Discreto ma lontano dall'essere un capolavoro. Tutto immerso in un'atmosfera visionaria e quasi surreale, incrementata da una storia originale e bizzarra. Bellocchio riesce a mantenere alta l'atmosfera ma un po' meno l'interesse, messo in difficoltà da alcuni passaggi un po' troppo complicati. La forte carica anticattolica, insieme ai vari elementi bizzarri e singolari, fa venire in mente alcuni film di Marco Ferreri. Castellitto assolutamente straordinario; buono il resto del cast. Da seguire con attenzione. Non per tutti i gusti.
Film molto complesso diretto con mano sicura da Marco Bellocchio che si avvale di un bravissimo Sergio Castellitto (è forse la sua migliore prova d'attore) nel ruolo principale. E' un film dalla forte impronta morale e politica. Il tema della religiosità e della laicità nella società moderna è affrontato dal regista in modo incisivo, attraverso una storia peculiare e molto moderna di una "santificazione".
Dopo anni di oblio e lavori poco riusciti (fatta eccezione per La balia), Bellocchio torna a girare un bellissimo film col quale torna a graffiare come ai vecchi tempi. Bersaglio della pellicola è la religione e certi suoi ambienti posticci e bigotti, di cui il regista smaschera con grande bravura, tutta l’ipocrisia che si nasconde dietro certi ambienti e dietro certi riti (vedi la beatificazione che è descritta come un vero e proprio business). Grandi polemiche alla sua uscita (è ovvio, siamo in Italia!) Astenersi bacchettoni!
Il protagonista di questo film mi ricorda molto il quello del primo film della serie "Dekalog". Anche lui completamente ateo, alle prese con un figlio piccolo. Ed anche lui improvvisamente costretto a fronteggiare la religione. Ernesto Picciafuoco rappresenta la coerenza (concetto che cerca di inculcare in suo figlio) che impone di pensare una cosa e di fare altrettanto. Intorno a lui ruotano una serie di personaggi davvero ben riusciti: i fratelli, la moglie, il duca, la zia, Diana.
Pittore ateo scopre che la madre sarà beatificata. Il film, con un efficace Castellitto (così come Piera Degli Esposti), nasce vecchio di almeno 40 anni: i tormenti religiosi vengono espressi non in forma di analisi interiore, ma di ribellione contro un potere clericale che certamente c’è, ma non nei termini caricaturali e demodé descritti da Bellocchio. Se il film fosse uscito al più tardi negli anni 60 sarebbe stato un capolavoro, nel 2000 fa tristezza, nonostante l’indubitabile raffinatezza grottesca e visionaria della regia.
Notevole opera di Bellocchio ottimamente interpretata ed ottimamente diretta, con Castellitto che primeggia in un cast di incredibile bravura (Alberti e Bertorelli su tutti). Il meccanismo è implacabile, per cui ne esce che l'aver appreso che la propria madre sta diventando santa è forse la meno incredibile delle vicende che seguono. Ma il polso del regista non fa cadere mai nel surreale. Esilarante il fatto che Gianni Schicchi interpreti Filippo Argenti. Assai notevole. ***½
Il più religioso di tutti è l'ateo. Di certo il più onesto, non meno che caparbio e sicuro. L'estrema sicurezza è quella che frega. Tutto è forma, esteriorità, ritualità (come il duello burla), tutto per mantenere, o acquisire, lo status quo. Anche un assassino può diventare un martire, è sufficiente che affermi alcune cose nel giusto modo. Sembra che Dio in tutto questo c'entri poco, la religione invece c'entra eccome. Un buon film, che attraverso situazioni "forzate" cerca di togliere il velo alle ipocrisie in cui siamo immersi in questa vita.
L'ora di religione, ovvero come la Chiesa si insinua nell'intimità degli uomini. Film strano, complesso, impulsivamente anacronistico nell'instradarsi sul tema dello status quo dell'istituzione cattolica - lusinghevole, ipocrita, ineludibile. L'umanità cui approda Bellocchio è un po' troppo sopra le righe, e il narrato, pur eloquente senza ricorrere ai dialoghi, slitta inaspettatamente nel didascalicismo. L'andamento è onirico, indefinito, come il sorriso disarmante della madre ("io ti ho creato") che riaffiora a tradimento sulle labbra del figlio. Centrati Castelitto e Degli Esposti.
Bellocchio non finisce mai di sorprendere. In questo film, coraggiosa e senza remora è la sua critica contro il bigottismo cattolico, cui egli contrappone, con l'ineccepibile ed intensa interpretazione di Sergio Castellitto, il pensiero razionale della società laica (non necessariamente atea od agnostica), non assoggettata passivamente (secondo l'assioma apologetico tertullianesco "credo quia absurdum") ai rigidissimi dogmi della fede. Visione consigliata a tutti, credenti e non, specie nelle sale cinematografiche parrocchiali.
Film che si riassume in un antico motto: "Chi sa fare, fa. Chi non sa fare nulla insegna. Chi non sa nemmeno insegnare, dirige". Il mondo è pieno di gente che non sa cosa sia il cristianesimo perché s'è sempre guardato bene dal praticarlo. In compenso però, è sempre pronto a fare i conti in tasca alla Chiesa e ad insegnare ai sacerdoti come fare il loro mestiere (e poi sono loro a lamentarsi delle ingerenze della Chiesa nella vita altrui). Tristezza...
Bellocchio ci ha abituato ai toni estremi e grotteschi e anche qui non si smentisce descrivendo l'ingerenza della religione cattolica nel tessuto sociale italiano attraverso un'improbabile storia di beatificazione. Il mondo clericale è deformato, caricaturale, così come quello laico che usa il potere della religione come elemento di riscatto o di affermazione. Solo la purezza dell'amore ci può salvare e Castellitto convince nel suo sincero smarrimento. Eccessivo.
MEMORABILE: Straordinaria Piera Degli Esposti nel suo efficace discorso sulla convenienza pratica del processo di beatificazione.
L'ora di religione è quella del conflitto interiore di chi finalmente si interroga sull'esistenza o meno di una parte di umanità, quella che crede in Dio. L'uomo (un grande Castellitto) posa il proprio sguardo su ciò che non riesce a comprendere con naturale diffidenza permettendogli di conoscere un mondo nuovo che lo trasforma rendendolo in grado di accogliere il pensiero altrui. Ogni personaggio diventa allora un'occasione per scavare nella sua intimità, facendogli vivere in prima persona ciò che non ha mai osato approfondire. Bellissimo.
Pittore viene coinvolto suo malgrado nel processo di beatificazione di sua madre, perseguito dalla famiglia con lo scopo di riacquistare il prestigio sociale perduto... Poco convincente sotto il profilo della critica a certo clericalesimo, in quanto colpisce un bersaglio caricaturalizzato troppo facile e lo fa per giunta fuori tempo massimo, il film di Bellocchio vale soprattutto come ennesima radiografia di legami famigliari travagliati quando non patologici, da sempre tema caro al regista. Bravo Castellitto, mentre il resto del cast fornisce prove assai diseguali.
Grande opera di Bellocchio che, dopo essersi liberato della psicanalisi e prima di ripiegare nella fiaba, ritrova occasionalmente la forza dirompente degli esordi. La cornice grottesca (l'incontro con l'internato psicotico, il duello al primo sangue con il principe romano) e onirica (l'enigmatica insegnante di religione) non strozzano mai il film trascendendo nell'assurdo e l'allegoria di fondo rimane sempre trasparente. Cast di pregio, film notevole.
MEMORABILE: La liberatoria bestemmia del fratello muto.
Pittore ateo viene contattato per la beatificazione della madre. Bellocchio affronta piuttosto direttamente le manovre ecclesiastiche, i vantaggi per i familiari e chi rifiuta di credere. Castellitto è notevole nell'esprimere una sincera incredulità e per come si disinteressa a dinamiche miracolistiche. Qualche passaggio è farraginoso (il figlio invasato, l'amante insegnante, la visita al Papa), anche se le componenti grottesche mischiano bene le carte e variano un discorso facile alla polemica.
MEMORABILE: La bestemmia, anche se risulta gratuita; Il duello interrotto; La Degli Esposti che parla del prestigio che si può acquisire.
Sullo stile di Marco Bellocchio nulla da eccepire. Il film comunque si regge tutto sul grande carisma del personaggio di Sergio Castellitto, il pittore Ernesto Picciafuoco la cui visione fortemente anticonformista (si direbbe quasi "bastian-contraria") influenza ogni avvenimento e situazione narrati; alla fine, però, resta una sensazione di opera egocentrica e narcisistica alla Nanni Moretti che alcuni spettatori potrebbero trovare anche irritante. Blasfemia a livelli inarrivabili (e rischia di essere uno dei pochi fattori positivi).
MEMORABILE: La doppia bestemmia urlata dal fratello malato di Ernesto come sfogo liberatorio.
E meno male che dietro la macchina da presa c'è Marco Bellocchio, che pur non raggiungendo le precedenti vette dirige sempre con maestria, non disdegnando qui una certa visionarietà. Il film è però caratterizzato da un ritmo soporifero e la critica di fondo non lascia veramente il segno, è molto fiacca. Il tutto va di pari passo con la recitazione, scadente. Castellitto passa da un sussurro all'altro e marca una prova appena sufficiente, seppur risulti il migliore di tutto il cast. Mediocre e noioso.
Eccone un altro che ha un rapporto controverso con la religione! Satira graffiante (a partire dall'improbabile trama nella quale una donna dominante con i figli ma fervente cristiana viene beatificata sulla base di un presunto miracolo) che affonda gli artigli grazie al protagonista (un bravissimo Castellitto, che attrae e coinvolge lo spettatore come una calamita), un ateo tormentato e perso nella moltitudine di credenti (reali e non) dal comportamento ambiguo (ottima in tal senso la colonna sonora in grado di permeare l'atmosfera di un alone a tratti macabro). Coraggioso.
MEMORABILE: Il guanto di sfida; Lo pseudo Gesù in strada; Gli scoppi di irrefrenabile riso da parte di Ernesto Picciafuoco (occhio ai vari cognomi!).
Mai estraneo al surreale, il cinema di Bellocchio qui ne interpreta diremmo la quintessenza, muovendosi in quel liquido territorio tra onirico e ironico come due alternativi punti di vista sull'attuale e l'universale. L'intuizione del sorriso "doppio", come acquiescenza reazionaria (la madre "santa") e scettica resistenza comunque inane, incapace di intervenire sul reale (l'artista) è sintomatico di un regista dall'intelligenza in sommossa, autentico (ap)picciafuoco fuori da ogni convenzione e schema. Cast tutto in odor di canonizzazione con Bertorelli e Degli Esposti aureolati.
MEMORABILE: Le sorelle Letizia e Marialuisa; Il duello col Conte; Il "discorsetto" di zia Degli Esposti; Chiara Conti e la Lustig; In manicomio; Imparato/Alberti.
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B. Legnani ebbe a dire: Kanon ebbe a dire: Fantastica la Rai che censura le "bestemmie".
Non è così illogico...
No infatti. Volevo rimarcare la ridicolaggine (una delle tante) della scelta fatta in Rai. Oltretutto, come ricordava Raremirko, la scena in questione è abbastanza catartica e funzionale alla trama del film.
Poi vabbè, ognuno si sente offeso da ciò che più gli aggrada.
DiscussioneDaniela • 7/08/17 22:07 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Una nota per spiegare perché nel commento parlo di processo di "beatificazione" e non di "santificazione": non si tratta di un lapsus, ma di una pignoleria.
Nel film la famiglia del protagonista sta portando avanti l'istanza perché la madre venga proclamata "santa", adducendo una miracolosa guarigione dovuta alla sua intercessione celeste.
Ma non si può essere proclamati "santi" senza prima aver acquisita la qualifica di "beati".
Da alcuni secoli infatti la Chiesa cattolica impone la beatificazione come tappa obbligata del processo di canonizzazione, al termine del quale un defunto può o meno essere riconosciuto santo.
Esempi illustri sono quelli di Padre Pio, proclamato beato nel 1999 e santo nel 2002, e di Madre Teresa di Calcutta, beata nel 2003 e santa nel 2016. Possono intercorrere molti anni fra la beatificazione e la canonizzazione (ossia la proclamazione di santità), ed alcuni possono rimanere beati per un tempo indefinito.