Prima di finire nelle liste di proscrizione del senatore McCarthy (grazie alla delazione dell'amico Edward Dmytryk) e rifugiarsi in Europa (dove realizzò, tra le altre cose, Rififi e Topkapi), Jules Dassin diresse questa splendida opera per la quale si potrebbe coniare (se non l'hanno già fatto) il termine "noirealista". L'omicidio, la detection, la resa dei conti: tutte le convenzioni del genere immerse, però, in autentiche location newyorchesi di cui il regista sfrutta tutte le cinepotenzialità ben prima di West Side Story, Allen, Scorsese.
MEMORABILE: L'inseguimento del vilain (Ted de Corsia) sul ponte di Williamsburg.
Noir piuttosto atipico in cui ad interessare non è tanto la storia, comunque non male, quanto piuttosto il modo in cui è ritratta la città di New York, quasi in stile neorealista, che, splendidamente fotografata, è la vera protagonista del film. Peccato per la voce fuori campo, troppo presente e quindi invadente e che alla fine la pellicola risulti troppo moraleggiante, cosa che, a mio avviso, un noir non dovrebbe mai fare. In ogni caso un buon film ma, forse, vista la fama che ha, un po' troppo sopravvalutato.
Sulla carta sarebbe un film con poco appeal: classico noir con plot semplice (inchiesta su una donna uccisa in un giro di gioielli rubati) ma senza eroi e scevro dei tipici meccanismi narrativi thrilling, raccontato invece con attitudine documentaria, con tanto di voce che spiega quasi didatticamente tutti i dettagli di un'indagine. E invece il risultato è magnifico: anziché deprimersi, l'attenzione rimane alta e il film mostra in presa diretta la vita pulsante nelle vere strade di New York. Poliziesco neorealista all'americana?
Le indagini sull'omicidio di una mannequin in una Manhattan che, alla fine degli anni '40, ha già un numero di abitanti pari a quello odierno, è ora un buon documento sulla vita della metropoli, sulle sue strade e sulle sue abitudini. Il commento fuori campo che segue tutto il film è particolare e in alcuni momenti tramuta quasi in commedia momenti drammatici e di grande tensione. Descritte scrupolosamente le indagini fatte da una polizia capace, onesta e molto professionale, con spaccati di vita privata dei detectives. Buoni regia e montaggio.
Bellissimo noir poliziesco, ritratto di una New York anni '40 lungi dal divenire la sfavillante città dei nostri giorni. Il racconto appassionante e coinvolgente di una vicenda investigativa non lascia quasi il respiro per il ritmo incalzante, condotto con brio e vivacità da Dassin, senza tralasciare una vena comica e sarcastica affidata a Barry Fitzgerald ogni volta che mette bocca nelle indagini. Finale da antologia.
Sulle orme dei detectives che indagano sull'assassinio di una giovane donna venuta dalla provincia, un quadro di New York quasi tutto girato in ambienti reali, crudo e pessimistico, i cui intenti simil-documentari sono temperati da esigenze più commerciali che ne smussano la carica. Ne è un esempio il personaggio di Barry Fitzgerald, poliziotto arguto e simpatico ma troppo bozzettistico. Ciò nonostante e malgrado qualche didascalismo di troppo, film ben ritmato, di grande ambientazione, con belle sequenze ed un gran bel finale.
Caccia all'assassino nei bassifondi di New York, nel mezzo di un giro di ricettatori di gioielli rubati. Noir appartenente al filone realista, pesantemente modificato dalla produzione per attenuarne i toni di denuncia sociale, conserva molti aspetti interessanti, a cominciare da un'ambientazione insolita, che usa le location reali (più di 100) invece delle comuni ricostruzioni in studio. Così risaltano scene urbane quasi documentaristiche. Il commento off, aggiunto e registrato dal produttore Hellinger, è a tratti curioso, più spesso fastidioso.
Teso, ruvido e avvincente noir d’indagine che pone al centro la figura del poliziotto integro, un eroe di basso profilo a guidare un corpo di polizia intento ad acciuffare i colpevoli di un omicidio. Una dolente storia immersa nella metropoli divoratrice, in cui Dassin distende il proprio sguardo antropologico sottolineando l’eco inquietante, il subdolo cinismo, la debolezza dell’animo e l’imponenza di una New York grigia e respingente, in cui è palpabile un senso di disagio che tocca a tutti. Grandissimo il finale che sfiora l'epica.
Film privo di sex-appeal, con pochissimo ritmo e una fotografia anonima. Infarcito di troppi siparietti comici e documentaristici. Un gangster movie sopravvalutato che si fa fatica a seguire. Poco innovativo nella forma e nella sostanza, classicheggiante ma non abbastanza da essere considerato un capolavoro, pur se amatissimo dalla critica ufficiale. Superato in tutto e per tutto nella sua identità di genere. La voce fuori campo poi te la raccomando...
Una trama lineare, senza particolari invenzioni visive e, incredibile, priva di colpi di scena. Eppure avvince. Dassin mostra la banalità delle indagini poliziesche, sospinte non dal genio - che è proprio ai detective nei gialli più celebrati - ma dall'esperienza, dalla pazienza e dalla tenacia; mostra la banalità degli intoppi, delle false piste e la mediocrità dei presunti colpevoli e dei veri assassini. Una delle tante vicende in una metropoli di otto milioni di anime.
Impostato più come una sorta di racconto di un'indagine in una grande città, ovvero la cronaca nazionale dei nostri tempi. Il tutto - grazie alle incursioni del produttore stesso dell'opera - inizia e si sviluppa tramite la "spiegazione" di come si comporta un comando di polizia quando avviene un omicidio. Alla fine è un prototipo di quello che saranno i futuri telefilm polizieschi: ne ha generato tanti, con queste caratteristiche! Anche perché, in fondo, c'è poco noir (nessuna fumosità e assenza di scene notturne) e tanto realismo.
MEMORABILE: La voce narrante quando ironizza; Le bugie colossali dell'indagato; Il vitino della mora; I modi di fare del tenente; L'inutile fuga sul reticolato.
Uno dei tanti delitti a New York, una città-metropoli non-città dove tutto sembra apparentemente disperdersi, se non fosse per il certosino lavoro di un ispettore di polizia. Un noir come tanti, sporco di malaffari e malavitosi che si intrecciano su differenti livelli sociali. Ricatti, furti di gioielli e soffiate sono un piatto misto che, arzigogolato nella resa narrativa quanto mai, ha il pregio di restituire un clima d'oltreoceano "dirty", sul finire degli anni '40.
Lo specialista Dassin propone un noir metropolitano piuttosto convenzionale, ma con un originale approccio semidocumentaristico (con una voce fuori campo a tratti invadente e moralista, che fa apparire il tutto piuttosto datato, ma con una costante ironia che riscatta questi difetti). Pur senza acuti, il risultato è coinvolgente nel mostrare il difficile lavoro investigativo del poliziotto. Le battute del “segugio” Muldoon e gli scorci newyorchesi valgono la visione.
MEMORABILE: I giochi dei bambini nelle strade della City; “Non mangiarti le unghie, tesoro: di stenografe è difficile che ne uccidano”.
Sin dal titolo si capisce che la protagonista di questo film sarà la città di New York, che si mostra al regista Dassin priva di orpelli a celarne le splendide forme. È quasi sempre notte e per le strade della Grande Mela si aggirano assassini e poliziotti in una vicenda che prende via via il sopravvento sull'ambiente fino a un vigoroso finale. Grande cinema che il cast rende con misura e mestiere. Un lavoro corale nella migliore tradizione dei noir hollywoodiani, che non fa sconti e non cerca scorciatoie, astenendosi da superflui giudizi.
MEMORABILE: La splendida fotografia del grande William H. Daniels, non a caso premiata con l'Oscar.
Un film che ha fatto scuola, probabilmente il migliore di Dassin e punto di riferimento per molti polizieschi metropolitani degli anni successivi. Celebrato soprattutto per la rappresentazione della città di New York, racconta anche una bella storia, non troppo complicata ma neppure banale e mostra come il successo delle indagini della polizia sia il frutto della pazienza e del lavoro certosino piuttosto che di intuizioni folgoranti. Bene il cast. Se poi la voce narrante si fosse limitata all'incipit e all'epilogo sarebbe stato ancora meglio.
Ordinato come un documentario; nitido nella figurazione metropolitana e avvincente nella regola d'arte del poliziesco quadrato. I tocchi neri ne impreziosiscono il tessuto drammatico (sono tocchi dati a velatura). Non è un indistricabile garbuglio noir con detective disilluso; non c'è traccia della donna fatale che nebulizzi veleno zuccheroso (o zucchero velenoso); non fluttua la melanconia. La polizia procede con metodi classici, tra interrogatori, false piste e intuizioni determinanti. Il caso, nel finale, tenderà un incisivo agguato, ovvero un'inesorabile trappola risolutiva.
Una ragazza viene trovata uccisa nel quartiere Chelsea di New York. Classico plot da poliziesco, con indagini e carrellata di indiziati in cui l’interesse è mostrare le sfaccettature delle persone che abitano la Grande Mela. Le immagini esterne hanno un che di cartolinesco e la regia è asciutta nei vari interrogatori, tanto da assumere i crismi del film inchiesta. La squadra omicidi ha modi tutt’altro che bruschi e la voce fuori campo spiega persino troppo, oltre a tediare. Discreti i luoghi dell’ultimo inseguimento.
MEMORABILE: Il cadavere nel fiume; I lottatori in palestra; Il lottatore a casa.
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HomevideoNoncha17 • 15/06/18 18:18 Pulizia ai piani - 1067 interventi
Disponibile da noi in una buona edizione edita dalla Golem Video ed inclusa nel secondo disco del doppio-DVD Jules Dassin Noir Collection. In cui, oltre a questo, nello stesso disco c'è Forza bruta dell'anno precedente.
CuriositàNoncha17 • 16/06/18 16:16 Pulizia ai piani - 1067 interventi
Il film è stato riadattato per una serie televisiva prodotta esattamente dieci anni dopo dalla ABC, The Naked City, composta da 39 episodi di 30 minuti. Venne cancellata dopo la prima stagione e, come interpreti principali, vedeva John McIntire e James Franciscus. Nel 1960 ripartì e andò avanti per altre tre stagioni (99 episodi da 60 min.) senza il "The" prima del titolo e con un nuovo narratore, oltre che senza i due attori citati prima!
In Italia è stata trasmessa con il titolo La città in controluce (o Una città in controluce).
P.S.: In ogni episodio era presente una guest star che interpretava il cattivo di turno, così come apparivano per la prima volta giovani attori in rampa di lancio.