Meritoria l'idea di riportare alla luce una pagina bizzarra della nostra storia, quando la fervida inventiva di un bolognese pose l'accento sul tema della sovranità dello Stato e delle sue acque territoriali in un'epoca (il 1968) di grande rivoluzione culturale. Giorgio Rosa (per sua stessa ammissione) non s'interessava di politica, semplicemente vedeva nella sua isola un modo per evadere – non solo idealmente - dall'oppressione e dalle imposizioni del mondo in cui viveva. Ingegnere laureatosi a Bologna, decise di edificare, a settecento metri dal confine delle acque territoriali italiane (e quindi a oltre 11 km dalla costa riminese), una piattaforma di circa 400 metri...Leggi tutto quadrati che potesse dichiararsi indipendente. Il film di Sydney Sibilia ricostruisce (con alcune ovvie libertà) la genesi dell'avventura di Rosa facendo interpretare il protagonista a Elio Germano, dall'accento romagnolo non troppo credibile in linea con una performance questa volta non indimenticabile, penalizzata da qualche eccesso fuori luogo peraltro comune un po' a quasi tutti gli elementi del cast, diretti dando la sensazione di un'artificiosità penalizzante. Il rapporto turbolento di Giorgio con la futura moglie (De Angelis), che in realtà ai tempi dell'isola aveva già sposato (con figlio), è schiavo di una formula fin troppo prevedibile che sarebbe stato meglio accantonare in favore di una maggiore attenzione allo sviluppo dei fatti. Anche perché le parti più gustose, almeno da un punto di vista recitativo, sono gli incontri tra il ministro degli interni Restivo (uno straordinario Bentivoglio) e il presidente Leone (Zingaretti), ai ferri corti per il diverso approccio al problema dell'isola in relazione a una chiamata del Segretario delle Nazioni Unite. Già, perché il caso fa il giro del mondo, si guadagna pagine intere sui quotidiani d'Europa e il rischio di aprire un pericoloso precedente è ben chiaro, nella testa di chi deve deciderne la gestione. Dal momento che però l'azione è per la sua gran parte concentrata sull'isola e negli immediati dintorni, ciò che emerge sono le discussioni tra il protagonista e gli amici con cui condivide l'esperienza, la costante indecisione sulla migliore via da intraprendere, su come contrastare il crescente malcontento degli organismi governativi. Il rapporto tra Giorgio e il suo socio fin dal primo momento (Lidi), aiuto indispensabile per raggranellare i finanziamenti necessari alla costruzione, si consuma all'insegna della goliardia, della voglia di scherzare insieme, di fondare qualcosa di nuovo e rivoluzionario, di lasciarsi trascinare dall'entusiasmo. Germano riesce a comunicare bene le sensazioni più forti, mentre meno centrata pare l'entrata in scena dell'organizzatore di origine tedesca cui spetta l'onere di dare visibilità al progetto (figura realmente centrale anche nella vera storia dell'isola). Si fatica un po' a inquadrare la portata del fenomeno, non si perdonano certe facilonerie che rendono il film più superficiale di quanto meriterebbe (la scelta molto importante dell'esperanto come lingua ufficiale dell'isola viene solo sfiorata), ma l'ingenua carica di vitalità che sottostava all'operazione si percepisce, così come la tristezza (meno eroica, nella realtà) che anticipa la demolizione. Un film più interessante che bello, realizzato sapendo di poter contare sulla capacità di attrarre l'attenzione della singolare idea che Giorgio Rosa ebbe alla fine dei Sessanta. Qualcosa di cui inevitabilmente si tornerà a parlare.
La storia vera della piattaforma marina che si proclama stato sovrano nell’Italia del ’68 è di per sé formidabile, e (anche se rimaneggiata) costituisce il valore principale del film, che si avvale di una regia fresca e briosa e di una produzione impegnativa che non lesina in ricostruzioni ambientali e d’epoca. Il problema è la riduzione di una storia esplosiva a ennesima novella degli amici estrosi, concettualmente nell’alveo di Smetto quando voglio, con spruzzata sorrentiniana nella descrizione (potenzialmente forte) delle stanze del Potere.
Una storia incredibilmente autentica, a partire dalla quale il regista Sibilia realizza una godibile commedia ben collocata nel suo contesto storico grazie ad un’eccellente ricostruzione ambientale, con una godibilissima colonna sonora e una larghezza di mezzi non comune nel cinema italiano. Lo spirito è quello della commedia di costume, con personaggi ben caratterizzati e la possibilità di riflessione sui concetti di libertà e identità nazionale. Cast ben scelto nel quale si segnalano un ottimo Germano e un eccellente Bentivoglio. Un buon film.
Film letteralmente incredibile, davvero, ignorando la storia (vera) da cui è tratto. Un tripudio brioso e scorrevolissimo sotto forma di commedia, che tocca tanti temi: l’agognata utopia di libertà, l’amicizia, il vero amore, l’incombente repressione politica. Ottimo il cast (notevoli Germano e Bentivoglio), godibilissima colonna sonora, attenta ricostruzione dei fatti e del periodo. Una chicca made in Italy che alza l’asticella cinematografica per originalità, sceneggiatura e interpretazioni. Quando tutto sembrava già raccontato, arriva un Sibilia che stupisce.
Al di là della ricostruzione storica, siamo davanti a un film davvero notevole per come sa raccontare quell'epoca, divisa tra l'ingenua creatività e l'ottusità del potere. Non si può non simpatizzare per quei ragazzi che ci hanno creduto, non si può non provare fastidio per le stanze del potere sapientemente raccontate da Sibilia: non dimentichiamoci, erano gli stessi uomini che pichi mesi dopo avrebbero depistato le indagini su piazza Fontana. Fresco, divertente, sorprendente
Per apprezzarlo occorre non sapere la realtà storica o metterla da parte. L'idea di base (divertentissima) è proprio reale, ma quello chi ci sta attorno proprio no. Scatta spesso il divertimento, funziona abbastanza il protagonista (qua e là eccessivo), non funzionano le due attrici, funziona ancor meno la parte sentimentale, incollata col nastro adesivo. A innalzare il film ci sono momenti esilaranti, tutti quelli che vedono coinvolti Bentivoglio (che fa Restivo) e/o Zingaretti (che fa Leone), con quest'ultimo esterrefatto nel sentire le narrazioni dell'altro. Con manica larga: ***.
MEMORABILE: Ministri in piedi, pronti a uscire: Restivo entra nei dettagli, si scambiano un'occhiata e si ri-siedono contemporaneamente. Le frasi dell'Ammiraglio.
L'unica guerra di invasione mai dichiarata dall'Italia repubblicana è stata contro un'utopia: una piattaforma edificata fuori dalle acque territoriali, creata con lo scopo dichiarato di aspirare ad una libertà svincolata dalle leggi. Strambo visionario, machiavellico imprenditore di sé stesso, cospiratore politico... Impossibile venire a capo della sfinge Giorgio Rosa, qui interpretato da uno stralunato Germano. Più che la storia, molto romanzata e spesso annacquata in troppe sottotrame, a piacere del film sono le atmosfere, l'aura nostalgica. Molto bene Bentivoglio e Zingaretti.
MEMORABILE: Grottesca riunione del Consiglio dei Ministri; Il ministro Restivo (Bentivoglio) che gusta un cornetto in solitaria su un enorme tavolo.
Riuscito solo in parte. La storia è talmente bizzarra da risultare interessante e il cast ottimo, ma la sceneggiatura alterna momenti gustosi ad altri noiosi o poco incisivi, e la regia non sempre tira fuori dai suoi attori il meglio in fatto di naturalezza e verosimiglianza (Cluzet poi è sprecato). Prima parte migliore della seconda, in cui i giochi di governo si fanno ripetitivi e la storia d'amore tra Germano e la De Angelis sembra mal inserita nel contesto principale. Si risolleva verso la fine, restando godibile ma anche in parte deludente.
Sibilia romanza i fatti ma lo fa bene e il cast risponde come si deve. Nel complesso le scene migliori riguardano gli imbarazzi istituzionali, siano essi alle Nazioni Unite, al Consiglio d'Europa o nei palazzi romani dove gli scambi tra Bentivoglio e Zingaretti riservano sempre sguardi e mimiche tutte da gustare. La parte balneare è ben realizzata ma a tratti più prevedibile, sicuramente valido l'assortimento di protagonisti e comprimari e il loro calarsi nell'atmosfera romagnola. Da apprezzare anche lo sforzo produttivo che garantisce una ricostruzione d'epoca importante.
Il maggior merito della pellicola è quello di aver dato notorietà a una storia quasi incredibile ma reale: la realizzazione di una micronazione appena al di fuori delle acque territoriali italiane. Il fatto di aver decisamente "snaturato" gli eventi per renderli più appetibili, cinematograficamente parlando, è peccato veniale che si perdona volentieri. Non tutto è riuscito, ma alcune situazioni (soprattutto quelle che vedono protagonisti Leone e Restivo) risultano assai divertenti. Niente di eccezionale ma, nel non esaltante panorama italiano attuale, una boccata di aria fresca.
Davvero incredibile la storia, vera, del tentativo di creare nel '68 un'isola-stato indipendente al largo di Rimini, poco oltre il confine delle acque territoriali italiane. Sibilia affronta il tema con leggerezza e un tono goliardico talvolta eccessivo ma che sa rendere briosa la visione. Germano anche in versione romagnola non delude, la recitazione di tutto il cast è sopra le righe ma funzionale a un esercizio filmico curioso e divertente.
Sibilia conferma l'acume registico, benché di stilema pop anni Zero, incrociando piccola e grande Storia. La prima parte edifica il sogno impossibile col solito tiro da nerd comedy intorno a una ragazza (vedi The social network); il finale è già scritto dalla realtà. Al centro affiorano i dossi: la cartolina balneare e gli 007 ubriachi fanno un po' Rimini Rimini; in contrappeso salgono la classe di Bentivoglio e l'apprezzabile misura di Germano. Nonostante le quasi due ore, si piallano molti particolari (in tutto dialogano sette persone). Belle le riprese in mare. Gradevole.
MEMORABILE: L'ingegner Rosa: "A voi non fa paura la libertà ma la libertà assoluta".
Sydney Sibilia dirige un bravo Elio Germano nelle vesti di Giorgio Rosa, un ingegnere che in un anno molto importante (era il 1968...) decise di edificare una piattaforma e dichiararla indipendente. Il film vive di alti e bassi e qualche momento è chiaramente di troppo, ma nel complesso il risultato è buono, complice una vicenda realmente accaduta e assolutamente originale. Da segnalare, tra gli altri, Bentivoglio e Zingaretti (nei panni del presidente Leone), fenomenali nei rispettivi ruoli. Cala un po' nel finale, ma è una pellicola da vedere, che lascia il segno.
MEMORABILE: Zingaretti (nei panni di Leone) a colloquio in Vaticano; Il momento in cui vengono gettate le basi della piattaforma.
Nel 1968 due ingegneri proclamano come stato indipendente una piattaforma al largo di Rimini. Soggetto suggestivo per una storia d'anarchia in pieno periodo di lotte giovanili. Peccato che si riduca a una ragazzata e che le varie conseguenze politiche, sebbene muovano a simpatia, sono in stile pochade. Meglio la prima parte che verte sugli ideali, anche perché il segmento a Strasburgo impiega male Cluzet e la conclusione coi soliti fiori d'arancio non interessa. Fotografia satura (non che sia una novità per Sibilia) al posto di una retrò che poteva essere più adatta.
MEMORABILE: La macchina senza targa; I tubi nella vasca; Le promesse ai singoli; La firma per bombardare.
Il film funziona perché la confezione è di buon livello ed è volta a connotare di tinte assolutamente fiabesche una storia realmente accaduta per sottolinearne, in qualche maniera, la sua carica utopica e ben lontana dalle logiche comuni. A far storcere il naso sono alcuni stereotipi veramente posticci, che servono a inserire qualche elemento in più in una trama che avrebbe potuto dire di più sotto altri punti di vista. Comunque un buon film.
Un vicenda eccezionale riportata alle luci della ribalta da una commedia di media caratura, che si prende le proprie libertà e disegna quest'aura di magia attorno all'ingegnere Giorgio Rosi, reso con mestiere dal buon Germano, dinanzi al quale la recitazione della De Angelis appare un po' artefatta, poco naturale. Il tono è goliardico e su questo registro si giocano gli scorci in parlamento, con un Bentivoglio in grandissima forma, spalleggiato da Leone/Zingaretti; sono proprio i momenti in qui appaiono entrambi quelli migliori, a dare gusto all'artificio di questo racconto.
MEMORABILE: Il primo consiglio dei ministri; L'auto fermata a Bologna; Il triste epilogo.
Un buon prodotto diretto da Sydney Sibilia che racconta una storia realmente accaduta e lo fa grazie a un buon cast nel quale spiccano Germano e Bentivoglio ma che trova l’anello debole nel reparto femminile. Fasi talvolta altalenanti durante la pellicola, ci sono però un’ottima colonna sonora e un’altrettanto valida ricostruzione di quel periodo. Non manca qualche sorriso.
Il fatto di cronaca dal quale la storia prende spunto ha un'area talmente favolistica che a stento si riesce di credere che non sia rimasto nell'immaginario collettivo - figuriamoci poi se collocato in quel periodo storico "vivace". Sibilia la scopre per caso su Wikipedia, mette insieme un cast internazionale e gira senza limiti di budget a Malta (tra piscine naturali e CGI). Risultato: una commedia piacevole, dai toni ovattati che poco rendono omaggio al folle progetto dell'ing. Rosa se non nelle impeccabili ricostruzioni. In altre mani - e in altri tempi - sarebbe stato un cult.
MEMORABILE: Le consultazioni dei ministri; Il cynar; Germano solo sull'isola sotto la tempesta.
Sibilia ripesca dal mare della memoria l'incredibile storia dell'Isola delle Rose e la romanza con la sua ben nota verve: ne esce fuori un film italiano con brio. Anche grazie a una ricostruzione ambientale di ottimo livello e a una solida colonna sonora, si annusa bene l'atmosfera della fine degli anni '60, quell'irripetibile effluvio di rigidità istituzionali e rilassamenti pubblici. Dispiace solo che il punto principale (la fantasia contro la DC) finisca annacquato da un paio di sottotrame tra cui spicca quella amorosa, di cui nessuno sentiva il bisogno. Fresco.
Una storia incredibile tanto più perché vera è sconosciuta alla maggior parte delle persone. Si racconta di pazzi, di visionari o chissà, che creano qualcosa di decisamente singolare senza fermarsi davanti a nulla. Ben ricostruita anche l’epoca di riferimento e decisamente ottima la scelta della colonna sonora, in particolare nel finale. Qualcosa di nuovo da conoscere seguendo un buon film.
La storia dell'isola piattaforma è così straordinaria che non poteva non ispirare un film. Da un lato è comprensibile l'esigenza di adattare i fatti a una struttura narrativa cinematografica; scorrendo il film, però, si ha la chiara percezione che forse sono proprio le variazioni fantasiose a indebolire la portata di quella base che poteva offrire svariati tipi di rappresentazione. La scelta di far leva sull'ironia è a conti fatti appagante, sebbene Elio Germano (il protagonista Ingegner Rosa) è poco credibile con l'accento bolognese; compensa Bentivoglio nei panni del ministro.
Ha l'aria sbarazzina e divertita (che lo aiuta a rendersi divertente) di quelli cui s'è disposti a perdonar (quasi) tutto, Merito alla riconoscibile affabulatorietà commerciale di Sibilia e Rovere (che produce) e allo scanzonato clima romagnolo, impersonato da un Germano che può finalmente modulare uno stralunato sul registro comico. Certo ha l'inescusabile evidenza di non saper bene dove andare a parare, isolandosi e facendosi piatta-forma nei tentativi di sondare pure il registro grottesco/mostruoso (Bentivoglio/Zingaretti). La De Angelis attizza con un inflessione e lo sguardo.
MEMORABILE: La vettura brevettata dall'Ingegner Rosa.
Tratto da una storia vera, quella dell'ingegnere bolognese Giorgio Rosa, che si inventa un'isola d'acciaio nel Mar Adriatico. Mediocre. Coinvolge poco, come il protagonista (interpretato da un pur bravo Germano), che risulta scarsamente interessante ed empatico. Poco riusciti i personaggi di contorno, eccetto forse quelli interpretati da Bentivoglio e Zingaretti. Poco apprezzabile la colonna sonora.
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Sì, sono d'accordo. Diciamo che l'umorismo è l'aspetto più convincente. Anche sul fronte politico, dove secondo me si sente l'influsso di Sorrentino, anche se graffia molto meno, rimanendo su un livello più bonario.
Sì, sono d'accordo. Diciamo che l'umorismo è l'aspetto più convincente. Anche sul fronte politico, dove secondo me si sente l'influsso di Sorrentino, anche se graffia molto meno, rimanendo su un livello più bonario.
Interessante la discussione sul capovolgimento operato sul protagonista, da tentato evasore a ingenuo idealista, che ha ingannato anche alcuni critici di nome (vedi Casella, Canova). Grazie del contributo Pigro ma ti devo correggere sul "tratto da una storia vera" perchè a inizio film si dice proprio così. Comunque in ottica filmica capisco Sibilia, poteva magari instillare il dubbio sulle intenzioni del Rosa e poi lasciarlo superare dalla forza delle immagini ma ha preferito pompare la favola.
Ho letto che l'isola è stata ricostruita nelle speciali facilities a Malta, molto sfruttate per film e pubblicità. Per questo faccio un plauso a Netflix (che a volte critico per la qualità delle sue produzioni) che ha dotato il regista campano di un budget importante e non gli ha messo fretta, permettendogli di realizzare un'opera valida anche a livello internazionale.
Faccio le pulci ai mezzi militari: l'elicottero che trasporta l'ammiraglio è un mezzo francese mai usato dalla nostra Marina e l'incrociatore Andrea Doria sembra fedele ma in realtà non fu mai mandato contro l'isola. Bastarono infatti alcune motovedette per allontanare la gente e trasportare l'esplosivo.
Faccio le pulci ai mezzi militari: l'elicottero che trasporta l'ammiraglio è un mezzo francese mai usato dalla nostra Marina e l'incrociatore Andrea Doria sembra fedele ma in realtà non fu mai mandato contro l'isola. Bastarono infatti alcune motovedette per allontanare la gente e trasportare l'esplosivo.
Ciao. Del Doria "falso" si è già detto nel primo post.
Grazie del contributo Pigro ma ti devo correggere sul "tratto da una storia vera" perchè a inizio film si dice proprio così.
Hai ragione, mi sembrava di ricordare che avesse dichiarato il "liberamente ispirato" e invece è solo "tratto da". Questo in effetti consente di tenere in piedi sia la fedeltà ai nomi e a molti dettagli sia le molto consistenti libertà narrative.