Un film tutto di regia, un gotico vecchio stile cui Antonio Margheriti (tra i più quotati specialisti del genere) dà una solidità e una classe che la misera sceneggiatura da sola non avrebbe mai potuto garantire. In fondo è la solita storia della strega (Barbara Steele) che ritorna per vendicarsi di chi (Giorgio Ardisson) fece al tempo condannare la madre al rogo. Ambientato in un castello ricco di passaggi segreti e corridoi bui da percorrere con il terrore dipinto sul volto, il film si avvale di un suggestivo bianco e nero per dare profondità alle scenografie e ai volti dei protagonisti. Barbara Steele si conferma icona del genere per i suoi sguardi freddi e intensi,...Leggi tutto Ardisson fa quel che può per rendere credibile il suo spietato personaggio: sposa dapprima la figlia della strega arsa viva per poi innamorarsi della di lei sorellastra, che giunge misteriosamente a castello e pare voler cedere alle sue lusinghe. Storie di pozioni avvelenate, complesse macchinazioni omicide, doppi giochi e apparizioni spettrali. Margheriti (che al solito si firma Anthony Dawson) fa ricorso a tutti i luoghi comuni del genere cercando di infondere loro quella qualità che spesso mancava ai gotici di serie B prodotti in Italia a bizzeffe. Vi riesce, esteticamente, ma nulla può per lo squallore del soggetto e soprattutto della sceneggiatura, riciclati fondendo elementi tipici senza alcuna fantasia. Nonostante lo scintillio della confezione un horror superfluo e lento.
Tipico gotico anni Sessanta a base di streghe, maledizioni, teschi, complotti ed avvelenamenti, costruito sulla bellezza fatale e spettrale dell’iconica Barbara Steele, ancora in un doppio ruolo di vittima e carnefice come nel baviano La maschera del demonio. Degno di particolare interesse l’epilogo con il rogo - sembra anticipare quello dell’ottimo The Wicker Man di Robin Hardy -, riscatto di una parte centrale appesantita da digressioni melodrammatiche che intorpidiscono l'andamento e diradano le atmosfere tessute dal tetro bianco e nero di Riccardo Pallottini.
MEMORABILE: La scena del cadavere nella bara che, mosso dai topi, sembra respirare e riprendere vita.
Gotico girato con estrema competenza tecnica: affascinante per l'ottima ricostruzione medievale (è ambientato nel 1499!), le belle interpretazioni ed il continuo apparire -qua e là- di icone ascrivibili al macabro e all'horror (ragnatele, temporali, tombe, cripte e scheletri). Barbara Steele è forse al top del suo fascino (sfuggente e moderatamente macabro) ed il tutto giustifica, in parte, la banalità della sceneggiatura: condanna per stregoneria, esecuzione davanti alla croce, ritorno dall'aldilà, seduzione della megera...
MEMORABILE: Il coro (in latino) che accompagna il rito funebre del conte Humboldt.
Un altro bel gotico, con la Steele (che scandalosamente per l'epoca mostra il seno) che interpreta un doppio ruolo: quello di donna morta che si vendica dei suoi assassini e di discendente della stessa. Margheriti gira con molta classe e l'ambientazione medievale (in particolare il beffardo finale) funziona benissimo. Da rivalutare.
MEMORABILE: La punizione che spetta all'ultimo colpevole.
Non a livello dei suoi migliori. Ritorna la sempre grande strega Barbara Steele in un doppio ruolo, il bianco e nero e purtroppo anche la lentezza di Danza Macabra. Bella ambientazione medievale, avvelenamenti, maledizioni, teschi e altre immagini forti. Soggetto e sceneggiatura piuttosto traballanti. Ardisson tremendo. Nella trilogia gotica di Margheriti il meno incisivo ed originale.
Rapinoso e shakespeariano, tutto ravvolto nelle torbide spire psicologiche dei protagonisti, è un gotico maturo e pregevole che cerca - e trova - nuove coordinate a un genere ormai asfittico, imbrigliato da troppi stereotipi. Ipnotizzante, cupo e naturalistico, relega consapevolmente l’elemento fantastico ad un ruolo accessorio, atmosferico, utile più che altro a conferire un malsano clima necrofilo al profilarsi delle passioni chiamate in causa. L’andamento sonnambolico del tortuoso racconto si apre in un finale inatteso e ghignante, che evoca l’irridente dissoluzione delle Danze della Morte.
Margheriti non è Corman, però si deve dire che riesce nel suo intento, cioè di trasmettere quella cupezza ed aria gotica che c'è in un castello medievale (non ai livelli del regista americano). Barbara Steele si conferma più che ottima nel ruolo di dark lady. Cult.
Un horror movie non male, considerato il periodo in cui si girava e la storia che tratta. Un'opera interessante che coinvolge in vari momenti. Barbara Steele si conferma brava e più che adatta alla parte. Ironica la soluzione di Antonio Margheriti che propone un buon horror a tratti molto vicino alla saga di Roger Corman dedicata a Edgar Allan Poe.
Un bell'horror gotico firmato Margheriti. Il bianco e nero esalta la bellezza tenebrosa della dark lady Barbara Steele, attrice-feticcio di molti gotici italiani. L'ambientazione medievale dà un tocco di classe e la sempre buona fotografia del regista rende questo horror godibile sia per gli amanti stretti del genere che per gli spettatori dell'ultima ora. Prova interessante, soprattutto in relazione all'epoca e ai pochi mezzi disponibili. Peccato che di horror così non se ne girino più.
Favoloso film del prolifico Margheriti. Un gotico splendidamente diretto con una bellissima fotografia. Molto belle le ambientazioni con attori e caratteristi di esperienza del cinema di genere italiano che ci regalano una chicca del genere. Gioiellino.
MEMORABILE: Ardisson viene a scoprire che forse la moglie in realtà non è morta: non ne è sicuro ma ne è terrorizzato...
Escludendo le solite ingenuità narrative (che ci possono pure stare quando si parla di cinema serie-b) e la prevedibilità della storia, si può considerare questa una interessante pellicola. Il grande Antonio Margheriti si conferma un grande trascinatore inserendo nei suoi film atmosfere adeguate. Qui l'aria gotica si fa sentire ed anche la tensione che l'avvolge. Barbara Steele è sempre affascinante, convincendo anche sul lato artistico. Non sottovalutare la colonna sonora.
Anthony Dawson (Antonio Margheriti) HA DIRETTO ANCHE...
Vagamente ispirato a Carmilla nella trama, ma ambientato nel medioevo tra soprusi, crimini, pestilenze e fantasmi. Ottima la parte iniziale del rogo e l'atmosfera buia dell'intero film, con momenti da tragedia teatrale e rimandi alla necrofilia. Il film è inferiore all'altro gotico in bianco e nero di Dawson-Margheriti con la stella del'horror italiano Barbara Steele. La storia si lascia seguire poco e nell'insieme il film ha alti e bassi.
Solido ed efficace horror gotico di Margheriti con l'icona Barbara Steele che non fa rimpiangere le streghe dei capolavori di Bava. Il clima claustrofobico dell'interno del castello è ben reso così come ardimentoso ed originale è il finale con vendetta. Gli si possono rimproverare evidenti lungaggini nella sceneggiatura che non sempre la regia riesce a compensare. Francamente però godibile a livello di forma cinematografica e di spettacolo.
Secondo gotico di Margheriti con le nebbie, il maniero, i revenants e le pestilenze di prammatica, in un tripudio di esilaranti pseudonimi anglicizzanti ("Evirust" Rustichelli?). Barbara Steele+corridoi, c'è tutto il necessario e la regia è squisita. Certo Ardisson dovrebbe essere l'anima dannata e invece è un po' bischero, nè la Zalewska giustifica il di lui iniziale arrapamento (e infatti appena arriva la Barbarona... ) ma non si può avere tutto. Il finale riscatta qualche balbettìo. Buono.
Cupo, cupissimo questo gothic movie dove agli usuali elementi paurosi (le streghe, i cunicoli segreti, le pozioni avvelenate) si aggiungono efferati omicidi e dove i cattivi sono cattivissimi e i buoni vittime immolate che avranno il giusto riscatto. Da godere dall'inizio alla fine, ininterrottamente, come un vino amarognolo, d'annata e di gran pregio...
La passione di Margheriti per il gotico prende forma in questa splendida pellicola. Tetro ed oscuro il maniero, abitato dai fantasmi della coscienza che si incontrano con quelli evocati dalla vendetta della donna, condannata come essere dedito alla magia nera. Oltre alla fascinosa figlia della "strega" troviamo un perverso signorotto dedito all'alcool e alle passioni segrete e vietate, disposto a tutto pur di appagare i piaceri della carne, come un perfetto demone terreno. Temi classici, sviluppati bene e senza paura di mostrare quanto necessario. ***!
MEMORABILE: La "strega" bruciata e la sua maledizione; L'assalto "sessuale" alla Steele, ripreso in maniera ardita e spregiudicata.
Solido gotico dall'ottima ambientazione medievale e infarcito di tutti gli stereotipi del genere (la strega mandata al rogo, la maledizione, il ritorno dall'aldilà), che inizia in modo avvincente, rischia di afflosciarsi nella parte centrale per poi riemergere bene nel finale. La Steele è una certezza e Margheriti dirige con la solita competenza anche se, rispetto a La vergine di Norimberga e Danza macabra, stavolta difetta un po' in originalità. Bella fotografia e atmosfere riuscite (ma questa, per i gotici italiani, era la prassi).
Il gotico margheritiano affossa nei meandri narcolettici del feuilleton e del romanzo d'appendice, annaspando in amori tormentati e voglie sessuali da romanzo Harmony. Nulla possono la glaciale bellezza della Steele, la suntuosa fotografia in b/n di Riccardo Pallottini e alcune (poche) azzeccate atmosfere macabromorbose. Il finale alla "uomo di vinimi" regala qualche sussulto. Tra rimandi a Poe, streghe bruciate sul rogo, cospirazioni, resurrezioni e maledizioni il tedio cala inesorabile. Si riconosce, comunque, una certa cura stilistica e ambientale. Narcogotico.
MEMORABILE: Il finale alla Wicker man piuttosto feroce e impietoso; Il cadavere putrefatto nella cripta; La strega che maledice sul rogo; La sinuosità della Steele.
I titoli di testa della pellicola chiaramente indicano i tratti del film: "Nel xv secolo la crudeltà, la superstizione e mali spaventosi incombevano sull'umanità". Nel cast come di consueto in questo genere Barbara Steele la fa da padrona, coadiuvata da un bravo Ardisson nei panni del morboso e superstizioso Conte Kurt. Segrete e castello fanno da scenografia, buoni gli effetti speciali curati come di consueto dal regista.
Una buona storia gotica degna del migliore Edgar Allan Poe e che ricorda quindi inevitabilmente gli horror di Roger Corman. Tutto o quasi funziona; in particolar modo funzionano l'atmosfera, l'ambientazione e naturalmente Barbara Steele, la regina del cinema horror gotico, qui più affascinante del solito. Nulla da dire su Antonio Margheriti: è un grande.
Tra i migliori gotici del filone italiano, con un Margheriti in piena forma che riesce a compiere ottime divagazioni su un copione di partenza che probabilmente già all’epoca non brillava per originalità. La tensione nasce dal dubbio e gioca un ruolo fondamentale sulla riuscita della pellicola che trova nel fascino arcaico del bianco e nero il giusto collante con le superstizioni e la chiusura mentale del medioevo.
Seconda grandiosa opera gotica di Margheriti. Dopo il primo Danza macabra il regista ci regala questa perla di horror gotico grazie anche a una Barbara Steele ai massimi livelli di erotismo, bellezza e diabolicità. Ottimi il bianco e nero e le ambientazioni sulfuree nel macabro castello. Buone anche le recitazioni di Ardisson e Raho, così come i costumi e il macabro finale.
Bel gotico, nitido, ben avviato nei primi venti minuti e di una certa potenza fantastica grazie alla fotogenia delle interpreti e alla bravura di Raho. Poi la trama ristagna un poco esaurendosi in stanchi andirivieni narrativi: l'atmosfera, costruita con abilità, tende, perciò, a rarefarsi nella prosaicità del racconto. Il contrappasso finale, tuttavia, è parecchio gustoso e ha il merito di anticipare, almeno a livello di blanda suggestione, The wicker man. Belle musiche di Rustichelli.
Horror gotico piuttosto curato ove appare e scompare una splendida e immancabile Steele. Gli elementi tipici del genere sono tutti presenti: l'antica magione e i suoi sepolcri, il rogo e la strega, la moglie e l'amante, intrighi e tradimenti celati da spesse ragnatele e da passaggi segreti. Insomma. La trama, a essere sinceri, non ha proprio nulla di originale e talvolta il ritmo incespica. Lo si guarda volentieri, però, per quella leggerezza e confezione d'altri tempi.
L'inquisizione come peste, la peste come nemesi inquisitoria sul mondo, psicosi e metempsicosi, l'anatema che si fa spirito forse carne vindice, il doppio eterno-etereo femminino, le ferite del gotico che già iniziano a suppurare aprendo al calcio di riGore, quel certo so io che di sexploitami tutta, l'awitchendarsi del cinema da premio Strega, lo spaziar via tutto insieme claustrofobicamente: Margheriti spurga i pozzi neri della kinomagia, cesella cine-energeia che pare sfuggire al suo controllo e farsi dominatrix di schermo occhi cuori emisferi in 94' di Numinosum da stoccolmiana sindrome.
Film sulle streghe intrigante, cattivo, misterioso, con un ritmo serrato e una Steele che non si dimentica per bravura e sensualità (anche il resto del cast è comunque soddisfacente nel dare vita a personaggi ben tratteggiati). Da segnalare inoltre, oltre ai curati abiti medievali, la bella fotografia, l'ottimo montaggio e l'impeccabile snodo della trama. Finale spettacolare che dà soddisfazione.
MEMORABILE: Il tonante quanto inquietante coro in latino durante il funerale del conte.
Niente di speciale questo gotico firmato dallo specialista Margheriti. A metà strada tra horror (di cui conserva la struttura narrativa legata alla maledizione lanciata da una strega) e feuilleton alla Carolina Invernizio, presenta una sceneggiatura risibile alla quale il regista cerca di conferire un qualche interesse dirigendo con la consueta professionalità. Il risultato finale però non riesce a raggiungere la sufficienza proprio a causa della trama che non decolla mai. Unico spunto d'interesse è un finale che anticipa, in qualche modo, quello di The wicker man.
Vigoroso horror di Margheriti dalla pregevole ambientazione tardo-medievale che riesce a trasmettere egregiamente le atmosfere gotiche della vicenda grazie anche alla splendida location del Castello Massimo di Arsoli. La buona prova del cast (a parte un eccessivo Ardisson), la vivida fotografia di Pallottini e le superbe scenografie di Giovannini curate anche nei dettagli ne fanno un valido prodotto di genere, al netto di alcune ingenuità (i fiammiferi nel 1500, la pesante pietra tombale che si sposta con una mano...). Il ritmo piuttosto veloce ne garantisce una visione piacevole.
MEMORABILE: Le armi e gli strumenti musicali d'epoca disseminati nel castello; La scena finale.
Forse non manca nessuno dei molti tòpoi del gotico, dal castello ai teschi, dalle ragnatele al passaggio segreto. Ma il film funziona, perché Margheriti riesce a far nascere emozioni o, in assenza, i nostri sorrisi nel vedere quanto viene portato sullo schermo. Il difetto sta nel troppo brusco cambiamento del personaggio di Adisson, che passa troppo in fretta dalla spavalderia al timore. La Steele fa… la Steele, Raho è sempre un piacere. Colpisce il paragone fra la fine della madre del personaggio della Zalewska (qui sullo schermo), e il modo, nella realtà, in cui morì quest’ultima.
Antonio Margheriti, nome noto ai tarantiniani, gira un gotico dai meccanismi perfetti; la strega bruciata sul rogo e la sua vendetta in tempi di peste e superstizioni (siamo infatti nel 1499). Perfette le luci, così come il bianco e nero, che rendono il castello e le sue segrete ancora più misteriosi. Barbara Steele, regina del genere, non delude e offre perfino un topless alla cinepresa (posto che non fosse una controfigura). La trama è semplice e forse un po' ingenua, ma vale senza dubbio la visione.
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"Margheriti era bravissimo come tecnico, ma non era molto italiano nel senso che non faceva molto... (sfarfuglia ma non si capisce bene cosa voglia dire, n.d.r.)
Gli italiani fanno cose belle, spettacolari, intuitive.
Margheriti era molto privato..."
La ARTUS FILMS ha usato lo stesso master della RAROVIDEO, con le solite imperfezioni della pellicola. Con in più un bel supporto di extra:
- intervista di 10' a Edoardo Margheriti
- intervista di 15' a Luigi Cozzi
- il solito critico francese Alain Petit, in una presentazione del film di 42'
- intervista a Anne Ferlat sulla stregoneria
- libretto di 8 pagine
HomevideoXtron • 22/05/15 17:33 Servizio caffè - 2197 interventi
DVD RAROVIDEO Durata 1h34m31s Video letterbox interlacciato
Secondo Imdb il film è uscito nel 1965. In effetti il visto di censura riportato sul sito di Italiataglia è datato 29 Dicembre 1964. Sembra strano che sia uscito in uno dei due giorni successivi nelle sale (a meno che non sia stato precedentemente proiettato in qualche festival, ma la cosa non mi risulta).
CuriositàZender • 28/09/21 14:48 Capo scrivano - 48430 interventi
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film: