"Il viaggio "spirituale" in India di tre fratelli (Wilson, Brody, Schwartzman) per raggiungere lì la madre (Angelica Huston), colpevole assente al funerale di loro padre. Un viaggio in treno per l'appunto, come suggerisce il titolo italiano, in cui la gran parte dell'impatto risiede nella coloratissima messa in scena, esaltata da una fotografia strepitosa. Le vere qualità del film tuttavia si esauriscono qui, perché poi la farraginosa sceneggiatura di Anderson, Schwartzman e Roman Coppola non trova una storia capace di dare un senso alle pacate elucubrazioni dei tre, che finiscono col sembrare quasi improvvisate, nella loro inconsistenza. Poco accade, nelle...Leggi tutto tappe del viaggio, in linea con l'anti-spettacolarismo di Wes Anderson; ma di nuovo il rifiuto programmatico della banalità rischia di trasformarsi in un paravento con cui nascondere una preoccupante carenza d'idee. Un cinema che procede per immagini, contentandosi di stupire coi colori per restituire una cartolina insolitamente patinata e caramellosa dell'India. Quell'alone di surrealismo tipico dello stile di Anderson non manca naturalmente nemmeno qui, ma pare maniera, marchio di fabbrica un po' come la presenza pretestuosa di Bill Murray, giusto un paio di minuti muti in apertura e una comparsata nel finale. Leggero e impalpabile...
Wes Anderson ha scoperto la panoramica a schiaffo. Questa pare l'unica novità dell'opus 5 del regista che, per il resto, rimesta nel solito repertorio fatto di bizzarrie studiate a tavolino raccontando ancora una volta di figure paterne (e materne) ectoplasmatiche e di figli conseguentemente problematici. Nulla di nuovo, quindi, rispetto a I Tenenbaum ed a Steve Zissou, eppure, sebbene sia, forse, il suo lavoro meno originale (la ricerca dell'eccentricità nell'esotismo è spia di un estro calante), Il treno per Darjeeling sembra più sincero.
Continua il viaggio nel senso di Wes Anderson in questo autentico cinema della dispersione in cui le traiettorie estetico-diegetiche coludono e collidono intersecandosi per - forse - divaricare per sempre. Paesaggi, personaggi, oggetti inscritti irrinunciabilmente dentro l'universo staticamente dinamico della rappresentazione, implosione del senso dai massimi sistemi fino a piccoli puntini rossi indù da applicare in fronti madide di avventurosi sproloqui familiari, un universo semantico divertitamente incontenibile.
Sì, abbiamo notato tutti il parallelo viaggio/viaggio interiore etc etc bla bla bla... ma il film ha un buon effetto soporifero che, ovvio, di tanto in tanto dà qualche scossone con buone trovate come il treno che si è perso, la mamma che fugge.. Wilson dei tre è il meno efficace, nonostante il suo possa considerarsi un ottimo personaggio (forse quello che voleva essere il meglio caratterizzato). Brody bravo e anche Schwartzman, con le sue opere letterarie ben in evidenza. Comunque il film mi ha deluso decisamente. Noiosetto!
Se non ci si ossessiona a cercare il genio, si scopre ne "Il Treno per il Darjeeling" un sincero regista emotivo. In un panorama che vede spesso il cinema di massa americano privato dell'approfondimento dei personaggi, una caratterizzazione calorosa dei protagonisti è un appannaggio del cinema indipendente non trascurabile. È un Anderson lontano dai virtuosismi elitari dei lavori precedenti, ma sempre disposto a farsi trasportare con estro visivo dalle emozioni. E magari più accessibile a chi si abbandoni nelle braccia di un cast affiatato.
MEMORABILE: I salti sul treno in corsa al rallentatore. Non originali, ma stranamente molto efficaci in questo contesto.
Dopo il mediocre Steve Zissou, il regista Wes Anderson ritrova la sua vena migliore e i temi che gli sono maggiormente congeniali, dirigendo una storia interamente basata sui (difficoltosi) rapporti familiari e su un viaggio che diventa insieme ricerca fisica (della madre) e di armonia spirituale; il tutto nel contesto di un paese (l'India) fotografato in modo suggestivo ma anche realistico con momenti dai toni drammatici. Ottimi cast e colonna sonora.
Il difetto del regista è non vedere il suo stile come stile e basta ma come parola ultima sul cinema e la riflessione sulla vita; deto questo e aggiunto che il film è a tratti pianeggiante, non si può non apprezzare il registro cool e l'ironia sottile dell'autore oltre alla capacità di raccontare alla sua maniera (maniera in tutti i sensi) le peregrinazioni dei componenti di famiglie dissociate. Non nuova la storia di un lutto che muove i vivi ma gradevole e malinconicamente "leggera".
Dopo I Tenenbaum Anderson ritorna alle tematiche che predilige e che l'hanno reso famoso. Lo stile del regista è inconfondibile, con quell'uso frequentissimo e sapiente (anche se a volte può risultare ridondante) del carrello, le caratterizzazioni dei personaggi, l'utilizzo di figure di contorno "importanti"... Coloratissimo, invoglia inesorabilmente alla capatina in India. Bellissima la sequenza dei due funerali. Complimenti al trio Wilson- Brody-Schwartzman.
Ma dov'è l'umorismo intelligente? Se anche ce ne fossero delle tracce (qualche battuta funziona) si perderebbero in mezzo a mille battute forzate e prevedibili che il regista spara a mitraglia senza modulare tempi e modi. Gli stessi tre fratelli sono troppo stupidi, litigiosi e finti; tenerli sempre assieme non è una gran trovata perché amplifica l'effetto irritazione. Insomma, il troppo stroppia. Belli invece i colori e gli oggetti di un'India tutta da contemplare.
MEMORABILE: "Quelle scarpe valgono 3000 $" "Ma te ne ha rubata soltanto una".
Tre fratelli, un treno, un viaggio, una perdita e la fuga dal presente, pochi elementi che compongono un film imperfetto ma visivamente affascinante. Ritornano i nuclei familiari disfunzionali e le storie d'amore anticonvenzionali tanto care al
regista, cose come l'amore per i particolari e la costruzione di microcosmi antirealistici. Anderson dipinge inquadrature suggestive, descrivendo un'India sognante ma evitando derive terzomondiste. In definitiva un ottimo film forse meno compatto e scorrevole dei precedenti. Da vedere.
Altri Tenenbaum, si direbbero i tre fratelli Whitman. Riuniti dal maggiore dopo la morte del padre e la fuga in India della madre, partono per un viaggio spirituale alla ricerca di un legame di famiglia che forse non hanno mai avuto. Il marchio di fabbrica di Anderson sono le inquadrature piene di cose, di persone, di colore. L'affettuosa malinconia con cui, apparentemente senza dire nulla, porta a spasso i suoi personaggi a cui alla fine ti affezioni come ad amici strampalati.
Un viaggio alla ricerca di qualcosa di speciale intrapreso da tre fratelli, abbandonati dalla madre al momento della morte del padre. Una ricerca nel mondo asiatico dove i tre si riscoprono più forti di quello che incece immaginavano. Un viaggio pieno di complicazione dove vengono a galla segreti e pensieri in grado di riunificare uno stato familiare. Simpatico e bello il solito gioco dei colori con cui ci ha abituato il regista, come nel denigrare il pessimismo delle circostanze. Da vedere.
Un film che davvero regala poco. Dispiace che Wes Anderson, un bravo regista, si soffermi ostinamente e profondamente sul tema della famiglia e dell'amicizia. Per quanto queste due componenti possano sembrare belle, in questo film si cade troppo nella retorica e nel patetico. Anderson è un cocciuto-intellettuale, ormai lo hanno capito quasi tutti; i suoi ralenti per di più sono "fastidiosi" come i soliti colori "invadenti", tutto già visto e rivisto negli altri suoi film precedenti.
Wes Anderson è un regista intelligente e fa film digeribili non per tutti quanti. Ed anche se qui tratta il solito tema della famiglia ed i rapporti conflittuali che vi sono all'interno, il regista fa qualche passo indietro rispetto ad I Tenenbaum e Zissou. Bravissimi gli attori, ed i colori sono tutti da godere con gli occhi.
Tre fratelli in viaggio in India per riaccendere una confidenza e ritrovare la madre. L'idea, per quanto poco originale, non era male, ma la storia brilla per una incredibile piattezza, nella assoluta incapacità di divertire o commuovere, far ridere o far pensare. Dopo una prima parte noiosa, il film inizia a ingranare ma senza portare più in là di qualche scena con qualche ideuzza, presto naufragata in una mielosa retorica farcita di trovate ritenute brillanti. Certo, per vedere si vede e fa passare il tempo, ma per il resto...
La regia pop di Anderson si colora di sitar e affida a un i-pod l'attualizzazione di un'atmosfera dal fascino vintage ed esotico, new age sui generis, contorno e confezione particolare per una storia che purtroppo non decolla tra spiritualismi hippie e momenti troppo statici: un gran peccato, nei precendenti film del regista eran proprio la staticità, la noia, l'apatia ad emozionare lo spettatore, ma qui si preme troppo sul freno e le emozioni son poche.
Tre fratelli si ritrovano per un viaggio spirituale in India alla ricerca dell'unità familiare di un tempo... e della madre, che non si presentò al funerale del padre! Divertente sarabanda di situazioni con un Wilson discreto e un ottimo Brody, che pare divertirsi a ricoprire ruoli sempre più "strani" (vedi Predators). È di fatto un train-movie tutto basato sulle interazioni familiari dei tre fratelli. Sceneggiatura spumeggiante che coglie nel segno prendendo in giro le nevrosi (maschili) occidentali. Simpatico cameo di Murray (e della Portman).
MEMORABILE: Wilson che contesta continuamente a Brody di usare oggetti che erano del padre.
Tre fratelli che si sono persi di vista, gravati da un'ingombrante eredità paterna (le valige con monogramma) compiono un viaggio in India alla ricerca della madre perennemente in fuga, suora in un monastero Wes Anderson ha uno stile inconfondibile e anche questo film regala incanti visivi azzurro/arancioni, buffe apparizioni, eccentriche tenerezze, però convince meno dei precedenti, per eccesso di maniera, scarsa definizione dei personaggi, ritmo latitante, gags a vuoto, simbolismo troppo marcato. Da vedere lo stesso, troppo bello il treno...
MEMORABILE: La carrellata notturna all'interno dei vagoni, che termina con la tigre acquattata nell'ombra
Tre fratelli, dopo aver subito un grave lutto, si riuniscono per un viaggio spirituale. Sarà occasione per riflettere sulle loro vite, ognuna con direzioni e intenti diversi; sui rapporti di una famiglia che vuole in qualche modo ricongiungersi e rimanere vicina. Come ormai ci ha abituati Anderson tratteggia con mano sensibile e leggera i suoi personaggi e le loro (dis)avventure. I colori, i paesaggi, la fotografia, la messinscena, la colonna sonora: tutto è funzionale, armonioso ed esteticamente bellissimo. Tuttavia meno profondità rispetto a I Tenenbaum.
MEMORABILE: Le sequenze in slow motion con la splendida colonna sonora.
Buon film, anche se non memorabile per quanto riguarda l'intreccio (in questo senso meglio i Tenenbaum), tuttavia mantiene una buona scorrevolezza. La sceneggiatura, scritta in coppia con Schwartzmann, è molto divertente e tiene alta l'attenzione. L'ambientazione indiana è coadiuvata da una notevole fotografia che rende piena giustizia anche alle scene più "soleggiate". Discreta colonna sonora, specie quando in coppia con i ralenti. Chapeau per l'interpretazione di Brody, Wilson e Schwartzmann, veramente notevole.
MEMORABILE: Il capotreno che sbatte fuori i tre fratelli dal treno. Brody che esclama: "E il serpente ce lo confisca?"
Anderson riacquista lo smalto di un tempo e per farlo si rifugia nel nido familiare, nonostante questo sia una bomba a orologeria colma di dissidi e incomprensioni quasi insanabile. Lo stile andersoniano è riconoscibilissimo: dialoghi fra il surreale ed il comico con qualche spruzzatina malinconica, regia di classe ben sopra la media per il genere, fotografia che privilegia le tonalità calde ed avvolgenti. Notevole l'ambientazione indiana. Al cinema è anticipato dal cortometraggio Hotel Chevalier, sempre dello di Anderson.
Il film inizia con una rincorsa al treno in partenza. Quello che sembra non partire mai è il racconto: l'umorismo è così contenuto che diventa difficile da cogliere e non basta la stramberia dei personaggi (consueta nel cinema di Anderson) a dare un po' di ritmo. E dire che il racconto di viaggio sarebbe uno dei modi più facili per accumulare situazioni simpatiche, trovate originali, espedienti retorici; invece tutto scivola nella noia, praticamente senza lasciare traccia.
Alla fine il viaggio spirituale in un'India fotografata in modo che ci si vorrebbe andare appena finita la proiezione, i suoi risultati li ha dati. I tre fratelli, che più diversi tra loro non potevano essere, si ritrovano (anche se si erano già ritrovati in occasione del salvataggio dei piccoli "naufraghi"). Due parti ben distinte, quella sul variopinto treno e quella lungo le polverose strade indiane (forse la migliore), dove il contatto con gli indigeni è meno turistico e dove il film riesce a far respirare i profumi di una terra incantata.
MEMORABILE: Anjelica Huston: "Forse riusciremmo ad esprimerci più pienamente se lo dicessimo senza parole"; Il capotreno.
Dà l'impressione di salire a bordo, con i tre schizoidi ma simpatici fratelli, sul "lussuoso" treno che fa tuttavia ridere del suo personale fiscale ma abituato alle stravaganze degli occidentali. Il topos che corre sui binari è la fuga da sé stessi (cioè dai ruoli imposti o immaginati) alla ricerca del proprio senso identitario e della propria dimensione spirituale (attraverso le metafore del caso), per poi stanare il complesso, invisibile confine tra vincoli archetipici della famiglia e libertà.
MEMORABILE: Il treno stesso che perde la rotta, evento tanto surreale quanto significativo per meglio capire la distanza tra l'idea di "mezzo" e quella di "meta".
Stravagante ed eccentrico film del talentuoso Wes Anderson, preceduto dal piacevole corto Hotel Chevalier (con Natalie Portman). Il viaggio indiano di tre fratelli è un alternarsi di momenti più o meno riusciti, con gag divertenti e altre assolutamente inutili e noiose. Lo stile del regista è inconfondibile e unico ma non basta a riempire un vuoto di trama talvolta imbarazzante.
Film di Wes Anderson, come suo stile film molto colorato e dalla stupenda fotografia. Tre fratelli sono in cerca di spiritualità e di fiducia. Il regista (nonché scrittore della storia) mette in luce e stravolge gli intenti iniziali dei fratelli, evidenziando, con metafore visive, qual è secondo lui la via interiore dell'uomo. Musiche stupende. Da vedere.
Apprezzabile e non semplice tentativo di raccontare una storia di percorsi interiori, singolari e familiari, con toni da commedia. Il vero problema è che la psicologia dei tre protagonisti rimane così oscurata dai loro paradossali caratteri (portati davvero all'estremo da Anderson) che quello che rimane è poca cosa. All'interno del film vi è anche un confronto accennato tra occidente e oriente, anche questo riuscito solo in parte. Regia abbastanza inconfondibile, ma il film si dimentica in fretta.
Dopo le incerte Avventure acquatiche il regista ritorna a parlarci di una famiglia particolare attraverso la storia di tre fratelli alla ricerca di sé stessi e della madre divenuta suora in India. I trentenni in crisi esistenziale ricordano quelli di Marrakech Express, il ritratto familiare sui generis quello dei Tenenbaum. Ma malgrado la bella ambientazione indiana, l’oggettistica sempre varia e colorita, i rimandi al cinema di Satyajit Ray e la solita attenzione per la parte musicale, Anderson tende a ripetersi sempre con minor entusiasmo.
MEMORABILE: Il tentativo di salvataggio sul fiume; L’iniziale e la finale rincorsa la treno in partenza sulle note dei Kinks; Il flashback sul funerale del padre.
Tre ricchi fratelli inclassificabili prendono a pretesto la morte del padre per recarsi in india a trovare la madre assenteista. Commediola on the road che per essere simpatica a ogni costo impone alla sceneggiatura stramberie che sanno tanto di deliberato non sense con risultati miseri. I protagonisti sono tra i meno credibili che si siano mai visti, e di per sé, il film si tiene in piedi essenzialmente sull'aria fascinosa da treno indiano vecchio stile che hanno le carrozze.
Anderson cerca di vivacizzare il racconto ricorrendo a una fotografia coloratissima, ma è davvero l'unica cosa convincente della pellicola. Per il resto si può contare su un inizio spiazzante col suo "falso" protagonista: Bill Murray sparisce infatti dalla scena dopo un paio di minuti per riapparire brevemente (e inutilmente) verso la fine. Il resto il film è di una inconsistenza incredibile, con tre fratelli che girovagano per l'India senza alcun costrutto. Il cinema del regista è personale e lontano dalla stereotipizzazione della Hollywood mainstream, ma in questo caso non basta.
D'amore di morte e di altre sciocchezze, direbbe Guccini. Nelle pellicole di Anderson è sempre così, e questa non fa eccezione; succede un'infinità di cose e ognuna di esse potrebbe essere il soggetto per un altro film. L'intensità dei momenti più drammatici è stemperata da una sottile ironia, incarnata soprattutto dal personaggio di Wilson, ma anche dal burbero capotreno. I paesaggi sono descritti e fotografati in modo splendido e la colonna sonora è un viaggio nel viaggio. Impossibile non restarne affascinati.
Sei anni dopo I Tenenbaum, un'altra famiglia disfunzionale messa in scena da Anderson nel suo stile tipico e inconfondibile. E il meglio della pellicola sta proprio in questo, con i raffinati e attenti cromatismi tanto cari al regista di Houston. Per il resto si assiste a una sorta di film on the road - qui però col treno - in cui tre fratelli cercano la pacificazione tra loro ma anche una svolta spirituale che dia un nuovo senso alle loro vite; ovviamente non mancheranno i contrattempi. Purtroppo però la comicità è un po' troppo spuntata e sono pochi i momenti che vanno a segno.
MEMORABILE: La carrellata notturna, con il disvelamento del destino di vari personaggi.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
Leggo nella recensione di Blutarsky che il film durerebbe due ore (più un corto).
In realtà il film trasmesso da Sky (non penso tagliato) durava si e no 1h35m.
DiscussioneZender • 27/07/09 21:35 Capo scrivano - 48839 interventi
Ah, bella questa! Ma durava due ore anche la versione italiana? Non sarebbe la prima vlta che in Italia tagliano allegramente i film...
...non ho sbagliato, in realta sono uno dei pochi in possesso della rarissima versione da due ore del film donatami da bill murray in persona! :-)
a parte gli scherzi errore madornale, sarà che il film non è dei più scorrevoli ma ero convinto di una durata sulle due ore.
Zender se sei d'accordo oggi ti invio due righe di correzione per la recensione per evitare ulteriori confusioni
DiscussioneZender • 28/07/09 10:06 Capo scrivano - 48839 interventi
Blutarsky ebbe a dire: ...non ho sbagliato, in realta sono uno dei pochi in possesso della rarissima versione da due ore del film donatami da bill murray in persona! :-)
a parte gli scherzi errore madornale, sarà che il film non è dei più scorrevoli ma ero convinto di una durata sulle due ore.
Zender se sei d'accordo oggi ti invio due righe di correzione per la recensione per evitare ulteriori confusioni Certo che son d'accordo. Fai pure quando vuoi e io correggo.
HomevideoRocchiola • 30/10/18 10:12 Call center Davinotti - 1318 interventi
In Italia solo in DVD su concessione della 20th Century Fox con video nel corretto formato panoramico 2.40. L’immagine è pulita e presenta una buona definizione, i colori che hanno un’importanza fondamentale nelle opere di questo regista, sono vivi e ben bilanciati. L’audio italiano 5.1 fa il suo dovere. Certo negli Usa come per I tenenbaum c’è lo splendido bluray della Criterion ed anche negli altri paesi europei è uscito in bluray marchiato Fox, però nessuna di queste edizioni contempla la traccia audio italiana.