Interessante melodramma dagli inattesi risvolti demoniaco-settaristici girato in una Venezia brumosa affascinante. La mano di Pupi Avati, cosceneggiatore col regista Mario Lanfranchi, si sente soprattutto quando entra in gioco Valentina Cortese (un’altra grande prova d'attrice, per lei) insieme al suo ambiguo circolo di adoratori di tale Silvio Faubert, che possiamo tranquillamente apparentare ai tanti personaggi avatiani maledetti. Ma il film è prima di ogni cosa la storia di un conte (Maurizio Bonuglia) che, durante un viaggio a Venezia con la sua fresca moglie (una deliziosa Eleonora Giorgi), conosce l'enigmatica Nara (una conturbante, seducente Martine Beswick). Sarà...Leggi tutto il complesso rapporto con quest'ultima a trascinarlo in un vortice di lussuria e peccato mentre la povera contessina (non del tutto incolpevole, a dire il vero) lo aspetta ignara nella loro lussuosa stanza d'albergo. Sceneggiato con perizia, recitato complessivamente molto bene dall'intero cast, scenografato con sfarzosa eleganza, pende comunque più verso il sentimentale che il thriller (nonostante il finale nell'aula di tribunale) concentrandosi sul dramma interiore di Bonuglia, forse troppo passivo di fronte all'incalzare degli eventi. Molti gli esterni tra ponti e calli, con un inseguimento conclusivo che non può non ricordare l'allora da poco uscito A VENEZIA... UN DICEMBRE ROSSO SHOCKING. Sembra cinema d'altri tempi (non solo per i costumi, i duelli all'alba e certi dialoghi), ma svecchiato e reso più fruibile dal sottile connubio col genere horror.
Sontuoso feuilleton immerso nella laguna veneziana notturna, arricchito e rivitalizzato da elementi demoniaci cui è evidente l'impronta del cosceneggiatore Pupi Avati, specializzato nell'esplorare torbidi legami di sangue e nell'inventare enigmatici personaggi legati all'occulto. Bonuglia è pacato e plagiato, la Giorgi diafana e sfuggente ma di scialba personalità; le vere star sono la sempre istrionica Cortese, a tu per tu con le forze del male, e soprattutto la Beswick, cupa e lussuriosa ammaliatrice. Aiuti registi sono Lamberto Bava ed Antonio Avati.
MEMORABILE: Il rituale satanico nei sotterranei del palazzo; Il processo.
Non granchè questo feuiletton tratto da Carolina Invernizio, che vede come cosceneggiatore Pupi Avati (e come secondo aiuto regista suo fratello Antonio). Quello che sorprende un poco rispetto ad altri prodotti analoghi è la forte componente horror (presumo dovuta proprio alla mano di Pupi). Eleonora Giorgi, giovane e diafana, non è molto convincente, mentre molto meglio di lei si comporta la sua "nemica" Martine Beswick. Tra gli altri attori meritano una citazione i grandi Massimo Girotti e, soprattutto, Valentina Cortese.
Il migliore fra i film-Invernizio che conosco (mi manca Sepolta viva), pur restando globalmente su livelli medi. Pellicola dominata dalla Beswick, bellezza indimenticabile, che fa sparire una Giorgi mediocre e fuori parte (meglio Bonuglia, che cala però nella seconda metà). Grandi Girotti e la Cortese e davvero notevole la regìa di Lanfranchi (si vede il suo magistero operistico), che fotografa benissimo e sa dare azzeccati tocchi medodrammatici e orrorifici, aiutato da sontuosa ambientazione ("accurata", ammette Autera): non che renda credibile la trama, ma almeno riesce a darle linearità: **
Mi è piaciuto anche meno del Bacio di una morta di Infascelli. Mediocre film che mischia riti satanici, sesso lesbico, corruzione e "giallo" in un minestrone di difficile digestione. Scarsissima la Georgi, qui in una delle sue prove peggiori, passabile il resto del cast. Non bruttissimo ma mediocre.
Melodramma in costume che da una prima parte invischiata nelle sabbie della leziosità sa muoversi bene in direzione di un clima fosco, a tratti sadiano, calato tra le brume di una Venezia autunnale colta con gusto e un occhio puntato al Don’t look now di Roeg. Presenze femminili importanti e magnetiche (la Beswick soprattutto), clima d’incombente mistero avatiano che rivela il nome del cosceneggiatore fin quasi ad avocargli virtualmente il film. Certo manca la mano del Pupi futuro, ma le prove per uno stile già s’intravedono.
Seppure il gemello di Infascelli lo abbia visto orami quattro anni fa e il ricordo sia quello che è... questo, di cui avevo letto giudizi migliori, mi è invece parso meno riuscito. Cast buono, la Beswick è molto affascinante in quel ruolo, ma la sceneggiatura non è proprio granché; l'altro film ha forse più cadute ma anche trovate migliori. Gradevole sì ma non riuscitissimo...
In questo film, definito dai più esempio di cinema sotterraneo satanico, la mano di Avati sceneggiatore si vede lontano un chilometro, mercé le calli veneziane, la nebbiolina invernale, il gotico che trasuda dai palazzi della repubblica marinara per eccellenza. Morboso, complesso, cupo ed irrisolto (la storia tra Elena e Alfonso è davvero conclusa?) ma ciononostante capace di affascinare.
A me sembra il film di Infascelli Il bacio di una morta senza l'aggiunta (di una morta). Infatti è sempre un melodramma in costume, anche se io, per quanto legga giudizi migliori, lo reputo inferiore a quello di Infascelli, il quale aveva qualche spunto interessante, specialmente nella prima parte. Ottimo cast, dove la parte del leone la fa l'affascinante Martine Beswich, mentre la Giorgi è davvero carente (la Dionisio nel film di Infascelli era mille volte meglio), al punto da farsi superare dalla più convincente collega. Ottimo Girotti.
Lanfranchi tenta di innervare l'emaciata obsolescenza del feuilleton gotico con le geometrie scenografiche del suo magistero teatrale, appoggiandosi all'impianto "oper(ett)istico" della Invernizio narrazione. Il risultato, minato da fondamenta molto friabili, non è esente da falle nel ritmo, ma lo spazio lasciato agli antagonisti (il carisma erotico della Beswick fa tutt'uno con l'ascendente recitativo di Valentina e il prestigioso portamento di Girotti) tien desti i sensi compensando l'esangue appendice del tutto. Bonuglia a mezza cottura, Giorgi (s)cotta e senza sale.
Soporifero polpettone melodrammatico in costume uscito lo stesso anno dell'analogo Il bacio di una morta (sono tratti dallo stesso racconto), vive di un'atmosfera da opera teatrale, con dialoghi impostati dall'afflato "antico" e interni gotici e sfarzosi; Venezia in realtà non si vede tantissimo, perlopiù in scene di raccordo, pur restando la cosa più interessante insieme alle influenze da horror satanico, comunque contenute rispetto a prodotti del periodo ben più efficaci. Il finale in tribunale da legal-thriller, col prevedibile twist, dà il colpo di grazia allo spettatore esausto.
Ispirato al romanzo della Invernizio, il film ne è una versione cupa che tende a farne emergere gli aspetti più mefistofelici. L’ambientazione veneziana (molto sfruttata in verità) è la perfetta cornice per far risaltare il clima di morte e putrefazione interiore, nei deserti vicoli delle misere viziosità umane. Ottimo il cast in cui segnaliamo una sempre ispirata Valentina Cortese e Martine Beswick, vero e proprio ritratto di malefica femme fatale. Il contributo maggiore a tutto questo esce sicuramente dalla penna di Pupi Avati che è un maestro indiscusso.
Notevole melodramma gotico ispirato alla penna di Carolina Invernizio. Assistito in sceneggiatura da Pupi Avati, Lanfranchi mescola abilmente gli ingredienti tipici del feuilleton ottocentesco arricchendoli con elementi morbosi e demoniaci, sullo sfondo di una Venezia che più tetra e decadente non potrebbe essere. Cast femminile sontuoso (Giorgi di angelica bellezza, Beswick splendida femme fatale, Cortese sempre istrionica), mentre sul fronte maschile, più degli intercambiabili Bonuglia e Deacon, spiccano Girotti e Sheybal subdolo portiere d'albergo. Buone le musiche di Piccioni.
MEMORABILE: L'inizio; Le danze della Beswick; La cerimonia satanica; Il finale.
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Martine Beswick, nata nel 1941, è stata a lungo una vera e propria pin-up del cinema britannico, soprattutto quello dei primi anni '70.
Per Terence Young è stata una delle tante "Bond girl" presente in Dalla Russia con amore (1962) come in Operazione tuono (1965).
Per il cineasta Don Chaffey l'attrice ha (ben) rappresentato una bellezza preistorica nell'avventuroso-fantasy Un milione di anni fa (1966).
Al thriller orrifico approda in due contesti: ne Un attico sopra l'Inferno (Peter Collinson, 1967) e nell'indimenticabile Barbara, il mostro di Londra (Roy Ward Baker, 1971).
Tra le più rinomate pellicole cui ha preso parte si ricordano Seizure (Oliver Stone, 1974) e la piccola partecipazione in Una volta ho incontrato un miliardario (Jonathan Demme, 1980).
Mai uscito in VHS e non c 'è traccia di dvd esteri. Io ho una registrazione notturna da Rete 4 (anno 2001), e credo uncut, in quanto , al cinema, passò col divieto ai 14 senza tagli ( fonte attendibile datami dal buon Deep).
CuriositàZender • 26/03/18 20:09 Capo scrivano - 48952 interventi
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film: