Nello Pazzafini; Il bianchissimo bomber di Mezzogiorno...
Un delinquente che chiede il pizzo ai negozianti passa alle maniere forti cominciando a far esplodere i proprietari refrattari a pagare. Su di lui si stringe la morsa della polizia. Classico poliziottesco all'italiana che vede il cattivo Mezzogiorno (davvero convincente) mettere a ferro e fuoco la città e Bozzuffi nei panni della legge che deve cercare di fermarlo a tutti i costi. Si segnala un ottimo ritmo nella seconda parte, caratterizzata da inseguimenti mozzafiato.
Classico poliziesco all'italiana, con qualche forzatura qua e là ma crudo e alquanto violento. Può contare sulla discreta sceneggiatura di Sacchetti e un buon mestiere in regia. Nonostante Paolella fosse più avvezzo ad altri generi, ha il giusto senso del ritmo; mediocre invece la ost di Cipriani. Location emiliane ben sfruttate, qualche eccesso acrobatico di troppo nelle scene d'inseguimento. Nel cast spicca Mezzogiorno, perfetto psicopatico dinamitardo tra i più cinici del genere. Verosimile, nella sua ferocia, l'esasperazione drammatica finale.
MEMORABILE: Valli (sempre vestito uguale) che compone i numeri al telefono; La scena da thriller in ospedale; La Giulia in corsa con il posteriore in fiamme (!?)
Figlio di un periodo di stanca del poliziottesco, il film di Paolella è in realtà uno degli ultimi prodotti degni di nota del genere. C'è un villain feroce come pochi (Mezzogiorno, iconico nel suo bomber bianco), l'esperto Bozzuffi nella consueta veste di commissario, un ottimo incipit che cala subito lo spettatore negli anni di piombo. Soffre un po' di discontinuità, soprattutto nella fase centrale, ma si riscatta bene nel finale, che racchiude in pieno il senso del titolo. Apprezzabili anche lo score di Cipriani e le facce da cinema-bis (Pazzafini e il mitico Eolo Capritti).
MEMORABILE: "La legge è come la minchia: si allunga e si ritira a seconda dei casi".
Regista e ambientazione allora inediti per il genere per un buon poliziesco che cerca di costruire una storia meno frammentaria rispetto ad altri esempi del filone: la storia si lascia seguire per il ritmo, il tono è crudele (con un Mezzogiorno villain di rara cattiveria) e la regia di Paolella è solida e non bada ai fronzoli (non male gli inseguimenti, le scazzottate velocizzate sono un po' da comica). Nel cast il già citato Mezzogiorno ruba la scena a tutti gli altri, le musiche di Cipriani sono discrete ma al dì sotto degli standard del compositore.
MEMORABILE: Gli omicidi di Aureli e Pazzafini; Il linciaggio finale.
Discreta efficacia generale, montaggio non perfetto e qualche scena poco sensata o comunque eccessiva; l'ambientazione insolita è forse frutto della ricerca di novità, un segno del tempo ormai quasi scaduto per questo tipo di pellicola, come confermano i dettagli visivi (colori, look, insegne) che anticipano già gli anni '80. A guastare in diversi punti è la colonna sonora, che non è brutta ma troppo malinconica e spenta, pur se così sortendo l'effetto paradossale di apparire anch'essa come l'inevitabile e malinconico accompagnamento di un genere ormai al tramonto.
Buon film, anzi ottimo, se si considera la povertà dei mezzi a disposizione, alcuni inserti a scopo di riempitivo e il fatto che è stato realizzato quando l'interesse del pubblico per il genere era ormai agli sgoccioli. Peccato perché la sceneggiatura è sicuramente all'altezza dei migliori poliziotteschi, senza cadute di tono e la prova attoriale di Mezzogiorno lo conferma uno degli interpreti più sottovalutati del cinema italiano, come già si era visto in Milano violenta. Da scoprire o rivalutare.
Film che ha dalla sua un brillante Vittorio Mezzogiorno feroce antagonista di un Bozzuffi troppo compassato, il quale mette su una squadra di agenti speciali poco credibili come personaggi e azioni (gli inseguimenti e le cadute al ralenti lambiscono il risibile); lo sviluppo è monotono e prevedibile, ravvivato solo da improvvisi e inutili squarci di violenza pulp (l'esecuzione in ospedale e del "Tunisino", l'epilogo inaspettato con la vendetta "popolare"); appropriata la colonna sonora di Cipriani.
Vittorio Mezzogiorno stranamente nei panni (petto nudo sotto un giubbotto di pelle) di un sadico criminale contro un solido commissario (Bozzuffi), il quale non mancherà di fare errori a dir poco traumatizzanti. Il palcoscenico è Bologna, in un’ Italia di allora, colpita al cuore dalla piaga delle rapine e delle estorsioni. Il plot è semplice, i personaggi quelli dei poliziotteschi, il finale un catartico sfogo popolare a tanta ingiustizia.
Più che discreto poliziottesco bolognese, che inizia molto bene, ma procedendo perde qualche colpo. Bozzuffi è come sempre un commissario equilibrato, i caratteristi sono buoni e non ci sono grosse cadute di stile. Forse manca solo un po' di grinta nella seconda parte, quando il polizieco lascia più spazio a una caccia all'uomo non brillantissima. Confezione corretta, bella la OST di Cipriani e un paio di topless castigati. Incredibile come, qualsiasi sia il trauma subito, le vittime abbiano sempre del sangue sul viso e parimenti le auto si ribaltino con grande facilità. ** e 3/4.
A livello di trama e cast ci sono alcune analogie con Quelli della calibro 38, cui fa da contraltare un'ambientazione bolognese che rappresenta un piacevole unicum. Supportato dalla sceneggiatura dello specialista Dardano Sacchetti, Paolella (che pure proveniva da altri lidi) si trova a proprio agio anche con l'azione e la violenza, riuscendo a imprimere pure una discreta suspense. Bozzuffi credibile e buon contributo dei caratteristi, ma la ribalta se la prende uno spietatissimo Mezzogiorno. Finale a effetto che però poteva essere girato meglio, non male le musiche di Cipriani.
MEMORABILE: Le esplosioni "telefoniche"; L'esecuzione ospedaliera e quella di Pazzafini; L'inseguimento dopo la rapina; Il finale.
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dall'83 all'85 ho visto innumerevoli volte il film su euro tv, uncut.
nell'88 l'ho rivisto su odeon sciaguratamente tagliato. la versione da 92', appena visionata, è quella trasmessa su eurotv prima che la mammì facesse da matti.
Al minuto 01:18:10 è possibile vedere nella discoteca di Pierre (Tito Le Duc), nella scena dell'incontro con l'agente Brogi (Riccardo Salvino) il manifesto del film Agente 007 - Vivi e lascia morire (uscito quattro anni prima):
Al minuto 00:45, in una macchina, i banditi in fuga dopo una rapina sono inseguiti dagli uomini della squadra speciale in moto. Uno dei banditi dice al guidatore: "Rallenta un poco, gli insegno io a romperci le palle!" ed estrae minaccioso una pistola..