Tsukamoto torna tre anni dopo l'incredibile TETSUO riportando sulla scena il medesimo protagonista. Il passaggio dal bianco e nero al colore dovrebbe in teoria rendere ancora più affascinanti le mutazioni corporali alla VIDEODROME tecnologico dell'uomo d'acciaio e invece... Invece TETSUO 2 risente del fatto di essere un seguito e non può più stupire quanto l'originale. Il montaggio ultrafrenetico, le urla sconsiderate degli attori che sono sicuramente in numero maggiore dei dialoghi, alcuni effetti splatter, l'uso...Leggi tutto anomalo della fotografia (i cambi di luce e le tonalità) sono quasi tutti recuperi del passato e si rischia la noia. Il tentativo di dare una forma sensata al copione si perde quasi subito nella confusione calcolata delle immagini, tra i mille rumori metallici e la possente colonna sonora (perfetto accompagnamento nelle sequenze migliori). I limiti di un'operazione simile si fanno evidenti dopo pochi minuti: sceneggiatura approssimativa, dialoghi spesso monosillabici, un eccessivo quanto pretenzioso tentativo di stordire lo spettatore con salti d’inquadratura repentini, corse e inseguimenti a non finire. Sembra quasi un pugno in faccia al cinema “colto”, che prova però nello stesso tempo a raggiungere un pubblico d'élite passando esattamente dal canale opposto. Come se gli action movies di John Woo non fossero ancora abbastanza, a Oriente si tenta sempre di “oltrepassare la barriera” attraverso un montaggio scatenato che fa impallidire quello dell'imminente NATURAL BORN KILLERS.
Non regge il confronto col primo. In questo la scelta del colore è poco azzeccata (non come l'ottimo bianco e nero del primo capitolo), gli attori non si impegnano in modo adeguato, la storia lascia dubbi. La professionalità c'e, ma evidentemente non basta. Di gran lunga inferiore al numero uno.
Muscolare e derivato. La potenza estrema del primo Tetsuo è perduta in favore di un racconto volutamente più coerente ed esplicativo: operazione non necessaria, vista la ribadita ricerca del montaggio frenetico e della rappresentazione della fusione uomo-metallo-arma, che costituiscono entrambe l'ubi consistam del film. La fotografia vira dal blu degli esterni al rosso degli interni scurendosi in scenari tetri e piovosi alla Blade Runner, mentre le musiche di Chu Ishikawa si allontanano dall'industrial per avvicinarsi allo psycho-garage dei Fuzztones.
Tsukamoto fa qui un passo indietro: tenta di razionalizzare e dare coerenza al protagonista e alla storia a tutto discapito dell'atmosfera allucinata che domina nel primo inarrivabile capitolo. La regia è comunque vigile e può avvalersi di una fotografia che sottolinea (con i suoi toni blu e rosso costanti) la tematica "meccanica". Scenografie dark affascinanti, ma la recitazione è a livelli di guardia ed il film viaggia "stancamente" sui binari della ripetizione.
Nuovo capitolo della saga di Tetsuo che rispetto al primo manca di originalità e sembra più che altro che si cerchi di riproporre qualcosa di già visto. L'evoluzione di Tetsuo è ovviamente un'involuzione che coinvolgerà tutti in un turbine di immagini alla solita velocità cyberpunk proposta da Tsukamoto.
Evoluzione del primo capitolo della saga, perde gran parte della sua potenza espressiva essendo innanzitutto una ripetizione della tematica cibernetica di quello, ma anche perché la sperimentazione a colori sembra d'impatto inferiore rispetto al bianco e nero. Qualche dialogo in più e una trama più vicina al cinema classico non convincono.
Clangori, urla e paesaggi nichilisti industrial-metal: a questo si riduce il tono visionario del primo capitolo. La follia, evocata da un montaggio frenetico e claustrofobico, cede qui il passo a una serie di immagini frastornanti tenute insieme da un tenue filo rosso (sarebbe troppo definirla trama). Mediocre, a tratti noioso, riesce tuttavia a sollevarsi dall'infimo per la carica allucinata di alcune sequenze.
Della trilogia è, senza alcun dubbio, l'anello più debole, sia per la scelta di buttarla - quasi - interamente sull'action (un action comunque sui generis, lo si capisce), sia per aver tradito l'efficacissimo b/n dell'esordio per un colore ancora poco funzionale (Tokyo fist sarà già su tutt'altro livello). Dura circa un quarto d'ora in più del predecessore, ma sembra un'eternità: l'arco temporale che li separa è troppo ristretto per provare nuove ed efficaci soluzioni narrative. Molte delle idee qui presenti verranno riprese nel terzo capitolo.
Il grosso problema di questo film non è l'effetto sorpresa perso, e nemmeno il passaggio dal bianco e nero al colore (che comunque non giova); ciò che davvero affossa l'opera è il tentativo di voler razionalizzare l'inspiegabile. Da psichedelico e rimbombante viaggio metallico si passa infatti a un debole tentativo di trama riempita con trasformazioni non così impattanti (gli effetti speciali paiono involuti e l'abuso di armi da fuoco incorporate non aiuta), mentre la degenerazione irrefrenabile diviene atto a comando simil - Hulk infarcita di urla esagerate. Sequel non necessario.
Con qualche ipertrofica impennata che lo rende degno figlio del suo predecessore, è un body-horror più metropolitano e riflessivo, che abbassa notevolmente l’asticella dello splatter (anche se non mancano scene di sanguinosa follia) e satura il narrato con flashback e psicologie più o meno centrate. Apprezzati alcuni rimandi all’universo barkeriano; notevolissima la granulosa fotografia. Se si ama il primo, da vedere.
Shin'ya Tsukamoto HA DIRETTO ANCHE...
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