Vita (se così vogliamo chiamarla) di un giovane solitario che trascorre le giornate in un casolare di campagna abbandonato. Tanto normale il nostro protagonista non è, visto che si presenta a noi mentre cerca d'infilare la testa di una bambola sopra quella di una colomba. E ci prova per un po’, prima di capire che la cosa non è facilmente fattibile. Dopodiché prende a scorrazzare per il cortile insieme a tacchini, oche e maiali. Capiamo subito però (da come le accarezza le mammelle) che il suo interesse è rivolto alla scrofa: una volta denudatosi non si farà problemi a prenderla da dietro e giustificare così il titolo del film. In breve,...Leggi tutto non si sa bene come, il loro amore (e quello di qualche altro maiale nei paraggi, si suppone) dà i suoi frutti e (ripresi proprio al momento del parto) nascono tre maialetti, che il nostro protagonista comincerà ad accudire e nutrire. Almeno fino a quando, di punto in bianco, deciderà di impiccarli e di seppellirsi sottoterra insieme alla scrofa. Lasciatosi fuori la testa, ci ripenserà e nel finale (parliamo di venti minuti!) lo seguiremo mentre si ciba delle peggio schifezze (vomitandole) e si prepara al gran finale a sorpresa (capirai). Non una sola parola durante tutto il film: solo canti gregoriani, grugniti e versi assortiti. Presunto cinema d'autore o colossale sciocchezza insostenibile? Si propende un po’ per la seconda ipotesi (nonostante qualche buona scena/metafora, vedi la corsa con l'aquilone). Fanno tenerezza i tre maialetti, prima nutriti col biberon e poi impiccati e inscatolati.
Incredibile e ingiudicabile pellicola del tutto fuori dagli schemi. Nessun dialogo, fotografia amatoriale in b/n, colonna sonora fatta di distorsioni di versi di animale e canti religiosi, strenezze di ogni tipo e un atmosfera straniante e nauseante. Molti i colpi allo stomaco (non mancano neppure le violenze sugli animali) e indubbiamente coraggiosa (o folle) la performance del regista-protagonista. Film profondamente malato, ma proprio per questo da conoscere, anche se la maggior parte del pubblico storcerà il naso. Difficile dare un voto.
Siamo km sotto i minimi storici di tutto: del cinema, del non-cinema, della provocazione, dell'intelligenza, dell'art-house, dell'allegoria, della metafora, della semiotica, finanche della presunzione autoriale. Impossibile per chi fruisce prendere posizione: ridere per non piangere? Sentirsi oltraggiato? Sforzarsi di trovare anche solo per finta un significante che sia uno? Tempo perso e sforzo vano in ogni caso: Zeno ci cogliona tutti convinto che basti schiaffare Monteverdi per trasformare una scatologica porcata in ieratico capolavoro. Il sottoscritto non capisce e non si adegua, e gli riserva un bel braccio a 90. Si chiamerà anche zeno, ma di coscienza ne ha pochina. Spettatori avvisati.
MEMORABILE: Il the finale col fango, la cosa più assurda mai vista al cinema.
Improponibile reperto settantiano, girato in un bianco e nero discretamente fotografato, che col passare degli anni ha acquisito una certa fama di cult underground del cinema "estremo". In realtà non si capisce bene dove il regista e l'interprete/sceneggiatore vogliano andare a parare, sciorinando una serie di azioni disgustose e prive di senso, tra zoofilia, coprofagia, vomito, crudeltà sugli animali e altre amenità. Le musiche da camera che accompagnano l'opera rendono il tutto ancor più fastidioso. Come esperimento sul disgusto è riuscito...
Assurda accozzaglia di atti beceri inseriti uno dopo l'altro senza soluzione di continuità. Cartesio sarebbe diventato pazzo a guardarlo. La fregatura sta nel tentare di voler spiegare siffatte nefandezze (lambendo persino un assunto autoriale) e dargli un contesto in cui possa giustificarsi di esistere. Una visione è anche troppa, da 2 in su è pura morbosità del peggior voyeurismo. Oltre Pink Flamingos c'è andato Zeno. Largo a cani & porci, dietro la mdp! Tanto, peggio di così è arduo farlo.
Una cascina diroccata di campagna, oche, tacchini, galline, una scrofa, un giovane e i suoi bisogni fisiologici. In scabre cadenze neorealistico-pasoliniane e con l'accompagnamento di un sottofondo musicale di cori liturgici, il belga Zeno trascina lo spettatore nel suo rozzo squarcio esistenziale, anni luce distante dalla civiltà, in un microcosmo rarefatto e primordiale ove a scandire il tempo restano solo le pulsioni e gli istinti animaleschi più oscuri. Una putrida regressione embrionale tra liquami, scatofagia ripugnante e innocenti impellenze zooerastiche. Ingiudicabile.
MEMORABILE: I gallinacei torturati ed i piccoli maialini uccisi e poi impiccati.
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contrariamente a quanto viene spontaneo tradurre alla lettera, vase de noces significa in realtà fango di nozze
tra il 74 e il 77 il film è stato bandito a più riprese dai festival australiani e neozelandesi, due lande generalmente refrattarie alla censura. si tratta anche di un raro caso di mozione censoria all'interno di un festival
il protagonista del film è l'autore dello script. il suo pasto fecale avviene senza ausilio di f/x: buongustaio!
Deepred89 ebbe a dire: Schramm ebbe a dire: il protagonista del film è l'autore dello script. il suo pasto fecale avviene senza ausilio di f/x: buongustaio!
Questo gustoso dettaglio mi mancava.
Film aberrante, sconsigliato ai più...
Infatti il Davinotti lo impallina con un "colpo secco", così come i pochi superstiti alla visione di còtanto "orrore.
Odinato il dvd da Kult Video, label Camera Obscura, con sottotitoli in tedesco (ma credo che potevo prenderlo pure in ostrogoto, visto che è un susseguirsi di grugniti e sonorità bestiali).
L'extreme fine a sè stesso mi annoia (roba tipo Marco Malattia, per intenderci), e aborro la zoorastia, nonchè sopporto poco la crudeltà sugli animali, ma questo mi ispira, e poi è un occasione da prendere al volo (non credo di beccarlo nei cestoni dell'Auchan)