Giallo thriller dalla trama semplice e lineare che ruota attorno all'omicidio di una donna. Il marito ingegnere (Curtis), peraltro con quest'ultima sull'orlo del divorzio, torna a casa dopo una serata trascorsa con una donna conosciuta in un bar alla quale ha offerto di accompagnarlo a uno spettacolo col biglietto della moglie, che aveva preferito non muoversi. Ad attenderlo nell'appartamento il cadavere della consorte e la polizia, che in breve scopre come gli indizi portino tutti a lui. L'uomo potrebbe scagionarsi facilmente, se solo riuscisse a ritrovare la misteriosa "donna fantasma" che era stata con lui nelle ore del delitto. Eppure - incredibile a dirsi - le persone che li hanno visti insieme...Leggi tutto (un barista, un tassista, il batterista dello spettacolo e la primadonna sul palco) si ricordano solo di lui e giurano che fosse da solo. Al processo la giuria non crede all'esistenza della donna e il verdetto è la sedia elettrica! Possibile? Detto che non si capisce bene perché sia necessaria la presenza di altri con il poveretto visto che tutti i testimoni comunque si ricordano di lui e ciò dovrebbe bastare a scagionarlo, il film di Siodmak contiene anche altri particolari che lasciano intendere qualche buco di troppo (nonostante l'origine sia un romanzo dello specialista Cornell Woolrich). A incaricarsi di impedire che la sentenza venga eseguita (mancano solo 18 giorni) ci si mette d'impegno la sua segretaria (Raines), segretamente innamorata di lui e convinta, dopo tanti anni al suo servizio, che il principale non possa proprio aver ucciso la moglie. Nemmeno l'ispettore che si è occupato del caso (Gomez) ne è convinto e i due cominceranno indagini "ufficiose", assieme anche a un amico (Tone) del condannato, un ricco scultore preda di forti emicranie. Siodmak, che con una ricca messa in scena mostra di saper sfruttare (anche in chiave espressionista e soprattutto nelle scene notturne) la splendida fotografia in bianco e nero, ricca di luci e ombre, tiene bene le redini della storia traendo il massimo da un cast non esaltante. Dimostra anche di saper rovesciare il possibile "whodunit" sbattendoci presto in faccia l'identità dell'assassino per concentrarsi su scene che possano dare una diversa lettura al film, meno legata al semplice disvelamento dell'intreccio. In questo senso significativa la prolungata session jazz con il batterista testimone (Cook jr.), che mentre si lancia in uno scatenato assolo con le bacchette coinvolge eroticamente nella musica la segretaria lì per sedurlo con l'obiettivo di farsi confessare qualcosa. Non si può dire che a Siodmak manchi il mestiere: la storia ha le carte in regola per coinvolgere; eppure il film non convince fino in fondo, schiavo di forzature eccessive e un po' troppo elementare nello svolgimento e nei dialoghi. Anche il finale non sembra generare la necessaria tensione e si prolunga oltre il dovuto. Spingere ulteriormente sul versante artistico avrebbe probabilmente potuto coprire con più facilità i difetti del copione.
Un uomo accusato di omicidio deve ritrovare la donna che lo può scagionare. Ottimo noir, tratto da un romanzo del solito Cornell Woolrich, diretto da un Siodmak in forma che sfrutta al meglio gli stilemi del genere, riuscendo a creare una notevole tensione narrativa che coinvolge lo spettatore fino alla fine della pellicola. Curatissima ed elegante la confezione: attenti in particolar modo alle scenografie.
Il film inizia con il primo piano di un cappello piumato da donna. Cappello che diventerà il protagonista dell'affannosa ricerca di una donna (fantasma) per salvare un innocente dalla sedia elettrica. Noir non perfetto ma caratterizzato da una fotografia in B/N dal taglio espressionista, con luci ed ombre artatamente usate per creare un clima di tensione, accresciuta dalla caratteristica (molto usata nei film di questo genere), di far sapere allo spettatore, prima che alla protagonista, chi è il pericoloso colpevole da cui guardarsi.
MEMORABILE: L'assolo di batteria di Elisha Cook Jr. Il finale al dittafono.
Formidabile trasposizione da Woolrich, che pur con l'inevitabile compressione ne rende perfettamente il clima allucinatorio e febbrile, a costo di sacrificare qualcosa (come del resto avviene anche nel libro) alla coerenza narrativa. Ella Raines bellissima, almeno tre scene memorabili, grande fotografia di Woody Bredell (che Siodmak impiegherà anche ne I gangsters) e sapiente uso dello spazio.
MEMORABILE: Il pedinamento del barista; la jam-session; l'uccisione di Elisha Cook
Proprio ben fatto questo giallo a sfondo nero tratto da un romanzo di Cornel Woolrich, che si avvale di una regia ed un uso della macchina da presa all'altezza della situazione. Un bizzarro cappello potrebbe evitare la forca ad un giovane ingegnere accusato dell'omicidio di sua moglie, un cappello indossato da una donna che sembra volatilizzata nel nulla. Notevole la performance di un vero jazzista quale Elisha Cook jr., alla batteria. Vivamente consigliato.
Uno dei grandi noir misconosciuti degli anni '40. Stringato, teso e coi fronzoli giusti come la Universal comandava e come Siodmak sapeva girare. Traslitterando, allo stesso modo del compagno d'esilio Fritz Lang, lo stile espressionista sul genere americano per antonomasia, il regista tedesco costruisce uno straordinario thriller metropolitano, con una New York protagonista cupa e sporca, pronta a fagocitare solitudini e a mascherare psicosi. Cast orchestrato magistralmente, con Elisha Cook in indimenticabile assolo di batteria. Signore: giù il cappello!
MEMORABILE: Tutta la parte iniziale culminante nel pezzo di antologia dello spettacolo della show girl Aurora; Il mal di testa di Franchot Tone; Ella Raines.
Come in ogni romanzo di Woolrich, e come in ogni classico noir, New York è la protagonista: febbrile, imprevedibile come un assolo jazzistico, trafitta da tagli di luce e scavata da zone d'ombra come l'ambiguo carattere di tutti i personaggi, tranne la candida Ella Raines, piccola segretaria di provincia, che nella metropoli intraprende il suo viaggio di formazione attraverso la solitudine, gli inganni, la morte, l'amore. Un po' forzato l' happy end, ma quella voce metallica al dittafono è straniante, smorza ogni eccesso di sentimentalismo.
MEMORABILE: Il cappello nero appoggiato sulla scultura di marmo; "Pranzeremo insieme stasera e tutte le sere, tutte le sere, tutte le sere...".
Un gran bel noir frutto della contaminazione europea che Siodmak apporta al cinema americano. Ne esce un insieme di luci e ombre che avvolgono in una spirale di tensione ben calibrata. La donna fantasma diventa l'ossessione e la chiave per esplorare/aprire mondi di allucinata follia. Non basta conoscere l'assassino per smettere di averne paura. E poi ci sono musica, tensione e un cast davvero notevole. Bellissimo.
Un ingegnere viene condannato a morte con l'accusa di aver strangolato la moglie. La sua segretaria cerca di dimostrarne l'innocenza rintracciando una donna misteriosa che potrebbe fornirgli un alibi per la notte del delitto, ma chi ha avuto a che fare con lei va incontro ad un brutta fine... Noir di bella atmosfera, illuminato dagli splendidi occhi chiari di Ella Raines, disposta a rischiare la vita per salvare quella dell'uomo amato. Incisivi anche Cook jr., batterista arrapato, e Tone, scultore ossessionato dalle proprie mani.
Un innocente condannato può salvarsi solo se una donna misteriosa e introvabile ne confermerà l'alibi. La devota segretaria (personaggio femminile che richiama l'altra eroina di Woolrich ne L'angelo nero) si mette a indagare. Curioso thriller d'epoca (la definizione di noir è discutibile) con risvolti psicologici, messo in scena con eleganza da Siodmak, che dedica parecchio spazio all'insospettabile killer psicopatico. Il cast ha molti limiti e la storia regge male al passare del tempo. Curiosità per appassionati del genere, del regista o del b/n.
La prima parte è coinvolgente e ben congegnata, pur con qualche cliché vittimista e certe tonalità melò. Nella seconda si perdono colpi e i personaggi e le coincidenze narrative appaiono talvolta inclini allo stereotipo. Il mistero perde corpo fagocitato dalla dedizione all'amore della bella e dalla psicopatia incalzante della bestia. Intendiamoci, è comunque un ottimo thriller con venature noir realizzato da un maestro... Quindi da vedere e rivedere.
Un piccolo e silenzioso thriller d'annata, che ai ritmi serrati e alla tecnica immediata dei B-movie dell'epoca contrappone tempi mediamente dilatati e una regia attenta alle atmosfere e ai dettagli (le mani dell'omicida, spesso poste in rilievo dalle luci), non disdegnando, peraltro, trovate bizzarre (la lunga scena della jam-session, avulsa dall'intreccio giallo) e soluzioni ardite (l'assassino svelato ancora prima di farsi personaggio). Buona la suspense degli ultimi minuti, simpatica (per quanto oggi telefonata) la scena conclusiva.
Thriller dalla bella atmosfera, splendidamente fotografato, diretto con indiscutibile eleganza e un discreto ritmo. Sulla valutazione complessiva pesa però un presupposto di sceneggiatura abbastanza assurdo (perché era così indispensabile rintracciare la donna quando tutti gli altri testimoni si ricordavano di aver visto il protagonista?), di quelli che a un Lenzi e a un Martino sarebbero stati rinfacciati senza alcuna remora, ma che a Siodmak evidentemente vengono perdonati più volentieri. Ella Raines domina la scena con la sua radiosa bellezza, il resto del cast è nella media.
“La donna fantasma” unisce molti temi del noir: la stilizzazione dark delle architetture, le interpretazioni laconiche dei personaggi e la disperata struttura narrativa a imbuto. Pieno di scene madri, è un film che assume i tratti di un incubo grottesco e finemente psicologico, magistralmente decorato dal volto moderno e luminoso di Ella Raines. Sbrigativo ma legittimo l’happy ending.
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HomevideoPatrick78 • 29/08/12 13:30 Pulizia ai piani - 545 interventi
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