Di certo non possiede la carica dissacratoria e iconoclasta del capolavoro I pugni in tasca, ma ne ricalca l’impianto teatrale, caricaturale, enfatico, talvolta eccessivo. Questa volta gli strali veleniferi del regista hanno come bersaglio soprattutto i partiti politici, tra gattopardismo, deliri maoistici e tentazioni terroristiche; molta l’ironia di fondo. Cast ricco e capace, specie Mauri e Aprà; bellissime musiche militaresche di Morricone.
MEMORABILE: Mauri chiuso in bagno che declama: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”
Ottimo Bellocchio d'annata, questa volta su un registro satirico e beffardo che imparenta più di quanto non si penserebbe La Cina è vicina alla migliore commedia all'italiana. Attori in palla (eccezionale la prestazione di Mauri) e confezione efficace, contemporanea ma senza troppi birignao autoriali o godardismi posticci; più di una frecciata a segno. Apparizioni per Haber e Cassinelli giovanissimi. Meritevole.
MEMORABILE: L'"attentato" alla sezione del partito; Il pranzo di Mauri con le zie beghine
Inevitabile passo indietro rispetto all'esordio capolavoro ma comunque
un buon film divertente e simpatico che si diverte a colpire, non sempre con la stessa efficacia, diversi bersagli: in particolare i partiti politici, il loro trasformismo e l'ipocrisia borghese. Qualche eccesso teatrale di troppo ma, per fortuna, Bellocchio è ancora lontano dagli psicologismi d'accatto di tante altre sue pellicole successive. Bravi gli attori, molto bella la colonna sonora di Morricone.
Godibile e divertente.
Bella commedia satirica che riprende il discorso intrapreso dal precedente film e continua nella dissacrazione dell'istituzione familiare aggiungendo una serie di colpi bassi alla confusione che regnava sovrana in politica; in un clima molto ironico e ben diretto. Validi e ben adeguati gli attori, su cui spicca un grandioso Glauco Mauri. Scorre via che è un piacere e sono molti i momenti che restano in mente.
Dalla rabbia al sarcasmo: Bellocchio rinfodera i pugni e sfodera la linguaccia per sbeffeggiare il velleitarismo politico di sinistra, sia esso il trasformismo del ricco borghese o il calcolo egoista di chi sogna nozze danarose o la sterile clandestinità catto-sessuomane di bombaroli maoisti. Fa tanto Anni Sessanta, ma sembra così attuale nel dipingere finti ideologismi e astuzie gattopardesche! Il regista si concede chicche dialogiche o visive o situazioni in cui far precipitare la tragedia dell'Italia in farsa da italietta rabberciata. Graffiante.
Gli umori, gli appetiti sessuali, le aspirazioni, ma pure le ideologie borghesi e proletarie, alla fine sono le stesse. Anche se si cerca sempre più faticosamente di mantenere formalità ormai senza senso tutto è destinato a fondersi, come del resto sta capitando ai partiti politici. Tutto per galleggiare, tutto per sopravvivere o vivere meglio. L'intreccio delle vite dei protagonisti è notevole, Bellocchio continua a esaminare l'essere umano nella sua essenza, ma immerso in una società in veloce "evoluzione". Finale che sdrammatizza.
Raro che un film così pervicacemente legato al clima socio-politico-culturale del periodo storico, come quello in questione, mantenga tanto inviolata la sua freschezza cinematografica, la sua bellezza tecnica, la propria radicale visionarietà. Dopo la dolorosa serietà dell'esordio, Bellocchio muta registro, giocando con lungimirante umiltà la carta d'un disincanto ironico, spietato quanto divertito. Palesemente godardiano negli intenti, il film assume progressivamente la sua autonoma personalità, interpolandosi perfino con la commedia italiana. Trascinante Mauri.
MEMORABILE: Il primo comizio di Vittorio; La tenebrosa bellezza di Elda Tattoli e quella ombrosa della Surina; Camillo al piano in collegio.
Della radicalità del dubbio: non diffidate solo da chi professa fedi politiche che mal si sposano con considerazioni di ceto e censo, sembra dire il giovane Bellocchio, ma guardate anche nel cuore di una giovane generazione che cresce all'ombra di velleitarismi ideologici sbandierati e mai attuati - o, al massimo, attuati perché nulla cambi. Satira che coglie perfettamente lo spirito di un'epoca sospesa tra lazzi favolistici e avvisaglie di più profonda inquietudine. Ancora disarmante - e non è un complimento - l'attualità di certe situazioni.
MEMORABILE: Rapporti carnali e coscienza di classe; Gravidanze a scopo ereditario.
Film che precede di un anno il 1968 italiano disegnandone però subito le contraddizioni che l'hanno accompagnato. Ottimi i personaggi, veri emblemi dell'ipocrisia che accompagna la politica, a prescindere dal colore. Glauco Mauri, straordinario attore che purtroppo ha fatto poco cinema, ci presenta un personaggio che resta negli annali, ma indimenticabili sono anche tutti gli altri, squallidi e calcolatori. Una grande prova di Marco Bellocchio, che il cinema politico lo sa fare bene.
Adesso ce la ridiamo ma nel '67 l'acrobatico numero dei maoisti emiliani contro i socialisti unificati era affar serio: bombe, mazzate alla cieca, piccinerie di pelo, cani lupo sguinzagliati. Bellocchio e Elda Tattoli si chiudono nella sineddoche (la profonda provincia) per spubblicare l'ipocrisia pagnottista della politica italica e dei suoi notai. Rodati attori di teatro (Mauri su tutti) si cimentano con scintillante naturalezza. Quanto si ride nel pianto. Un gioiello.
MEMORABILE: Il comizietto di paese finito a pedate; Il gatto rovina la candidatura social rifomista.
Straordinario affresco di un'epoca (il centro sinistra che era sempre meno credibile, i giovani maoisti che accusano di tradimento i riformisti) che però non è affatto invecchiato ma rimane bello, graffiante, surreale. Marco Bellocchio, che pure proprio in quegli anni scelse di militare in un gruppo maoista, dimostra di avere uno sguardo lucido, una capacità di raccontare che prescinde le attenzioni alla contemporaneità: difatti funziona ancora adesso, per descrivere i velleitarismi della politica.
Ricco borghese punta a diventare assessore. L'evidente connotazione politica risulta ridondante e grottesca tra lotte capitalistiche di provincia e pesanti (quanto inutili) dialettiche. La parte migliore è il gioco delle parti tra i ricchi che cercano di non farsi fregare e i poveri arrivisti che, ovviamente, hanno il cervello più fino. Bellocchio infila anche qualche riferimento religioso a sottolinearne la vacuità. Comparto femminile di spessore (ottima la Tattoli) mentre i maschi sono sempre sul teatrale (Mauri ne è l'esempio, anche nelle fragilità).
MEMORABILE: Le botte al comizio; Il prete dal medico abortista; L'inventario; La Dattoli che cerca un altro marito.
Bel titolo e bel film. Bellocchio, filmando all'epoca della fusione fra PSI e PSDI (ben presto abortita), non risparmia nessuno. La lista è interminabile: poveri e nobili, ricchi e aspiranti arricchiti, socialisti e maoisti, sacerdoti e libertini, padroni e servi. Qualche snodo è francamente sforzato (la proclamata via di Damasco, il gatto a teatro...), ma viene compensato da alcuni momenti geniali, come l'uscita di casa, contemporanea, dei due neo-amanti (fino a poco prima fidanzati) dei due ricconi: momento che pare preso da I mostri, o da altro vertice della commedia all'italiana.
MEMORABILE: Oltre al citato: Aprà, accingendosi ad unirsi alla Biscardi, le parla di lotta di classe, ma lei se ne frega e pensa solo a sfregarglisi addosso...
Capolavoro di Bellocchio, non più cupamente impegnato a dissezionare la triste piccola borghesia di provincia ma a deridere l'ipocrisia borghese (e non) in una città socialdemocratica. Le botte ci sono per tutti, con ritmo perfetto, con grazia registica da nouvelle vague, con situazioni comiche tra le più alte della commedia all'italiana: per i ricchi che vanno verso il popolo solo a parole, per il cinismo di chi vuole fare il balzo di classe vendendo il corpo, per i giovani che mischiano le parole rivoluzionarie a problemi sessuali, mai superati da nessuno. Geniale e graffiante.
MEMORABILE: "La madre è un giglio!"; Mauri che implora il voto alle zie beghine; Il primo comizio; L'uscita notturna degli amanti.
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È un film satirico e grottesco, secondo me gli stanno stretti sia la commedia che il drammatico. Comunque vedo che in rete prevale in effetti il genere "commedia".
Satirico grottesco mi sembra più vicino alla
commedia che al drammatico (almeno in questo
caso anche se non sempre). Naturalmente poi
sappiamo che la questione dei generi è spinosa.
DiscussioneZender • 17/03/10 07:47 Capo scrivano - 48958 interventi
Cotola ebbe a dire: Satirico grottesco mi sembra più vicino alla
commedia che al drammatico (almeno in questo
caso anche se non sempre). Naturalmente poi
sappiamo che la questione dei generi è spinosa. Verissimo.
Visto il film, colmando mia grave lacuna. Confermo che Commedia è il genere più adatto. E aggiungo che hanno ragione coloro che hanno segnalato, specialmente per certe fasi del film, una cospicua vicinanza con la coeva commedia all'italiana.