In un collegio gestito da preti cattolici ne succedono di tutti i colori: gli studenti sono tutti figli di gente che conta spediti lì per reprimerli, mentre gli inservienti sono quasi tutti disadattati e avanzi della società. Bellocchio, dopo aver distrutto l'istituzione familiare, disegna qui un grande atto d'accusa contro il sistema educativo e il ruolo della religione. Pur essendo girato con toni realistici, è un film pregno di simboli e metafore. Molte idee qui utilizzate saranno poi riprese in Marcia trionfale. Autobiografico, ostico e necessario.
MEMORABILE: La rappresentazione teatrale grandguignolesca.
C'è tanto materiale di cui parlare: rivendicazione laica, l'esercizio del potere ecclesiastico come forma di controllo, critica ad un istituzione chiusa che non accetta e non si cura dei cambiamenti, la rabbia giovane... Un microcosmo destinato ad implodere. Ricco di fascino, è permeato da un affascinante estetismo con interessanti rimandi simbolici/metaforici. Si poteva forse osare ancora di più, ma resta comunque un film d'accusa molto forte di cui a parer mio è doverosa la visione, almeno una volta.
L’attacco al collegio cattolico, icona di sistema retrogrado, repressivo e fondato sulla paura, completa i discorsi su potere e istituzioni della trilogia iniziata con I pugni in tasca e La Cina è vicina; la satira invero si disperde nel grottesco che impazza irrefrenabile nelle caricature allegoriche di convittori, preti e inservienti e nella recita scolastica di un Faust blasfemo e gore. Quasi un clone di Helmut Berger, Beneyton si appropria deciso del nazistoide in erba Transeunti, Scarpa anima il saggio ma debole vicerettore Corazza e la Betti scatta in un isterico cameo. Sprecato Castel.
MEMORABILE: Il sermone sulla masturbazione; il prete “Matematicus” che dorme dentro una bara; la recita; Tino che parla degli alieni.
Un film quasi documentaristico in cui si riconoscerà, per lo meno in parte, chi ha avuto la sventura di vivere l'esperienza di un collegio cattolico. Bellocchio si ispira alla realtà di un ordine di educatori tuttora esistente, ma mai citato, che un tempo operava anche nella città di Piacenza. Chi ne è stato ospite (o utente) negli anni giusti non faticherà a riconoscere certe situazioni e personaggi realmente esistite/i. Intelligenti e interessanti considerazioni a prescindere dal fatto che uno le condivida o meno.
MEMORABILE: Il missionario senza lingua che parla in classe (succedeva davvero).
Sono uscito dalla visione di questo film sbalordito e meravigliato al tempo stesso. Non mi aspettavo nulla del genere. La rappresentazione dell'educazione cattolica repressiva e del potere che esercitava è resa splendidamente come un sogno (ma è la realtà) diabolico. All'interno del film abbiamo un campionario di esseri proteiformi; pervertiti da un sistema che soffoca e reprime senza formare. Gli scontri tra Beneyton e Scarpa e la scena del sermone in Chiesa sulla masturbazione, sono da antologia. Assolutamente da vedere.
MEMORABILE: L'inizio con gli schiaffi tra padre e figlio è qualcosa di eccezionale che da l'idea di quanto aspetta allo spettatore da lì in avanti.
È un micro cosmo quello del collegio cattolico che ben riflette quello più ampio di una Nazione, ma anche del mondo in generale con piccole eccezioni. Si parla di potere, potere esercitato per controllare una massa non coordinata resa ancora più debole dalle sue paure. Bellocchio rende evidenti tutte le contraddizioni della religione cattolica e i suoi comportamenti che niente hanno a che vedere con il Vangelo che va predicando. Quella che sembra una ribellione giustificata, è un diverso tipo di potere che sposta solo il bastone del comando.
Con l'arrivo di un giovane ribelle in un collegio gestito dai preti si crea poco a poco una vera destabilizzazione all'ordine-disordine prestabilito, con idee sovversive che sortiranno l'effetto di una bomba esplosiva. Bellocchio descrive tre piani sociali: il Clero che fa fatica a ricevere il nuovo, la generazione dei figli di papà "pronta a tutto", la classe operaia meridionale e ignorante. Lo fa con una modalità espressiva unica nel suo genere, mista tra il surreale, il simbolico, l'ironico e il drammatico. Il cast è perfetto, con volti poco conosciuti ma dirimenti.
MEMORABILE: Il taglio del pero che rende libera la veggente, libera di andare a lavorare in fabbrica...
A render conto dell'ambizione e della intelligenza cinematografica di Bellocchio sta già la versione "tagliata" del 2011, che si innesta su quella "maoista" di 40 anni prima in un film che già arretrava la propria narrazione al 1958, creando così una vertiginosa "ronde" temporale/politica/filmica di estrema (per molti sfibrante) dialettica. Penetrata da cardinali apporti tecnici (il montaggio di Arcalli, le scenografie plumbee di Fago, la musica di Piovani), un'opera che testimonia un'ossimorica natura rigida eppure plastica, severa e libera, incondizionata. Da brividi Renato Scarpa.
MEMORABILE: Matematicus, il confratello che "vive" nella bara; Le pistolettate (mai a segno) verso la madre (Laura Betti) di Franco (Aldo Sassi).
L'ottenebrante mondo della Chiesa è combattuto da giovane nazistoide, pronto a entrare fra coloro che avranno le leve dl potere, mentre la ribellione delle classi umili viene impedita dalla borghesia sciocca e gelosa del suo status. Film dirompente sin dalla scena iniziale di schiaffeggiamenti (il padre è Renato Romano, n.c.) e dal canto, sui titoli, alla "Perdon, pietà". Ottimo fino alla rappresentazione teatrale, perde un po' di brio nella parte finale, del tutto metaforica, ma non del tutto convincente. In un cast di maschere, molti volti perfetti e, straordinario, Renato Scarpa.
MEMORABILE: Scarpa, in platea, sorride nascostamente, alla fine dell'operazione; Aligny concede l'applauso; Torricella apprezza la rappresentazione della Morte.
Film complesso, che può ricordare una futura opera di Petri. Bellocchio abbandona la narrazione lineare e lo sviluppo di una vera e proprio trama per lanciarsi nel grottesco, con un ritmo non sempre elevato per via di una sceneggiatura piuttosto sfilacciata, in particolare verso il finale. Eppure il film è notevole su molti livelli: la satireggiante descrizione del collegio e dello stanco mondo dei preti, il ritratto disgustoso dei figli degli altoborghesi pronti a far la rivoluzione solo verso destra, la tragicità (pur un po' schematica) del debole studente "di sinistra".
MEMORABILE: L'incipit sui titoli di coda, piccolo capolavoro dalle tinte horror; Il prete amante della morte; La lettura sacra sulla masturbazione.
Un nuovo studente mette in crisi il potere costituito di un collegio. Bellocchio inscena la fine della chiusa visione ecclesiastica di Pio XII e condanna apertamente i metodi educativi. Prima parte migliore dal punto di vista filosofico e prosieguo che calca la mano al punto da apparire grottesca. Alcune scene sono piuttosto dirette (gli sputi, il cadavere) e disturbanti nella rappresentazione teatrale (basti vedere gli sguardi dei bambini). Beneyton ha una certa presenza anche se il migliore, come ruolo, è Scarpa.
MEMORABILE: Gli sputi alla statua; Le sberle al padre; Il cadavere gettato dalle scale.
Un Bellocchio teso a sfidare il potere costituito, rappresentato da un collegio religioso dove trova riparo una gioventù intellettualmente pigra. Si prefigura uno scontro tra le personalità del rettore (uno Scarpa molto valido) e del ragazzo dalla forte personalità, ma in realtà il regista fa un discorso a tutto tondo, con le armi del grottesco e della lotta per fazioni. Simbolico e coraggios,o ma funziona a corrente alternata perché alcuni segmenti sono troppo insistiti.
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Sembra che in occasione della consegna al regista del Leone d'oro a Venezia, tornerà nelle sale cinematografiche una versione tagliata di 20' di questo film. Boh.....mah....
Non credo però che il film venga presentato in
versione ridotta per motivi censori. Forse il
regista ha deciso di accorciarlo per renderlo
più facilmente fruibile al pubblico.
Cotola ebbe a dire: Non credo però che il film venga presentato in
versione ridotta per motivi censori. Forse il
regista ha deciso di accorciarlo per renderlo
più facilmente fruibile al pubblico.
Probabilmente è così, ci ho pensato anche io. Solo che entrambe le ipotesi mi lasciano lievemente amareggiato. Dovrei aver modo di poterlo vedere per esprimere un giudizio con maggior cognizione di causa, ma non vorrei che il Bellocchio 72enne si mettesse a bacchettare il Bellocchio 34enne.
La farloccandina buiesca di Nel nome del padre, registrato su RaisatCinema nella primavera del 2000, su videocassetta TDK/HS.
Del feroce apologo bellocchiano avevo giusto la cover della vhs sul catalogo della Deltavideo (praticamente la stessa che c'è sulla scheda davinottica), ma era troppo piccola per usarla come cover per la mia registrazione.
Così ricopiai la locandina; però non mi piaceva il ragazzetto con la bocca spalancata, così lo modificai, anche per renderlo più "minaccioso" e "enigmatico".
Alla fine mi uscì una specie di sotto-scanners dei poveri (gli occhi neri, notare poi l'orecchio, che sembra la parabola satellitare di Contact)
Ricolorai alla mia maniera i tre quadratini, nel retro cover tagline di Film Tv con immancabile divieto, ed ecco fatta la farloccandina:
Ho sempre ammirato Marco Bellocchio. Ma stavolta sono rimasto molto perplesso. Ottimi gli attori, ottima la recitazione, ottima la sceneggiatura, ottima la fotografia. Ma la trama mi è apparsa talmente contorta al punto che, alla fine, io, come altri spettatori, non abbiamo realmente compreso quanto abbiamo visto sullo schermo fino all'epilogo. Forse il regista è scivolato, auspicabilmente in via estemporanea, in una deriva ermetica: per la quale del senso, soprattutto logico, della propria opera cinematografica ne ha avuto soltanto lui contezza. Voto: 5 e 1/2. Film da vedere comunque poiché Bellocchio è comunque Bellocchio.