Pare che Age e Scarpelli (autori col regista Elio Petri della sceneggiatura) abbiano cercato di concentrare sul protagonista tutte le disgrazie immaginabili, così da trasformare Alberto Sordi non solo in un perdente ma nel prototipo dei perdenti, illustrando un campionario completo di ogni possibile sventura. Giocoforza il film non può certo essere la solita commedia all'italiana; è invece quasi una ripresa, alleggerita, del Neorealismo di De Sica e Zavattini. Tutto parte dai problemi che sorgono nella famiglia Mombelli, dove il padre (Sordi), di mestiere maestro elementare, pretende di mantenere moglie e figlio con il suo solo stipendio. Dalle prime proteste della moglie si arriverà a una spirale...Leggi tutto di drammi senza fine in cui la presunta dignità del maestro viene infangata senza soluzione di continuità. Sordi, da sempre avvezzo a ruoli non solo comici o spensierati, ben si addice al personaggio e per una volta smette i panni del romano verace per calarsi nella triste realtà di Vigevano, dove il ruolo sociale del maestro non viene considerato nelle giuste proporzioni. In un paese dove ormai la caccia al denaro ha preso il sopravvento sulla rincorsa alla cultura, il maestro non può che consolarsi con la sua coscienza. Ma quando ciò non è sufficiente a mantenere una buona armonia familiare nemmeno la coscienza basta più e cominciano i problemi. Si ride amaro e di rado, prendendo lentamente atto di una società che svilisce i veri valori per concedersi unicamente alle gioie terrene. Bravo il regista Petri, ma forse alcune divagazioni (vedi il sogno) poteva evitarle.
Un film riuscito a metà. Da un lato c'è la dimensione più "realista" (il maestro elementare che non riesce a chiudere i conti alla fine del mese ma non vuol vedere lavorare moglie e figlio per un malinteso senso di dignità); dall'altro però alcune scene sembrano provenire da un film diverso, ed alcune "fellinate" in quel contesto sarebbe stato meglio evitarle... Sordi è bravo ma poco adatto al personaggio, secondo me. E la voce off che ripete ed enfatizza quello che già sappiamo può anche disturbare.
Pare che il regista abbia cercato di evocare il più possibile la retorica di valori alla "De Amicis" (lavoro, studio, dedizione, sacrificio) fin dal titolo e dalla grafica Liberty dei titoli di testa. Valori a cui vorrebbe credere lo stesso protagonista, salvo negarli con l'impietoso confronto non solo con i valori aridi e terra-terra dei neo-ricchi, ma anche con la meschinità che impera nell'ambiente scolastico che circonda il maestro. Una grettezza e meschinità se possibile ancora maggiore.
MEMORABILE: La spartizione degli scolari "benestanti" da parte dei maestri, a inizio anno. Quasi una tratta degli schiavi...
Il passaggio dell’autorità civile dalla classe intellettuale a quella industriale nell’esempio del maestro diventato imprenditore. Lo racconta in romanzo Lucio Mastronardi, lo trasforma in film un preciso Elio Petri e lo incarna con sottigliezza e capacità di belle sfumature un ottimo Alberto Sordi alle prese con un carattere diverso dal suo solito. Il film ha la leggerezza della commedia all’italiana, puntando su una parca comicità condita con l’amarezza e arrivando a questioni socialmente stuzzicanti. Non memorabile, ma non disprezzabile.
Petri con Sordi forma una coppia male assortita. La storia tratta dal romanzo di Mastronardi poteva essere svolta in altra maniera. Il contributo di Sordi non è fondamentale, incuriosisce per il ruolo attribuitogli, che proprio non è nelle sue corde. Comunque da vedere.
Straordinaria commedia amara, con Sordi perfettamente calato nel personaggio del maestro diligente (?) e orgoglioso del suo ruolo, ma che fatica a far quadrare i conti del bilancio familiare e che deve vedersela con l'insofferenza della moglie che sogna (anzi, pretende) una vita più agiata. Quasi commovente il finale, che è uguale all'inizio, cioè il primo giorno di scuola, ma un anno dopo, con la panchina lasciata tristemente vuota dal maestro Nanini e gli altri maestri assorbiti dai loro spiccioli problemi quotidiani.
MEMORABILE: Ada al bar che sfoggia i mutandoni. Mombelli e Nanini alle prese col problema della massaia. Mombelli scopre al bagno di essere cornuto. Il finale.
Storia che mette a nudo le contraddizioni del miracolo economico degli anni 60 nella piccola realtà di Vigevano, cittadina tanto bella architettonicamente quanto assediata da capannoni e fabbriche di scarpe. In questo scenario Petri conduce ad arte la sua macchina da presa non senza qualche virtuosismo e avvalendosi della perfetta interpertazione di Sordi che, nel ruolo del maestro Mombelli, riesce a camminare per tutto il film sulla sottile linea di confine tra comico e drammatico. Grande esempio di cinema!
Una delle migliori interpretazioni di Alberto Sordi. Situazioni comiche si alternano ad altre drammatiche, senza però mai cadere nel "pesante" come capitava a molti film di allora. Le musiche di Nino Rota sono ai livelli di quelle scritte per i film di Fellini.
Bellissima commedia drammatica in cui Petri riesce a tratteggiare la figura del protagonista in maniera esemplare, alternando situazioni simpatiche ad altre ben più tristi. Sordi è eccezionale (la sua camminata poi è stupenda), talmente bravo da farci immedesimare nella sua parte di povero perdente, con moglie arrivista (una brava Claire Bloom) e figlio apatico. Bellissime le musiche di Nino Rota; finale che commuove.
MEMORABILE: Le vessazioni del direttore; Il problema della massaia; La morte di Nanini; Il medico della mutua.
Enormi difficoltà nella realizzazione, perché Mastronardi era inviso a Vigevano. Petri montò il film in fretta e furia e non ne fu soddistatto. Il difetto sta nell'aver tradito lo spirito grave e irredimibile del bellissimo romanzo a favore di un tono grottesco che vede un protagonista, pur bravissimo, fuori parte. Anche l'ottima Bloom restituisce solo in parte il carattere della moglie. Ci sono molti momenti godibili ma manca, appunto, il clima asfittico e la tristezza nera. Falsata la figura di Rino (che nel romanzo non è un asino, anzi).
MEMORABILE: Il cannocchiale anacronistico di Roderigo. "Il maestro è un mis..." "Un missile!"
A Vigevano, città dove per primi in Italia si è vissuto il boom dell'industria (in questo caso dei calzaturifici) e quello economico, non c'è spazio per il nostro protagonista, maestro senza portafoglio e con la pretesa di badare da solo alla famiglia. Ne esce un quadro sconfortante e deprimente, dove l'onestà non viene ripagata e viene percepita come una debolezza di chi non sa stare a passo con i tempi. Qualche lungaggine che stona c'è (il delirio onirico su tutte), ma nel complesso il risultato è buono.
Di lì a poco Petri marcerà disinvolto sui due binari del serio e del faceto, ma per adesso è ancora un po’ impacciato: se infatti disegna con acutezza le miserie lavorative ed esistenziali di un umile ed onesto maestro nella rampante Vigevano del boom economico e del culto dell’apparire, i colori che adopera per i suoi personaggi – non escluso Sordi, più ilare che tragico - sbavano in un macchiettismo che sa troppo di commedia per ispirare una satira. Già presente invece quel gusto per le fughe oniriche – le situazioni immaginate da Sordi – che si ritroveranno nel prefinale di Indagine.
MEMORABILE: La Bloom con le mutande di Sordi; i retorici discorsi del direttore, in cui fa completare agli altri le sue parole.
Sordi è in grado di reggere il film con il personaggio che gli si impone, conferendogli un'aura patetica, grottesca e dignitosa. L'intento del film è piuttosto ambiguo, forse perché conteso fra diversi registri: il moraleggiante della trama, il grottesco dei personaggi così come sono interpretati (perlomeno Mombelli, Nannini, il Direttore e alcuni altri minori), il neorealistico della regia. C'è qualcosa che non funziona: l'ambiguità di fondo? il montaggio? la grettezza esagerata dell'ambiente così com'è reso dalla sceneggiatura? la prolissità?
MEMORABILE: I confronti fra Mombelli e il Direttore; La musica che sottolinea i passaggi melancolici, certamente.
A Vigevano, dove tutti sono intenti a far soldi, un maestro elementare di modeste condizioni per far contenta la moglie frustrata prova a mettere in piedi una piccola impresa calzaturiera, ma... Un altro "ritratto di italiano", venato, come accade talvolta nella filmografia di Albertone, da una palpabile amarezza che smorza il sorriso. Disperazione esistenziale mutuata dal bel romanzo di Mastronardi che Petri vira verso il grottesco, con esiti talvolta forzati ma comunque vividi e resi interessanti dall'ambientazione provinciale ben resa e dalla prova convincente del cast.
MEMORABILE: Bello il malinconico finale "circolare" che riprende la sequenza d'inizio
Un film gorgogliante di succhi gastrici ed enzimi acidissimi ma con la poltiglia espressiva non perfettamente digerita. Da una parte le vicende neorealistiche e quasi deamicisiane di un maestro di scuola all'antica incapace di tenere il ritmo frenetico della realtà del boom economico che svaluta competenze culturali, scompiglia requisiti sociali e sradica vincoli coniugali, dall'altra le ponderazioni amare del regista come sospese in un limbo irreale tra deformazione onirica ed esistenzialismo. Film greve e piuttosto indigesto. Sordi prodigioso.
MEMORABILE: Alberto Sordi inventa una camminata tutta particolare per sottolineare fisicamente il disagio sociale del suo ingenuo e onesto maestrino di Vigevano.
Una commedia talmente triste da lasciare l'amaro in bocca. Si ride poco, ma la validità dell'opera resta tutta. Un grande Sordi che si misura con un cambio generazionale e con la credenza che, avendo studiato, si debba distinguere dagli altri, come se gli altri fossero cittadini di serie B; la sua idiosincrasia per il fatto che il figliolo o la moglie lavorino per arrotondare finiscono per distruggere la sua, già flebile, sicurezza in sé stesso e le sue convinzioni finiranno per trasformarsi in turbamenti sempre più pressanti. Da vedere. ***
Un bravissimo Alberto Sordi è il protagonista assoluto di questa commedia amara che coinvolge senza mai mostrare la corda. Qualche risata nelle scene scolastiche (le migliori) e quando Sordi si trova a tu per tu col cattivissimo e cinico preside interpretato dal bravo Vito De Taranto. Non mancano momenti un po' tristi. Bella e spaesata Claire Bloom, che se la cava discretamente. Da riscoprire.
Può un attore salvare un film? Non lo so, ma sicuramente ho avuto la prova che può rovinarlo. Personalmente già non sopporto il personaggio misero e sottomesso da commiserare e dileggiare allo stesso tempo – alla Fantozzi insomma –, ma qui ci si mette pure un Sordi meno digeribile che mai, con quella caricatura che non fa ridere, anzi infastidisce. Perché per il resto il film non sarebbe stato un capolavoro (trama troppo banale) ma comunque apprezzabile, grazie alla lodevole regia di Petri. E invece no, Sordi e il suo personaggio hanno fallito.
Commedia amara di Elio Petri, con protagonista un ottimo Alberto Sordi nei panni di un maestro elementare che tenta la via dell'imprenditoria per accontentare la moglie. L'attore romano se la cava molto bene ma il film, pur riuscito, non arriva a livelli altissimi causa una prova insipida del resto del cast e una non perfetta gestione dei tempi della vicenda. C'è anche qualche momento leggero, ma resta più impressa la generale amarezza della pellicola, specie nell'ultima parte. Riflessivo.
MEMORABILE: L'atteggiamento di Sordi ogni volta che il preside entra in aula.
Ho visto il film poco dopo aver letto il libro e il mio giudizio un po' potrebbe risentirne. Evitando di elencare le parti del testo non riprese nel film si può comunque affermare che certi aspetti non sono stati tratteggiati mentre alcuni sono stati risolti troppo sbrigativamente. Il film in ogni caso è dominato da Sordi che caratterizza l'insegnante alla sua maniera, facendolo risaltare in maniera diversa e al contempo dando un vago senso di commedia un po' inutile nell'economia della storia.
Un film molto critico e carico di cinismo che non risparmia nessuno. È un ritratto negativo non solo delle singole persone, ma della stessa società del periodo. Vigevano era una città in evoluzione, ma il risveglio economico non ha contribuito a quello morale. Il raffronto è tra la dignità di un umile maestro e l’arrivismo per godere dei benefici del denaro. La cura nel caratterizzare le figure è tale da farle sembrare vere e proprie maschere. Le sfumature da cogliere sono molte, basta essere predisposti d’animo.
Uno spaccato amaro dell’altra faccia del boom economico degli anni 60. Petri guarda al Risi di Una vita difficile ma con una punta di surrealismo felliniano, vivisezionando la vita di provincia con una cattiveria degna di Germi. Per questo si tratta di film piuttosto insolito, nel panorama della commedia all’italiana. A parte la camminata gigionesca Sordi è piuttosto controllato e offre uno delle sue interpretazioni più malinconiche e tristi nei panni di un animo gentile preso a calci dalla vita. Brava l'americana Bloom. Belle musiche di Rota.
MEMORABILE: Il supplente perennemente in attesa di un collega malato da sosti; L'involontaria confessione alla spia della Tributaria; Le vessazioni del preside.
Non è ancora il Petri eccezionale della maturità, ma il film lascia intravvedere in nuce la critica sociale che diventerà il centro dell'opera del regista. All'umanità del protagonista, il cui profilo morale ricorda molto da vicino il Magnozzi de Una vita difficile, e dello sfortunato maestro Nanini, interpretato da un ottimo Scalea, fanno da contraltare il cinismo e l'alterigia del preside, dell'industrialotto arricchito Bugatti e della moglie del protagonista stesso, soffocata dalla vita proletaria. Il film segna anche l'esordio di Ezio Sancrotti.
MEMORABILE: L'avvocato Racalmuto che parla con i numeri.
Capolavoro del neorealismo persino superiore al libro da cui è tratto, principalmente per l'interpretazione tragicomica del protagonista posta in atto da un superlativo Sordi, qui in una delle sue migliori performance. Controverso il personaggio di Antonio, incorruttibile insegnante (che per questo motivo viene persino umiliato), il quale però si vanta dell'attività illecita della moglie; interessanti anche i personaggi di contorno (il preside rigido, la moglie frustrata, il collega eterno supplente). Ritmo costante, dialoghi accattivanti, musiche cupe come il meraviglioso finale.
MEMORABILE: Le allucinazioni di un disperato Mombelli.
Storia (e romanzo) che ben rappresenta l’Italia del boom. In particolare il film contrappone ideali ormai in declino (famiglia monoreddito, scolarizzazione, dignità nel vivere con pochi soldi) con nuovi valori (lavoro “selvaggio” e “nero”, lusso, apparenza). In mezzo un uomo, il maestro di Vigevano (Sordi) appunto, che con angoscia vive sospeso tra vecchi ideali e nuovi valori e finirà per essere respinto da ogni contesto sociale (sia il lavoro che la scuola). Sordi è bravissimo nell’incarnare il dolore e lo smarrimento di un uomo non pronto a quel cambiamento epocale dell’Italia.
Non è ancora il miglior Elio Petri ma la sua futura sapiente mano già si vede in diverse scelte stilistiche. Il tema a lui tanto caro del rapporto tra classi è la base di una storia, tratta da un romanzo di Lucio Mastronardi, amarissima e che ancora può gettare qualche ombra nel presente. Alberto Sordi lascia momentaneamente il personaggio dell'italiano cinico per tuffarsi in un'interpretazione più drammatica, riuscitissima. Il suo maestro Mombelli è un subordinato, che da questa condizione prova ad uscire invano. Buona la prova generale del cast. Un film profondo, da vedere.
Maestro elementare cerca di salvare la dignità pur non riuscendo a dare una sicurezza economica alla famiglia. La rovina di un piccolo insegnante è vista al cospetto della realtà altrui che diviene sempre più florida, ma che perde la sua moralità. Sordi sottolinea fino in fondo le umiliazioni a cui è costretto (come il supplente) e anche se alleggerisce i toni mantiene la sua maschera tragica. La seconda parte si fa più spezzettata e viene mitigato il senso di sconfitta e i drammi esistenziali (la parentesi onirica è un filo lunga). Ben dosata la chiusura ellittica.
MEMORABILE: L’ignoranza del preside sul cannocchiale; Il suicidio del supplente; I mutandoni alla moglie; Come Adamo e Eva in Paradiso; Lo scambio degli alunni.
Un Petri ancora acerbo e scarno, colpe probabilmente evidenti sia in pre sia in post-produzione, che deve forzatamente cedere il passo all'invadente sceneggiatura ma soprattutto alla monoclonale e sostenibile interpretazione di Sordi, qui maschera ispirata e tragicomica in perenne sospensione tra rigurgiti di coscienza e apertura verso mondi inesplorati pieni di cupidigia e di avidità. Ritratto cupo e severo della oramai già inflazionata e stereotipata società dell'epoca, qui vittima di frenetici consumi e di barbari orari. Ottima fotografia di Martelli, sublime colonna sonora di Rota.
Quasi un'autobiografia del troppo poco ricordato Lucio Mastronardi, che dopo questo grande film venne perfino fatto allontanare da Vigevano, per mano dei colleghi offesi dalla sua satira. Sordi fa suo il personaggio ma grazie alla mano ferma di Petri non esagera e ne esce un ritratto fedele e molto malinconico. Ottimo anche il resto del cast, a partire dalla Bloom, moglie cinica e arrivista, e l'amico Spadea. Il vero Mastronardi, purtroppo, si suicidò a 49 anni gettandosi nel Ticino, scena profeticamente presente in questo film. Cinema italiano di cui essere orgogliosi.
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CuriositàGugly • 12/08/08 00:49 Archivista in seconda - 4713 interventi
In origine il film doveva essere interpretato da Tognazzi, se non sbaglio con la regia di Ris...poi ci furono casini, dissapori vari ed Elio Petri scelse Sordi.
CuriositàDaniela • 14/10/13 12:16 Gran Burattinaio - 5937 interventi
Il soggetto del film è tratto dal romanzo omonimo di Lucio Mastronardi pubblicato nel 1962. Con Il calzolaio di Vigevano, pubblicato nello stesso anno e il successivo Il meridionale di Vigevano, edito nel 1964, fa parte di una trilogia dedicata alla città natale dello scrittore, poco apprezzata dai suoi abitanti, in quanto molti si riconobbero nei ritratti dei tanti personaggi meschini e/o avidi da lui ritratti,
Nello scrivere Il maestro di Vigevano, Mastronardi si ispirò alle proprie esperienze personali come maestro elementare- esperienze poco felici, tanto è vero che nel 1972 finì addirittura per qualche giorni in carcere per oltraggio a pubblico ufficiale a seguito di un diverbio con il proprio direttore.
Altre notizie sulla sua vita qui:
http://it.wikipedia.org/wiki/Lucio_Mastronardi
HomevideoRocchiola • 29/05/19 09:43 Call center Davinotti - 1278 interventi
Splendida edizione francese della Studio Canal uscita da un paio di mesi e reperibile su Amazon francese con una spesa di 20 euro circa.
Edzione combo bluray+DVD in confezione digipak con slipcase in cartoncino. Non c'è alcun libretto. L'immagine è eccezionale, un bianco-nero luminoso, pulitissimo e molto ben contrastato. Nessuna edizione italiana ha mai raggiunto una tale qualità. L'audio italiano DTS 2.0 è potente e chiaro ma visibile solo con i sottotitoli francesi. In ogni caso un'edizione consigliatissima.
a) Non ho ben capito il riferimento alle Poste di Vigevano. b) In faccioteca manca il volto di De Taranto: puoi metterlo nell'apposito topic? Grazie (due volte)
a) Non ho ben capito il riferimento alle Poste di Vigevano. b) In faccioteca manca il volto di De Taranto: puoi metterlo nell'apposito topic? Grazie (due volte)
a) ringraziavo il postino che citofonando al portone me lo ha fatto trovare aperto e risparmiato una serie di scampanellii imbarazzati con scuse del tipo "mi manda bum bum davinotti". Cioè per puro caso dovevo essere a Vigevano giovedì e sempre per caso c'era il postino - uno degli ultimi esemplari rimasti - al momento in cui raggiungevo la location.
a) Non ho ben capito il riferimento alle Poste di Vigevano. b) In faccioteca manca il volto di De Taranto: puoi metterlo nell'apposito topic? Grazie (due volte)
a) ringraziavo il postino che citofonando al portone me lo ha fatto trovare aperto e risparmiato una serie di scampanellii imbarazzati con scuse del tipo "mi manda bum bum davinotti". Cioè per puro caso dovevo essere a Vigevano giovedì e sempre per caso c'era il postino - uno degli ultimi esemplari rimasti - al momento in cui raggiungevo la location.