Terry Gilliam continua a mostrarci il mondo attraverso gli occhi di personaggi molto lontani dal comune pensare; questa volta tocca a una ragazzina (Jodelle Ferland) farsi interprete dell’approccio incantato dell’ex Monty Python: figlia di genitori sballati (Jeff Bridges si fa consegnare da lei la siringa per farsi le pere e partire “per una breve vacanza”), Rose se ne va col padre a stare in una casa tra il grano che sembra uscita dalla pubblicità del Mulino Bianco, dove incontrerà un ragazzo epilettico destinato a diventare il suo unico compagno di giochi. Puntando molto sulla sua riconosciuta abilità foto-scenografica (che porta inevitabilmente il film...Leggi tutto ad avvicinarsi all’apprezzato RIFLESSI SULLA PELLE), Gilliam conduce i suoi due giovani protagonisti nel mondo incantato e “parallelo” (nel senso che di integrazione con la società circostante non se ne parla) che fa da set magico per l'intero film. Il problema è che pare non curarsi affatto di far procedere la storia, beandosi dei dialoghi e degli atteggiamenti “creativi” dei due ragazzini (soprattutto di lei). Così, se il film era iniziato in modo simpatico anticonformista con Jeff Bridges che pareva estremizzare il drugo del GRANDE LEBOWSKI filtrato dalla fantasia perversa del miglior Gilliam, poi si arena in un manierismo che non riesce a coprire la scarsa autenticità dell'operazione. Come sempre in questi casi l’opera affascinerà i più inclini a farsi soggiogare dalla magia e della fantasia, disgusterà ii più prosaici, che da un film pretendono anche altro.
L'infanzia come Apocalisse (in senso prosaico di catastrofe e quello elettivo di rivelazione): ambientazioni e atmosfere differite e minacciose paganti pegno al sublime Riflessi sulla pelle innestate sul senso gioioso, giocoso e disincantato del thanatos di Giochi proibiti: Gilliam - eccellentemente supportato da una Jodelle Ferland baciata da Dio - sublima ottimamente lo spirito di ambedue, rivisitando/rifiltrando tutto con lo scolapasta di Carroll. La radice quadrata estratta è il migliore ecoscandaglio della dimensione Bambina mai tradotto su nitrato d'argento. *****
Spiazzante, delirante, ultravivido, magico, bucolico ed esplosivo. Tutto questo è Tideland di Terry Gilliam. Il regista non si limita, è come se girasse, riprendesse a ruota libera senza concedere nulla ma proprio nulla allo spettatore. Magnifica interpretazione di Jodelle Ferland che sembra già un'attrice consumata. Jeff Bridges invece si conferma ancora una volta creando un personaggio assurdo, al limite del reale.
Gilliam vuole colonizzare un immaginario che non gli appartiene, quello del gotico americano: tutto resta intenzionale, riprodotto, ai limiti del didascalico. Il meraviglioso è solo esposto, citato, privo di spontaneità; l'evasione dal reale punitiva, ovvia e coatta; la poetica dell'eccesso ridondante e loffia, deposta su continue inquadrature sghembe insufficienti - alla lunga - a sostanziare un credibile disequilibrio. La bimba e lo scoiattolo rubano qualche afflato, ma gli altri freaks (Bridges incluso) son cartocci vuoti. Scontato il fluviale citazionismo. Un film rintronante e fasullo.
Puro istinto registico e creatività spiazzante sono alla base di Tideland. Un film che cattura magicamente lo spettatore che non potrà che adorare il bellissimo personaggio interpretato dalla bravissima Jodelle Ferland. Un po' difficile da seguire per le notevoli chiavi di lettura che il regista ha dato al suo "racconto", in alcuni casi anche citazionista (Psyco). Al mondo crudo, spietato e assurdo Jeliza Rose risponde sempre con il sorriso dei forti e puri d'animo. Bravo Jeff Bridges e ottimo il personaggio "cucitogli" addosso.
Geniale, visionaria, divertente e commovente favola nera diretta da un Terry Gilliam tornato al massimo della forma dopo il passo falso de I fratelli Grimm. Jodelle Ferland offre un'interpretazione da Oscar, le scenografie sono claustrofobiche e surreali, la macchina da presa oscilla e offre angolazioni strane, la regia è straordinaria. Terry Gilliam è tornato!
A metà strada fra il primo Jeunet e Burton, senza dimenticarci ovvio che quanto a genialità visionaria Gilliam non è secondo a nessuno, ovvio, questo film, per quanto incantevole nella fotografia, non raggiunge il suo scopo. La sensazione che ne scaturisce è un'allucinante vacanza del nostro sistema recettivo che capta, come onde radio, eccellenti, a-contestuali, frammenti di sogno. Sì, bello. Sì, estremamente prolisso. Sì, sconclusionato. Si può legger in mille modi. Si può apostrofarlo poesia. Si può pensare non mantenga le attese!
Cruda e delirante favola per adulti che non regala quelle emozioni forti che vorrebbe suscitare. Troppi i riferimenti alla famosa opera di Carroll, che unito alle varie fasi del film, non giungono ad appagare le aspettative di base, minate forse da un tentativo palpabile di "stupire" e correre fuori dalle righe a tutti i costi. Salvando la prodigiosa interpretazione di Jodelle Ferland, per la quale non ci sono parole, gli altri personaggi ed attori non sono all'altezza per distinguersi lasciando l'impressione di far solo parte del paesaggio.
Un film fallito. Gilliam è prigioniero del suo virtuosismo e gira a vuoto anche se di vuoto si parla, in questo film. Ma è un vuoto troppo affastellato da virtuosismi, ciarpame, fotografia troppo bella, vezzosità derivate da Carroll. Peccato. Occasione sprecata avere Bridges e conciarlo come un Big Lebowski tossico e rockettaro. Film il cui decor non solo non tampona le falle ma accresce il senso di inutilità del tutto. Di una noia mortale.
MEMORABILE: L'apparizione di Bridges che suona e canta con voce da caverna. Basta.
Bisogna partire da un presupposto: questo film non è per tutti. Purtroppo c'è chi si sentirà turbato ed offeso dalle immagini e di conseguenza il giudizio sarà ovviamente negativo. Non si può negare che qualitativamente il film sia ottimo e che Gilliam dimostri, ancora una volta, la sua maestria. Assolutamente imperdibile la performance di Jodelle Ferland, dalla quale molte "attrici" ben più "anziane e mature" di lei dovrebbero e potrebbero imparare.
Che dire? Metà film, quella basata sulle continue litanie di una peraltro bravissima Ferland appartiene al misterioso non si sa cosa. L'altra metà contiene passaggi riusciti (l'inizio e la fuga, il babbo accudito dalla figlia) e altri degni di nota (la pulizia della casa e del cadavere). Il tutto sottolineato da immagini bellissime e colori vivi. Regia capace, quindi, ma sceneggiatura alquanto pesante. **1/2
Gilliam, almeno a parole, si è posto con quest'opera un obiettivo altissimo: rappresentare un mondo visto solo attraverso gli occhi di una bambina. I momenti riusciti non mancano di certo, quelli inquietanti nemmeno, ma alla lunga il film perde colpi e diventa a tratti persino irritante. In ogni caso Jeff Bridges è memorabile anche quando interpreta un morto.
Quando i parti della mente visionaria di Gilliam diventano intraducibili ovvero traducibili in troppi modi fino a far perdere l'ovvietà della cosa. Questo film è particolare come pochi; ciò che più mi ha colpito è stato il binomio Ingenuità (di una bambina a disagio col mondo e della gente poco normale che conoscerà) e Inquietudine (delle situazioni); il contrasto tra fantasia e gioco, con il macabro e l'angosciante (cadaveri tenuti amichevolmente). Lodevoli la fotografia e i momenti "di viaggio"; peccato però che non sia appassionante.
Mette tanto, forse troppo, ma poi non ne viene fuori nulla. Cosa voleva fare? Raccontare una storia tra realtà e fantasia? Raccontare di una ragazzina disastrata? Mi pare che sbagli completamente registro. Certo le scene con il padre morto e il baciatore folle down recano un disgusto notevole, ma mancano la fantasia, l'immaginazione della bambina. E intendo qualche bella scena alla Gilliam (di cui si vede solo un accenno quando nuotano). Un mix tra Non apite quella porta e Alice immerso in un paesaggio da mulino bianco che non decolla mai.
La sconfinata fantasia infantile torna ad essere strumento privilegiato per un'altra favolistica fuga dalla realtà, partorita manco a dirlo dal genio deforme di mr. Gilliam, sempre alle prese col suo grottesco uzzolo "carrolliano". La mostruosità del vivere secondo la fervida immaginazione di una bambina intelligente e smaniosa di esplorare, tuffata in un'estatica avventura surreale di luminescente pienezza. Onesta, da parte del regista, la scelta di non confondere troppo i piani del reale e dell'onirico, scansando quelle ambiguità multi-interpretative che tanto vellicano gli autori più vanitosi.
MEMORABILE: La piccola Jodelle Ferland, davanti al cadavere mummificato del padre (Jeff Bridges): "Assomiglia a un burrito..."
Difficile da giudicare perché il coraggio di Gilliam dietro la mdp è sempre più raro da incontrare: l'idea di raccontare una favola nerissima e a tratti veramente inquietante con colori sgargianti è geniale e inoltre la tecnica è quella solita, di livello molto alto. Solo che stavolta la sua visionarietà non mi è parsa messa al servizio di una storia degna di questo nome, cosa che, durante la visione, mi portava a chiedermi: "cosa sto guardando?". Mi dispiace molto dirlo, ma a volte il film diventa noioso e non basta la bravissima Ferland a ravvivarlo.
"Lo famo strano?" "Famolo!" - Ragazzina con genitori da sballo va a vivere con il babbo in una casetta che sembra quella di Leone cane fifone, unici vicini una strega orba imbalsamatrice e il fratello di lei, un ragazzo epilettico e dinamitardo che diventerà il suo compagno di giochi... Gilliam si conferma grande affabulatore visivo con questa versione di Alice bric à brac, ma, come spesso gli accade, dimentica l'arte del racconto per limitarsi ad inanellare una serie di sequenze onirico/poetiche che, se catturano l'occhio, finiscono presto per stufare con la loro programmatica insensatezza.
MEMORABILE: Le teste volanti delle bamboline, di rara bruttezza
Ragazzina orfana di genitori tossici vive avventure deliranti con una vicina-strega e il figlio ritardato. Più che un’Alice in Wonderland in trip da acido si tratta di un lugubre incubo psicopatico sul senso pervasivo della morte. Il riconoscibile Gilliam-style diventa qui manieristico e ridondante per una sceneggiatura latitante, dalla quale i temi portanti sono evaporati a favore di un petulante esibizionismo visionario. Eccellenti gli attori (in primis la protagonista), ma non bastano a risvegliare lo spettatore dalla noia profonda.
Rivisitare Alice in wonderland poteva essere una grande idea, specie nella mani di
un visionario come Gilliam. E invece ne è venuto fuori un film troppo discontinuo e
farraginoso che, a mio avviso, non rende giustizia nemmeno al talento visionario dell'ex Monty Python. Alcune cose buone ci sono, ma c'è anche tanta (troppa!) noia.
La Ferland è bravissima ma non ha avuto in seguito le occasioni che meritava. Un'occasione mancata ma comunque con un suo perché.
Ha ragione Gilliam quando afferma che il film si ama o si odia. Di certo non è convenzionale e non va guardato con le solite aspettative. È il mondo visto con gli occhi di una bambina a cui ancora sfuggono gli elementi per comprenderlo nella sua interezza. È impostato in chiave dicotomica, tra spazi aperti e case anguste, purezza infantile e follia degli adulti, vita e morte. Costante l’utilizzo di inquadrature sghembe per un’opera a cui non manca un pizzico di macabro. Gli va riconosciuto il coraggio di osare, anche se poteva dilungarsi meno.
Forse in apparanza la più criptica e insensata opera dell'ex membro dei Monty Phyton Terry Gilliam, in realtà una spietata allegoria filmata sull'esorcismo della più estrema solitudine. Se dotati di particolare sensibilità, sarà impossibile non adorare la piccola protagonista nella sua affannosa ricerca dell'ottimismo, in un background totalmente tragico. Lo stesso Gilliam consiglia di guardare il film senza gli occhi da adulto. Visione per anime sensibili.
Il solito Gilliam. Chi predilige una sceneggiatura chiara e lineare, lo eviti. Anche qui eccede, soprattutto nella seconda parte, in una narrazione in cui può succedere di tutto. A differenza di altri suoi precedenti film, che sono stati dei flop, qui il regista dà il meglio di sé. Merito soprattutto della protagonista, una bambina di dieci anni, brava al punto che l'anno successivo sarà di nuovo protagonista. Poi anche certe parti visionarie sono riuscite, sia per gli strambi personaggi che fanno da sfondo, sia per il mondo che la piccola si è costruito partendo da teste di bambole.
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HomevideoZender • 22/04/08 08:31 Capo scrivano - 48430 interventi
Esce il 23 aprile 2008 la ricchissima Edizione Speciale a 2 Dvd per la Columbia Sony.
Audio: Ita.5.1
Video: 16:9/2.35:1
Extra: Trailers - Introduzione del regista - Biofilmografie - Galleria Fotografica - Documentario, La bottega italiana di Terry Gilliam, con interviste a Terry Gilliam e ai suoi collaboratori Italiani - Documentario, Getting Gilliam, sul making off del film con interventi del produttore Jeremy Thomas, del Regista e del cast - Gilliam A Roma, la conferenza stampa e altri momenti della presenza del regista alla Casa del Cinema durante la presentazione italiana del film - Backstage, Dietro le scene, con contributi del cast, del regista e dell'autore del libro - Green Screen, i trucchi utilizzati dal regista per realizzare le scene più entusiasmanti del film - Scene tagliate - Intervista al regista Terry Gilliam - Intervista al produttore Jeremy Thomas.
(E scusate se è poco!!!)
Fonte: Tempio del Video
DiscussioneRaremirko • 15/10/13 00:28 Call center Davinotti - 3863 interventi
Amabili resti a mio avviso gli deve moltissimo, anche a livello figurativo e, tra le ispirazioni, varrebbe la pena mettere anche Jeunet.