Una giovane donna scopre di riuscire a evocare i demoni, e ciò segna l'inizio di un incubo. Le strade per terrorizzare il pubblico sono state quasi tutte battute e questo film di fantastico ha solo il genere cui appartiene: buio, silenzi pesanti come macigni, porte sinistramente socchiuse, incubi e personaggi enigmatici sono stati trattati meglio altrove, ma ciò che decreta il totale fallimento dell'opera sono i ridicoli effetti grafici in stile videogiochi prima maniera (all pixel, per intenderci). Inutile, noioso e incapace di generare immedesimazione.
Horror mischiato alla fantascienza che riesce a instillare curiosità e un senso di pericolo incombente. Molto affascinanti le sequenze oniriche con effetti computerizzati messi appositamente per simulare una realtà parallela. Il film gode di un fascino malsano, di una tensione che, specie nella parte finale, si fa sempre più corposa e di un mostro che incute terrore (opportunamente mostrato poco). Molto brava Carly Pope, protagonista di una pellicola che certamente non rientra nel lotto degli imperdibili a tutti i costi ma che, nel genere, sa come ritagliarsi il proprio spazio.
Ecco un horror che propone qualcosa di nuovo all'interno di un contesto strabattuto: affrontare la possessione demoniaca, stavolta non più in termini di stola e acqua santa ma attraverso sogni e computer. Si può non essere d'accordo ma l'idea c'è; peccato che poi vada supportata in maniera efficace ed è qui che casca il film, che lascia poco spazio allo spettatore per porsi i suoi sacrosanti interrogativi, per finire invece incanalato su un binario fin troppo palese. Alla fine, pur con l'innegabile impegno della brava protagonista, la gestione narrativa non convince.
Giovane donna viene contattata dall'equipe della clinica in cui è ricovera la madre: la donna, responsanile anni prima di una strage, è in coma ed i medici vogliono sperimentare una cura innovativa... La trama, il cui spunto ricorda The cell, sembra promettente ma già dalle prime sequenze di realtà virtuale la bruttezza degli SFX lascia allibiti in quanto non può essere spiegata solo con scarso budget o difficoltà produttive: una scelta stilistica tanto più deludente alla luce dei recenti cortometraggi del regista che facevano sperare in una sua rinnovata vena.
Sarà per la trama sviluppata in modo pretestuoso, sarà per l’inverosimile bruttura degli SFX, sarà per la totale assenza di atmosfera, ma più che un semplicissimo brutto film sembra quasi un pastrocchio digitale sfuggito al controllo e alla supervisione degli addetti ai lavori. Chi si aspettava un District 9 2.0 vada pure altrove. Sentieri psicologici non localizzati.
Grossolano, catodico, apatico. Blomkamp (pensi a District 9 e speri sia un omonimo) riscalda con il Bunsen la brodaglia del demone che possiede la sventurata di turno, fatta eccezione per la variante fittizia della realtà virtuale: quest'ultima è però così scalcinata (gli effetti grafici sono orridi) e così improbabile (preti in camice bianco e mitra?) che a quel punto era meglio, figuriamoci, arenarsi nel pacifico limbo creativo del mero riciclo. Male gli attori, peggio la loro direzione e i dialoghi che gli infilano, poveretti, tra i denti. Se passa il bruttaio fa incetta.
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