Pittrice si traferisce in un attico, nel quale rinviene una tavoletta Ouija. E' tramite questa che lo spettro di Susan, precedente inquilina della casa, si manifesta, evocando vendetta nei confronti del suo assassino. Purtroppo, a differenza dell'interessante primo capitolo della serie, Kevin Tenney realizza questa volta un film lento e confuso, con taglio prettamente televisivo. Effetti gore limitatissimi (a tre omicidi) e nessuna tensione giustificano il fatto che sia stato distribuito (pur malamente) solo in VHS per essere poi stato (giustamente) dimenticato.
Sequel solo nominale del primo capitolo. Certo, c’è la tavoletta ouija (ma quella è presente in decine di pellicole horror dell’epoca) ci sono gli spiriti (stesso discorso fatto pocanzi) ma alla fine di rimandi non ce ne sono. Dirige lo stesso regista, con risultati però decisamente inferiori. Per me, nemmeno per i cultori del genere.
Kevin Tenney rispolvera un suo vecchio cavallo di battaglia ricalcandone un po' troppo la sceneggiatura e puntando tutto (troppo) sulla sedicente Ami Dolenz (bellina ma imbambolata). L'imbarazzante mancanza di idee si palesa da subito: omicidi già visti, deja-vu continui, cronici sia sull'aspetto formale che su quello sostanziale. Qualche corpo qua e là seduce, ma niente più. Il cast non vale nulla. Come il film. Bruttarello.
Già il primo era un horror mediocre e dai pochi motivi d'interesse, ma almeno era uscito nell'epoca d'oro del genere; questo inutile sequel, fuori tempo massimo a causa di disguidi produttivi, viene diretto dallo stesso regista ma si rivela un flop clamoroso. Noiosissimo, totalmente privo di slanci splatter, dalla fotografia para-televisiva e basato su una sceneggiatura insulsa, che ricalca il prototipo senza alcuna idea innovativa. Mezzo pallino per il mestiere del regista e la discreta prova del cast, ma proprio non ci siamo...
Tenney ritorna al suo Witchboard e il risultato è inferiore. Pur con maggiori mezzi economici, il prodotto è più fiacco e scontato senza più quell'atmosfera poveristica ma efficace dell'originale. Si sente in poche parole il passaggio dagli 80s ai 90s. Da salvare ci sono solo Ami Dolenz, bravina e carina con quei begli occhioni blu e qualche morte fantasiosa (il padrone di casa cotto al vapore, la moglie di lui "spatasciata" dal braccio meccanico di una gru). Il resto va avanti tenuto su dalla buona mano del regista. Sufficiente.
Quasi identico al precedente capitolo: differenze se distinguono pochissime. Alcune note di valore "aggiunto" riguardano diverse scene ben realizzate (ma una è copiata dal pessimo Omen IV) e la scelta della protagonista principale. Per il resto è la solita americana complessivamente mediocre. Fotografia scialba da film tv e colonna sonora praticamente assente concludono il tutto.
Sequel che nulla ha a che vedere con il film del 1986 se non per il regista Kevin Tenney e la tavoletta ouija. Protagonista è la solita bionda che, attraverso la tavoletta, evoca un demone dispettoso che cercherà di possederla. Film mediocre girato comunque in maniera dignitosa da un regista di buon mestiere come Tenney. Le varie morti sono ben realizzate e questo rende il tutto meno noioso. Consigliato solo agli amanti dei film dimenticati.
Più che horror, orrido! Già il primo era mediocre, ma qui si è riusciti a fare di peggio: in sostanza un inutile dispendio di energie e di mezzi. Non di idee però, perché di quelle non c’è traccia. Il cast non si limita all’anonimato, purtroppo recita male. Non è credibile, al pari della sceneggiatura piatta e inconcludente. Dovrebbe incutere timore, ma non c’è una scena che strappi un brivido. Si sfiora la noia e si rasenta il ridicolo. Almeno nel primo Spiritika aleggiava quell’aria anni 80 delle più trash che risultava spassosa. Qui il nulla.
Luci da telefilm ma che esaltano colori interessanti. Questi fanno capolino dal beige imperante dei primi anni '90 (fra i quali l'azzurro degli occhi e il biondo dei capelli della protagonista): alcuni fra i dettagli che attraggono l'attenzione in questa patinata pellicola incentrata sui conflitti interiori di una giovane donna. Personaggi di contorno quasi grotteschi non impediscono d'apprezzare le trasformazioni che avvengono nel profondo della protagonista. La seconda parte diventa un po' cervellotica e noiosa con indagini sui misteri della casa, virando nel giallo soprannaturale.
MEMORABILE: Il loft; La camera che svolazza sognante accompagnata dalla voce lamentosa femminile fuori dal lucernario e poi all'interno; La personalità cangiante.
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Spiritika 2 è un film dimenticato. E se in parte lo merita - a causa di una brutta sceneggiatura, dialoghi e look anni '80 nella loro accezione negativa - dall'altra è un peccato perché il prodotto finito tradisce una certa tecnica e uno stile di regia non banale che fa immediatamente pensare, per via di certe evoluzioni della macchina da presa, a pellicole circonvicine nel tempo tipo Intruder - Terrore senza volto (di Scott Spiegel), La casa 2 (di Sam Raimi) e, ultimo ma non ultimo, lo stile del buon Don Cascarelli, arrivando anzi a citare evidentemente le sfere volanti (di Phantasm si tratta, of course), qui sostituite con una lama circolare, in una seguenza, della durata di circa 40 secondi, davvero riuscita.
Sotto: due immagini della lama volante min. 24.48 / 25.00
La scena delle lame volanti ricorda parecchio la sequenza di Phantasm 2 (al minuto 50 se non sbaglio) quando il protagonista è in fuga dalla sfera gialla che lo insegue e riesce a chiudere la porta.