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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Tornato a rappresentare il solo Cetto dopo l'inattesa "autoframmentazione" che aveva confuso le acque nel secondo capitolo della trilogia, Albanese ritrova la forza del suo personaggio ma non un film che riesca a trasferirvi il devastante impatto alla base del successo di QUALUNQUEMENTE. Rifugiatosi in Germania dove vive con la bella Petra (Shulha) un idillio passato glorificando il permissivismo della fiscalità tedesca, Cetto ritorna d'improvviso in patria richiamato dall'aggravarsi delle condizioni di una vecchia zia, che sul letto di morte...Leggi tutto (in realtà si ristabilirà in fretta) gli racconta di quanto lui sia figlio non di un commerciante come credeva bensì di un principe. Sua madre, ricamatrice a corte, venne una sera invitata da quest'ultimo a collaudare le lenzuola appena confezionate lasciandosi poi sedurre. Da quell'unione occasionale nacque Cetto, le cui origini la donna sempre nascose. Ora però che anche un test del DNA conferma la certa discendenza borbonica del nostro La Qualunque, non c'è tempo da perdere. Grazie a maneggi poco chiari e a una crisi in Italia delle istituzioni democratiche Cetto darà vita al Regno delle Due Calabrie, facendosi nominare Re "in tu culu a Cavour!". L'attenzione alle questioni politiche è questa volta assai poco incidente e la satira solo relativa quanto ovvia; quel che conta e interessa, nel film, è che Cetto può comportarsi da regnante con tutti gli annessi e connessi, concedendosi cioè gli agi previsti e muovendosi a castello tra fidi cortigiani e consiglieri, in definitiva tutte spalle che gli diano modo di debordare esercitando la consueta tirannia virtuale e di liberare quanto più possibile il gretto cinismo caricaturale da sempre cifra stilistica del personaggio. E in questo il film funziona ancora: Albanese conferma una capacità unica di cavare sangue dalle rape, di inventarsi battute laddove quasi non esistono ricorrendo a una mimica e un talento umoristico con pochi eguali. Senza mai salire sopra le righe, mantenendo un'ammirevole serietà che ovviamente amplifica la portata comica delle enormi cretinaggini che spara, Albanese si riaggancia a tutti i tormentoni di Cetto (il "pilu" innanzitutto, come prevedibile) per dominare la scena e coprire i difetti di una regia che ancor più che in precedenza fatica a dare organicità e forma al film. Detto di un espediente abusato come quello del popolano che si ritrova nobile d'improvviso dimostrando agghiacciante inadeguatezza nella nuova posizione, non resta che consolarsi con le singole gag in attesa che un'espressione, una parola, uno sguardo di Albanese le vivifichi nobilitandole. Ci riesce, certo, ma la storia è sfilacciata, poco indicata a reggere la lunga durata, popolata di personaggi che quasi mai si dimostrano all'altezza del mattatore. Si procede per inerzia, accostando le scene come fossero sketch guidati da un attore che catalizza su di sé ogni attenzione, unico vero motivo d'esistere di un'opera che in mano ad altri non reggerebbe mai; e anche il rapporto col figlio Melo, diventato sindaco di Marina di Sopra (il paese un tempo dominato da Cetto), non ha più quei tratti parodisticamente pedagogici che in QUALUNQUEMENTE avevano fatto da delizioso contorno. Resistono il sussiegoso servilismo di Pino (Rignanese), il fascino di certe ambientazioni montane e poco altro, perché il substrato narrativo latita e non ci vuole molto per accorgersene. Però Cetto c'è, senzadubbiamente! E non è poco.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 23/11/19 DAL DAVINOTTI
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Markus 23/11/19 18:26 - 3682 commenti

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Terzo capitolo di Cetto La Qualunque, che lasciati i panni della politica vive e lavora in Germania fino a quando dovrà tornare in Calabria... La saga inizia a mostrare stanchezza: Antonio Albanese, pur bravo e su questo non ci sono dubbi, risulta ripetitivo e perfino a tratti scontato. Il "pilu" insomma non fa più ridere, ma sarebbe il meno se la vicenda a supporto fosse più tagliente. La fiacca si traduce in mancata risata (il silenzio in sala è assordante), che per un film comico è un po' come una sciagura che si doveva evitare.

Rambo90 23/11/19 23:32 - 7679 commenti

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Migliore del precedente perché più divertente e perché far tornare Cetto unico protagonista è una mossa vincente. Bisogna però dire che, al di là di un'idea di partenza simpatica, il film sconta una sceneggiatura con poche idee vere e che ripropone parecchie battute e gag già viste in Qualunquemente. Comunque si ride e anche tanto, nonostante una costruzione a sketch che alla fine rischia di far dimenticare presto il tutto. Finale un po' a caso, Albanese in palla.

124c 25/11/19 02:34 - 2914 commenti

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Cetto La Qualunque, dopo aver scoperto d'essere figlio illegittimo di un principe grazie alle rivelazioni di una una vecchia zia morente (divertente che questa non muoia mai), si prepara a diventare il re delle Due Calabrie. Se l'intento di Antonio Albanese e Giulio Manfredonia era di far dimenticare il passo falso di Tutto tutto niente niente e di ritornare alle atmosfere e ai personaggi di Qualunquemente ambientando il tutto in un clima monarchico e irriverente, l'operazione è parzialmente riuscita. Adatto per "staccare il cervello".
MEMORABILE: Le consuete battute sul "Pilu"; Il prologo in Germania con moglie bionda, suoceri e figlia piccola; Il discorso del futuro re; La scoperta finale.

Digital 26/11/19 22:49 - 1257 commenti

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Arrivati al terzo capitolo di Cetto La Qualunque si percepisce una certa monotonia nelle gag, alcune delle quali riprese dai capitoli precedenti. La bravura di Albanese non si discute ma il film, dopo un inizio se non irresistibile quantomeno discreto, finisce per girare a vuoto, con battute che solo sporadicamente mettono di buon umore. Nota di demerito per il finale musicale e il cast di contorno, non proprio all'altezza del protagonista. Si può bypassare tranquillamente senza troppi rimpianti.

Paulaster 9/12/19 10:25 - 4391 commenti

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Cetto torna dalla Germania e scoprirà origini nobiliari. Nuovo episodio nel quale si segnala un calo delle volgarità gratuite a favore di una sceneggiatura che punta a dissacrare la politica. Parte centrale coi nobili con qualche spunto simpatico e piccola sorpresa (il punto migliore della regia). Conclusione repentina che punta a un pubblico giovanile e che suona furbesca e fuori luogo, data la storia monarchica. Anche il ruolo del figlio ambientalista serve solo per qualche scarsa battuta.
MEMORABILE: Il letto a baldracchino; I nobili che non hanno mai lavorato; Da deputato a vassallo; Le tele coi visi incollati.

Gabrius79 12/12/19 07:25 - 1420 commenti

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Terzo capitolo della saga di Cetto La Qualunque. Sicuramente migliora rispetto al precedente, ma non raggiunge la graffiante ironia del primo. Qui c’è spazio per alcune battute che vanno a segno grazie a un Albanese in forma, ma tutto il resto alla fine mostra una certa stanchezza, probabilmente per mancanza di idee e per un cast secondario non troppo brillante. Finale buttato lì a casaccio con il cameo francamente inutile di Gue Pequeno.

Redeyes 7/04/20 07:43 - 2443 commenti

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Senzadubbiamente siamo alla fine della corsa per Cetto. Pellicola che corre più sugli sketch che su una trama ben orchestrata poggiando sì, giustamente, sul protagonista, ma i pochi respiri lasciati ai comprimari poco si amalgamano con la storia. Con questo andamento, che peraltro lascia per strada poche risate, si giunge a un finale a sua volta slegato che è simpatico ma niente più. L'incipit teutonico lascerebbe ben sperare, ma è una mera illusione mentre la formazione del futuro re tende a tediare ben presto. Noioso.

Galbo 14/04/20 18:21 - 12380 commenti

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Vero e proprio "animale da palcoscenico", storicamente meno efficace al cinema, Antonio Albanese riesuma il suo personaggio storico Cetto Laqualunque conferendogli velleità regali. Più riuscito del secondo capitolo, Cetto c’è conferma il problema atavico delle debolezze delle sceneggiature, affidando i momenti riusciti alla brillantezza del protagonista e di qualche comprimario ben scelto in un film che comunque “arranca” alla distanza nonostante una lunghezza ragionevole.

Nando 17/04/20 16:29 - 3810 commenti

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Cetto vive in Germania con i suoi soliti metodi cialtroneschi quando deve ritornare in Italia dove apprenderà di essere l'erede di una nobile casata. Albanese ripresenta il personaggio sciorinando le abituali peculiarità e le battute che hanno reso celebre il personaggio, si contorna di comprimari simpatici e il film scorre velocemente, vista anche la breve durata. Azzeccato il finale alla Napoleone con la partecipazione di Gué Pequeno.

Pessoa 20/05/20 21:55 - 2476 commenti

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Ultimo atto della "trilogia du pilu", il film di Albanese e Manfredonia si discosta ulteriormente, rispetto ai capitoli precedenti, dall'attualità politica ma finisce per inciampare in una storia poco credibile, indebolita dalla mancanza di punti di riferimento sui quali far convergere la propria satira. La maggior parte delle battute strappano la risata, spesso convinta, ma la trama si inerpica incerta per strade, come quelle dell'onorico e del grottesco, che il protagonista sviluppa meglio a teatro. Finale troppo arrangiato. Si fa guardare.
MEMORABILE: Le espressioni di Rignanese/Pino; La zia Annunziata rediviva che fa la salsa in casa.

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Siska80 31/07/22 20:46 - 3738 commenti

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Il cinismo del film capostipite è sostituito da uno spirito farsesco che porta Manfredonia agli esiti del secondo capitolo: si parte col turbo, lasciando pregustare situazioni sorprendentemente esilaranti, ma poco per volta il ritmo decresce e si cade nella ripetitività salvo poi riprendersi giusto nell' esplosiva (letteralmente) conclusione. Un vero peccato, poiché qui più che altrove i dialoghi sono ben scritti (specie quelli sull'italiano medio messi in bocca a un bravissimo Albanese). Buono il cast di contorno, ma la chiusura della saga rimane comunque poco icastica.
MEMORABILE: I titoli di testa "spalmati" sui muri; Le ultime parole di Cetto in chiesa; Il finale del brano con annesse risate della serie "buona la prima".

Nick franc 10/10/22 23:11 - 509 commenti

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Commedia satirica che parte in maniera briosa ma che alla lunga si perde tra le pieghe di una sceneggiatura sfilacciata e che a tratti cede il passo a un certo qualunquismo. La bravura di Albanese eclissa tutti gli altri ma è tale da nascondere le suddette magagne; c'è una venatura di cattiveria tutt'altro che disprezzabile e la confezione, per un prodotto del genere, è sorprendentemente curata. In alcuni momenti si ride veramente di gusto davanti ai deliri di onnipotenza del personaggio protagonista; peccato per un finale tirato via.
MEMORABILE: Il rap finale con Gué Pequeno; La Indovina che dà fuori di matto in convento.

Giacomovie 1/03/23 16:24 - 1397 commenti

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Cetto crede di essere figlio di un ambulante ma scopre di essere di sangue blu e si improvvisa re. Antonio Albanese attende sette anni per completare in modo sbiadito la trilogia dedicata all'ossessione per il "pilu". Partecipa ancora alla stesura della sceneggiatura ma punta più alla comicità fine a se stessa (comunque simpatica) che alla satira politica, punto di forza dei suoi precedenti lavori.
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  • Discussione Ruber • 26/11/19 10:44
    Formatore stagisti - 9242 interventi
    Immaginavo fosse ormai arrivato alla frutta il personaggio, e i commenti me lo confermano. Questi personaggi e questo tipo di storie possono andar bene uno massimo due volte, poi stanca e le idee annacquano.
  • Discussione Pessoa • 20/05/20 22:09
    Formatore stagisti - 417 interventi
    Vorrei segnalare la sottile ma efficace caratterizzazione del suo personaggio di Alfredo Pea, un attore che ha attraversato molti generi (e sottogeneri) del cinema italiano, soprattutto la commedia sexy, di cui è diventato una delle maschere, ma ha lavorato anche con Montaldo, Monicelli e Giordana. Quasi cinquant'anni di cinema meritano rispetto e dimostrano che dietro quella maschera c'è anche molto talento.
    Ultima modifica: 21/05/20 00:36 da Pessoa
  • Discussione Mauro • 27/08/21 11:09
    Disoccupato - 11928 interventi
    Pessoa ebbe a dire:
    Vorrei segnalare la sottile ma efficace caratterizzazione del suo personaggio di Alfredo Pea, un attore che ha attraversato molti generi (e sottogeneri) del cinema italiano, soprattutto la commedia sexy, di cui è diventato una delle maschere, ma ha lavorato anche con Montaldo, Monicelli e Giordana. Quasi cinquant'anni di cinema meritano rispetto e dimostrano che dietro quella maschera c'è anche molto talento.

    Per chi volesse individuarlo nel film, Pea interpreta il frate francescano di servizio nel castello di Cetto
    Ultima modifica: 27/08/21 11:10 da Mauro