Il Barone Frankestein ritrova la sua creatura ibernata nei ghiacciai tra le montagne. La risveglia ma... Prodotto dalla mitica Hammer ma niente a che fare con lo splendido ciclo diretto da Fisher. Si rifà più che altro ai vecchi film della Universal degli anni '40, con la giusta punizione per chi trasgredisce le regole. Francis dirige discretamente e la pellicola possiede un buon ritmo. Ma certe scene sembrano riprese da un film di Bond. Bravo come sempre Peter Cushing, anche se, come Francis, ha fatto di gran lunga meglio.
Terzo capitolo della saga targata Hammer, con Francis in luogo di Fisher alla regia ma sempre con l'inossidabile Cushing nei panni del terribile barone. Non ha buona fama ma, nonostante il look della creatura (che vorrebbe rifarsi a quello Universal) sia un po', diciamo, eccessivo, il film funziona: Francis non è l'ultimo arrivato, i colori sono splendidi, le scenografie al solito di alto livello e gli interpreti in palla (splendida Katy Wild nel ruolo della ragazza sordomuta).
Terzo capitolo dell'ottima saga del barone Frankenstein. Cushing come al solito offre una ottima interpretazione, il film si segnala per un buon finale (che però non si rivelerà definitivo), un buon cast e soprattutto un buon ritmo. E questa volta non è il barone il personaggio a risultare più cattivo. Promosso.
Il dottor Frankenstein, torna nel castello familiare di Karlstald dopo 10 anni di assenza. Il rinvenimento della creatura, conservata nel ghiaccio, impone l'intervento d'un ipnotizzatore in grado di resettare il cervello (sic!) del mostro. Film apocrifo, anche se seguito de La vendetta di Frankenstein, che sbanda in virtù di un regista ben poco interessato alle dinamiche psicologiche dei protagonisti. Francis non sente suo il personaggio di Fisher e la produzione, caso raro frutto della collaborazione tra Hammer e Universal, opta per un look della creatura tardo anni '40. Ha un seguito.
Seguito della saga dei Frankenstein Hammer, questa volta con la collaborazione dell'Universal e si vede: nell'aspetto della creatura, nell'ambientazione e nella trama, che segue lo schema di film come Il terrore di Frankenstein. Si comincia con il prologo dove il celebre dottore deve fuggire e si passa al viaggio verso il villaggio e il castello dove diede vita al mostro (il suo ritrovamento è una vera e propria citazione a Frankenstein contro l'uomo lupo). Ottime atmosfere e ambientazioni per un'opera affascinante ma non del tutto riuscita.
Mal collegato al capostipite di cui si rigirano alcune sequenze, questo terzo capitolo della saga Frankenstein della Hammer delude parecchio, innanzitutto per il ridimensionamento della figura del Barone, che perde ogni tratto diabolico diventando vittima dell'ottusità dei miscredenti e della cupidigia degli approfittatori ed assurgendo infine a martire della scienza. Cushing è sempre professionista signorile e versatile, mentre la Creatura del gigantesco wrestler Kiwi Kingston recupera il trucco di quella, classica, di Boris Karloff.
MEMORABILE: La fuga di Frankenstein dalla camera da letto del borgomastro, sotto lo sguardo un po'stupito ed un po' ammirato della moglie.
Qualche tocco originale: la ragazza sordomuta come freak, l'uso del mostro come Golem vendicatore. Il tutto, però, annega nel già visto, anzi del già visto sino alla sazietà. Cushing esercita sempre il suo fascino nei panni del fatale barone, elegantemente distaccato e autoritario. Finale esagitato come da copione. Buona la cura dei dettagli.
Il barone risveglia la sua creatura con l'aiuto di un ipnotista ma quest'ultimo ne assume il controllo. Rispetto a La vendetta di Frankenstein il terzo sequel torna più nei binari dell'horror puro (la joint venture fra Hammer e Universal porta a un look più classico) mentre il barone Cushing (prima era lui il vero mostro) diventa il personaggio positivo, con tormentoni ("loro distruggono sempre tutto ciò che non capiscono") da martire della scienza, vittima dell'oscurantismo della sua epoca e dell'avidità altrui. Niente male.
MEMORABILE: Il baraccone dell'ipnotista alla sagra paesana.
Sequel che in qualche modo riscrive gli avvenimenti precedenti cercando di creare una fusione tra la vecchia serie Universal (il make-up alla Karloff, gli interni del laboratorio) e quello che si portava in quel periodo. Non ci riesce molto, anche perché nella prima metà la storia stenta a decollare tra lunghi flashback e desideri di vendetta disattesi. Nella seconda metà si va meglio, con l'entrata in scena dell'ipnotista a portare una ventata di freschezza. Fotografia al solito sgargiante e interessante, Cushing sempre nel ruolo. Finale prevedibile.
Per la prima volta la Hammer coopera con la Universal e si vede: resurrezione temporalesca simile a quelle dei film di Whale, un mostro che è quasi la copia di Karloff e certe soluzioni (la creatura rinvenuta nel ghiaccio) riciclate da Frankenstein contro l'uomo lupo. La storia non è granché, ma Francis dirige bene e Cushing è un raffinato mad doctor sempre convincente. Le istituzioni religiose e politiche, fra bigottismo e corruzione, appaiono assai più subdole del barone. Riuscito il finale pessimista, con chiosa che fa il verso a quella di Colin Clive ne La moglie di Frankenstein.
MEMORABILE: I foschi e ottimamente fotografati paesaggi; Le pecore uccise dal mostro; La fuga di Cushing dalla casa del borgomastro; Il confronto con l'ipnotista.
Oggi lo potremmo definire un reboot del ciclo Universal (che infatti coproduce) inaugurato dal classico di James Whale, qui omaggiato persino nell'aspetto della creatura, che riprende il trucco di Jack Pierce. Nonostante la presenza di un sempre carismatico Cushing, il film è del tutto scollegato dalla saga di Fisher a partire dalla caratterizzazione del mad doctor; lo script, davvero elementare, non ha nessuna delle complessità che hanno reso memorabile il ciclo Hammer. Francis punta tutto sulla resa di scenografia e luci, rasentando il perfezionismo, ma l'emozione vola bassa.
Un Frankenstein fuori "collezione", nel senso che il film originario di Terence Fisher ha dei seguiti che non tengono conto di questo, anche se il diabolico scienziato ha sempre il voltoi di Peter Cushing. Comunque, un gotico di ottima fattura, con atmosfere rarefatte e la dannazione dello scienziato illuminista che diventa prigioniero proprio della sua sete di scienza.
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La versione televisiva contiene scene in piu' girate con altri attori,che creano una storia indipendente (e non necessaria aggiungo),tra le quali quella nella quale una altra ragazza muta a causa dello schock per la visione del mostro,vuole guarire (senza peraltro riuscirvi alla fine).