Dev'esserci proprio un'attitudine innata alla rappresentazione del sangue in Scorsese se fin da uno dei suoi primissimi corti trasforma la rasatura di un giovane in un bagno candido in un'esplosione splatter di sangue che sgorga copioso al passaggio della lametta... L'impatto è fortissimo e Scorsese lo gioca bene non solo perché inatteso, ma anche grazie al contrasto cromatico tra rosso e sangue (e pelle del ragazzo) nonché tra l'azione cruenta e l'espressione serena del protagonista, con tanto di canzoncina orecchiabile in sottofondo.
Certo che oggi un esordiente, con un corto del genere, non riscuoterebbe piu di tanti consensi; ma i tempi erano diversi, e Scorsese colpì la New Hollywood. Inaspettato arriva il sangue, accompagna piacevolmente la musica, al punto che inizialmente sembra quasi uno spot commerciale per un prodotto da rasatura. A testimonianza di una buona visione concettuale delle cose (guerra in Vietnam, parrebbe) il fatto che nel corto ci siano diversi ingredienti tipici della ricetta del suo cinema.
Forse uno dei cortometraggi più scioccanti e nichilisti mai girati. Scorsese, in poco più di 5 minuti, destabilizza con quella che pare una normale rasatura mattutina di un giovane e anonimo ragazzo americano. Pian piano l'inquietudine lascia spazio all'orrore, con il rosso vivo dello sgorgare del sangue, il ragazzo che continua a radersi e a massacrarsi il volto sino a diventare una maschera di sangue. Non pochi velati omaggi a Psyco (il sangue che cola nel tubo di scarico del lavandino) e un orrore impalpabile che mette non poco a disagio. Un pugno in faccia che lascia il segno.
MEMORABILE: La canzoncina che amplifica l'effetto disturbante; Il primo piano del rubinetto, del water; Il sangue vivissimo che imbratta il lavandino.
Minimale, ma di grande e disturbante impatto, per il contrasto tra l’atmosfera ovattata (enfatizzata dal morbido sottofondo jazz) e la crudezza della scena, col nitore delle ceramiche e delle superfici cromate rimpiazzato dal rosso cupo del sangue. In pochi minuti Scorsese offre un saggio di quello che sarebbe stato il suo cinema a venire e sembra lanciare una critica, con uno stile personalissimo, all’intervento americano nel Vietnam.
Scorsese immortala il suo uomo con occhio ambiguo e malizioso, i riferimenti al mondo del cinema queer sono forse vaghi ma coadiuvano a far emergere l'estetica homo viril di tutto il cortometraggio. Il sangue, che fuoriesce dal volto e si adagia sul petto testosteronico del giovane e appagato protagonista, è disturbante e generoso. Notevole la scelta di girare il tutto in una piccola location di (finto) immacolato candore.
Bello il contrasto del bianco (del lindo bagno in cui si svolge la vicenda) e della schiuma da barba col rosso del sangue che sgorga sempre più copioso dal volto del protagonista. Tuttavia questo corto di Scorsese non riesce a convincere più di tanto, in quanto il messaggio di fondo non traspare con grande evidenza (critica alla guerra del Vietnam, come parrebbe confermato dall'enigmatica scritta finale?). Rimane comunque un lavoro interessante e da conoscere in quanto contiene già elementi del cinema più maturo del regista.
Quando le dimensioni non contano: corto sì, ma che segno indelebile lascia. Mentre l'America delle minoranze si agita e scalcia violentemente per reclamare il diritto alla voce, un wasp della middle class in un bagno più candido di lui si scortica facendosi la barba, denudandosi dell'epidermide superficiale e facendo scorrere a fiumi il sangue nelle tubature. Al di là dell'impatto visivo, comunque forte, è il polifonico discorso metaforico a interessare e a provare che, seppur giovane, questo Scorsese riusciva già a far saltare il banco.
Se si intende bene, qui si vuole rappresentare l'apparente lindore, una sorta di innocenza ambientale che tale è, appunto, solo ad un'occhiata rapida. Ma, se si scava a fondo, il lindore inizia a mostrare macchioline, poi macchie, poi un'alluvione di sangue. Il tutto sopportato con leggerezza, con gradevole contorno musicale, come se fosse cosa aliena, sopportabilissima. Metàfora, insomma, del sangue che scorre nel Vietnam (non a caso il protagonista è un giovane). Efficace sì, con resa sanguinolenta non molto verosimile, che forse poteva essere rappresentata in maniera più centrata.
La quintessenza del metraggio breve: minimale, abitato, tendente all'avanguardia - un ordigno nascosto in una struttura di cristallo. Rimandi al Vietnam necessari, ma il discorso potrebbe abbordare altrove senza limiti - da lidi reazionari (e qui lo stile commercial iniziale) fino ad alcuni territori biografici (e l'infanzia isolata di Martin). Un gioiellino dal perfetto "fil rouge" (letteralmente), che sa di detonatore per una carriera in ascesa - e nel découpage le prime avvisaglie della sua intransigenza.
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MusicheAlex75 • 26/02/18 17:17 Call center Davinotti - 710 interventi
Il brano jazz di sottofondo è "I can't get started" di Bunny Berigan (1937).
Vedo che qui, come in Imdb, sono riportati i titoli italiani di questo ed altri "corti" girati in gioventù da Scorsese. Qualcuno sa dirmi da dove escono i titoli in italiano? Sono tra gli extra di qualche dvd?
Ak kink sottoriportato si può leggere lo script originale di Scorsese (notare che in origine pensava di girare il film in b&n). Il titolo originalmente previsto era:
"I can't get started with you - 1967"