Straziante sintesi della follia nazista, indovina un punto di vista forse non originale ma di sicuro impatto emotivo (merito del romanzo di John Boyne da cui il fim è tratto, naturalmente) e arriva a colpire definitivamente nel segno con un finale impeccabile quanto raggelante. Ci mette un po' ad entrare nel vivo causa un incipit fin troppo didascalico e tirato per le lunghe, ma quando si capisce che l'ottica privilegiata è quella di un bimbo di otto anni (Butterfield) trasferito assieme alla sua famiglia (suo padre è un comandante nazista) nei pressi di un campo di concentramento, si arriva presto a comprendere come sia un punto di vista psicologicamente interessante. Messo per la prima volta di...Leggi tutto fronte a un modo di pensare totalmente estraneo a ciò che l’umana logica gli aveva fin lì suggerito, Bruno si trova spaesato: non capisce chi siano gli uomini “in pigiama a righe” che vede aggirarsi in quella che per lui è una vicina fattoria, perché l'istitutore chiamato a sostituire una scuola non più raggiungibile si concentri a spiegare quanto grande sia il male che rappresentano gli ebrei per la razza tedesca... E quando di nascosto raggiunge la recinzione spinata del campo fermandosi a parlare con un bimbo (Scanlon) che sta al di là di essa diventandone amico, si stabilisce un contatto umano che d'improvviso travalica ogni barriera razziale evidenzianone la scelleratezza. Ma è a suo modo interessante anche la figura della madre (Farmiga), che alla vista del fumo che esce dalle ciminiere del campo e all'irripetibile commento di chi vedendolo dice "Bruciando puzzano anche di più" finalmente realizza ciò che evidentemente non osava immaginare. Così come buona può essere considerata anche l'interpretazione di David Thewlis nel ruolo chiave del padre, costretto a difendere l'ideologia nazista agli occhi dell'innocenza, alle domande di un figlio che sembra non disporre nemmeno dei mezzi per comprendere tanta crudeltà. Perché è evidente come la figura chiave del piccolo Bruno sia anche il grimaldello per aprire meritevolmente gli occhi a chi non voglia vedere, spingendo inevitabilmente sul pedale del dramma che si riflette negli splendidi occhi azzurri del piccolo, mai descritto con banalità nonostante l'evidente vicinanza del film a un linguaggio mainstream che possa aprirsi a una platea più ampia possibile. Niente di male comunque, specie se lo si fa con cognizione di causa e rispettando un'eleganza formale ragguardevole che inserisce il film nel novero di quelli da non dimenticare (anche per certe finezze come il filmato menzognero sulla vita all'interno dei campi). Commerciale nel senso meno deleterio del termine, indubbiamente toccante e coraggioso.
Gli orrori del nazismo e dei campi di concentramento visti da un bambino: l'idea di base non è affatto nuova, ma è supportata da una regia perfettamente calibrata e una bella fotografia. La sceneggiatura viaggia molto lentamente e senza particolari guizzi, finché poco prima della fine non tira fuori un'idea veramente ottima: un modo beffardo ed efficacissimo per ribadire il concetto di uguaglianza, ricordando con forza l'orrore dei lager. Cast di livello medio-alto, musiche di routine. Buono.
Lo sguardo di un bambino, che non può cogliere la radicalità dell’orrore che insorge, è restituito con un efficace e immediato contrappunto simbolico a tutto il film: la casa di partenza e quella di arrivo, righe e sbarre, filo spinato e bambole. La temperatura emotiva s’innalza attraverso la continua stimolazione della consapevolezza storica e adulta, in una progressione del racconto classica e puntuale che devitalizza la retorica e introduce al rapinoso, agghiacciante finale. Fotografia realista e luminosa di Benoît Delhomme; struggenti note James Horner. Prodotto dalla Walt Disney Picture.
Il bambino con il pigiama a righe è uno dei pochi film degli ultimi anni che merita veramente il 4+. Questo film contiene in sé tutta la drammaticità degli orrori nazisti e dei campi di concentramento vissuti con gli occhi di due bambini: uno figlio di un sergente nazista e un ebreo che vive in un campo di concentramento. Un cast di volti non noti ma eccezionalmente bravi, compreso il protagonista, fanno da contorno ad un bel film dal finale tragico.
Come raccontare la tragedia dei campi di concentramento attraverso gli occhi di un bambino, di quelli fortunati (è figlio di un gerarca) che entra in contatto con uno di quelli meno fortunati. La regia pone loro due al centro della storia e lo fa senza ricorrere al miele, anzi. Risultano meno convincenti gli altri personaggi, funzionali ma un po' troppo schematici nell'economia del racconto.
Figlio del comandante di un lager fa amicizia con un bambino ebreo coetaneo internato: una storia struggente e spietata, che sconvolge l'ordine incomprensibile disegnato dagli adulti. Raccontare lo sterminio degli ebrei e le camere a gas ai ragazzi è dura, ma Herman sceglie la prospettiva giusta, quella ingenua e perciò "vera" (oltre ogni verosimiglianza, in effetti poco rispettata) dei bambini stessi. La commozione nasce dalla loro "anormale" normalità in un mondo che ha perso il senso del normale, ed esplode potente in un finale catartico.
Un film per non dimenticare le terribili sofferenze inferte a un intero popolo. Orrori raccontati e visti attraverso gli occhi e l'ingenuità di un bambino di otto anni. È proprio l'innoncenza del piccolo a sottolineare per l'ennesima volta l'insensatezza dei fatti avvenuti.
Dal romanzo di John Boyne un film splendidamente realizzato, commovente e delicato allo stesso tempo. Una regia meticolosa per una storia drammatica e beffarda: un'amicizia tra due bambini, uno deportato e l'altro "privilegiato" figlio di un ufficiale nazista. Incredibile ironia della sorte nel finale per un lungometraggio lungimirante e ottimamente realizzato.
Che dire, non è mai facile giudicare obiettivamente un film dai contenuti ustionanti e drammatici come questo. Nel complesso, la storia è tragicamente potente, e la regia fa il suo dovere. Il finale è amaro come il fiele. Se vogliamo trovarci difetti, stanno tutti in alcuni particolari poco verosimili (nella realtà storica, purtroppo, nessun bambino internato in un lager avrebbe avuto lo spazio e la tranquillità per conversare amabilmente tutti i giorni con un bambino tedesco attraverso la rete di recinzione). A parte questo, ottimo film.
Questo è il film che La vita è bella avrebbe potuto essere, se scevro dell'insopportabile deriva favolistica di Benigni. Herman racconta in maniera lucida e senza mezze misure l'orrore visto dagli occhi di due bambini, entrambi innocenti ma diversi... dal punto di vista degli adulti. Cast piuttosto sconosciuto, ma che si comporta in maniera esemplare, coinvolgendo lo spettatore anche al di là di qualche idea sicuramente poco credibile. Finale colpo nello stomaco. Non un capolavoro, ma un tentativo serio e più che apprezzabile.
Un bambino figlio di un generale nazista fa amicizia con un bambino ebreo in un campo di concentramento. All'oscuro di quanto stia accadendo nel mondo il bimbo di 8 anni interpreta i fatti reali a modo proprio e sa commuovere e affascinare lo spettatore. Cast di sconosciuti per un film memorabile, che dovrebbe essere mostrato nelle scuole e che sa far riflettere al punto giusto. Finale azzeccato.
Dalle trame giustamente lasciate in sospeso sembra che debba emergere qualcosa di particolare e ciò avviene dopo che il film lascia evolvere la trama linearmente e senza particolari sussulti emotivi per 80 minuti. Buona la ricostruzione ambientale e dell'ottusa mentalità del periodo del fascismo. Attori tutti in parte, specie i due bambini. Lo si può aggiungere al nutrito elenco di film proiettabili nelle scuole il 27 gennaio di ogni anno. ***
L'orrore dei campi di sterminio visto con gli occhi di due bimbi situati all'opposto. La barbarie nazista vede una narrazione delicata e struggente che tende lievemente all'inverosimile ma risulta efficace. L'ipocrisia disperata della madre lascia il segno e genera pensieri discordanti ma egualmente condivisibili.
Purtroppo devo dire che il film, che merita la sufficienza piena, perde nettamente il paragone col libro da cui è tratto, che ho letto ed è di tutt'altra pasta: le figure secondarie (la cameriera, il medico zoppo, il giovane aguzzino delle SS) lì sono trattate molto più approfonditamente, così come il protagonista, meglio caratterizzato (e più ingenuo). Il film è superficiale, nonostante il supporto di una buona confezione (con le tipiche musiche ad archi da repertorio, belle ma di maniera) e un buon cast (superlativa Vera Farmiga).
Se un alto ufficiale nazista (promosso a capo di un campo di "lavoro" dove si assassinano gli ebrei) non sa e non vuole spiegare al proprio figlio di otto anni, qual è il suo vero mestiere, non ha nessuna scusante. Egli sa che quello che sta facendo è una cosa orribile e criminale, ed è una cosa che un bimbo non deve sapere (ma nemmeno la moglie, quindi doppiamente criminale). Un ottimo film che fa capire meglio di tante altre immagini (anche di quelle vere), che cosa è stata la Shoah e di cosa è capace l'uomo.
MEMORABILE: Lo schermo diviso in due dal filo spinato, a sinistra il bambino dal "pigiama a righe" e a destra un ugual bambino ben vestito, pulito e nutrito.
La tragedia dell'olocausto filtrata attraverso gli occhi di un bambino per cercare di ricordarne e restituirne buona parte della drammaticità. Pellicola che adopera qualche clichè di troppo peccando nel respiro del racconto (ridondante e statica la parte centrale, così come insistenti sono le musiche) ma taglio graziosamente intimista atto a cogliere l'innocenza di uno sguardo lontano da pregiudizi e abbracciato ad un'idea di fratellanza e uguaglianza intensa, genuina e commovente.
Film toccante nel quale si tenta, con successo, di raccontare i campi di concentramento con gli occhi ingenui di un bambino, l'unico che sembra immune dal delirio collettivo. Finale veramente intenso e commovente, di quelli che lasciano il segno.
Dal noto romanzo Herman ricava un film lineare e diretto, crudele eppure adatto anche ai più piccoli. La storia quanto mai tragica rivela l'orrore dei campi di sterminio attraverso gli occhi innocenti di due bambini. Regia e interpreti senza eccessi, soltanto funzionali alla resa dell'opera. Apprezzabile ed equilibrato.
C'è molta Zona d'interesse e qualcosa de La vita è bella, in questo film sulla famiglia di un gerarca nazista che vive ai margini di un campo di sterminio e che ne rappresenta gli orrori dal punto di vista dei bambini: l'ebreo, rinchiuso, e il tedesco, che diventa suo amico senza rendersi conto di cosa c'è oltre il filo spinato, plagiato com'è dalla propaganda che parla di partite di calcio, concerti e caffè all'aperto. Herman enfatizza ancora una volta il lato ingenuo dei protagonisti e l'idea degli opposti che si attraggono. Con superiore impatto melodrammatico, dato il tema.
Dei tanti film sulla Shoa questo è sicuramente il più accattivante oltre che, sempre artisticamente parlando, anche il più ruffiano. Fosse solo perchè già parlare di questa tragedia significa colpire nei cuori. Se poi si utilizzano anche gli occhi di due bambini innocenti il tutto diventa oltremodo struggente. Innegabilmente buona la confenzione mentre la sceneggiatura sfoggia una morale che riesce ad andare anche oltre lo sterminio degli ebrei; vale a dire quando un bimbo rimane vittima delle bugie di un padre. Morale che vale in qualsiasi contesto.
Storia di un'amicizia all'apparenza impossibile tra il figlioletto del comandante di un lager nazista e un suo coetaneo ebreo ivi internato. Si incontrano ogni giorno ai limiti della rete che li separa e che separa due mondi agli antipodi. Finale tragico. Bella storia, ben diretta e ben interpretata, specialmente dai due ragazzini. Impossibile portare sullo schermo i volti scavati dei prigionieri ma, a parte questo, il film scorre colmo di una poetica delicatezza che inasprisce di più il senso di indignazione e di raccapriccio.
Il film racconta la tragedia dell'olocausto attraverso gli occhi di due piccoli amici di otto anni separati l'un l'altro dal filo spinato; uno è un ebreo prigioniero di un campo di concentramento, l'altro il figlio del direttore del campo. La storia è molto toccante, soprattutto perché ha come protagonisti due bambini, entrambi innocenti e vittime di un mondo brutale e ignorante. Nonostante qualche inverosimiglianza il film ha una grande forza ed è purtroppo anche molto triste.
Tra i tantissimi film dedicati agli orrori del nazismo, questo è senz'altro uno dei più efficaci e strazianti. Apprezzabilissima la durata: senza esagerare con minutaggi sfiancanti, in solo un'ora e mezza il film dice tutto quello che di terribile c'è da dire e anche la bella storia d'amicizia tra i due bambini non si perde in facili lirismi. Bellissima la fotografia e ottima la colonna sonora. Molto bravi entrambi i bambini. Da vedere, per ricordare e per riflettere.
Bambino tedesco figlio di comandante SS va a vivere vicino a un campo di prigionia. Un raffronto tra la spensieratezza infantile e i dettami del nazismo, tra i giochi che uniscono e gli adulti che mentono. Film di educazione civile e storico (anche se l’antiebraismo è ben presente), ha una buona fotografia retrò anche se gli ambienti son troppo pulitini (compresi gli esterni del lager). Dai bambini non si possono pretendere grandi interpretazioni e l’ultima parte si risveglia da un certo piattume con un’alta drammaticità non scontata.
MEMORABILE: A dama da solo; Il cameriere picchiato; Il filmato di propaganda sulle bellezze del campo; La missione segreta.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
DiscussioneZender • 31/01/10 19:54 Capo scrivano - 48839 interventi
Il calcolo col Davinotti usa parametri diversi rispetto agli altri, 53% non è così male.
Renato ebbe a dire: Harrys ebbe a dire: Bella proposta quella di Rebis...
Attualmente mi trovo al 53% col Maestro (un po' pochino), e tra i "big", al 73% con Daniela, al 72% Renato e al 71% con Galbo.Ti ringrazio Harrys, pensavo onestamente di essere ancora tra le "giovani proposte"... eh eh
Se tu sei una giovane proposta io sono un feto... ;-)
DiscussioneZender • 2/02/10 20:58 Capo scrivano - 48839 interventi
Galbo ebbe a dire: Zender ebbe a dire: Il calcolo col Davinotti usa parametri diversi rispetto agli altri, 53% non è così male.
per curiosità, quali parametri ? Guarda, sono alquanto misteriosi e decisi al tempo non mi ricordo più come. Ricordo solo che non si poteva fare come per gli altri per questioni tecniche e si scelse un sistema che rimane per l'appunto un mistero ma che è proporzionalmente giusto.
Zender ebbe a dire: Galbo ebbe a dire: Zender ebbe a dire: Il calcolo col Davinotti usa parametri diversi rispetto agli altri, 53% non è così male.
per curiosità, quali parametri ? Guarda, sono alquanto misteriosi e decisi al tempo non mi ricordo più come. Ricordo solo che non si poteva fare come per gli altri per questioni tecniche e si scelse un sistema che rimane per l'appunto un mistero ma che è proporzionalmente giusto.
Zender, credo che sia da aggiungere nelle note che il film è tratto dal libro omonimo del 2006 di John Boyne (che, come ho segnato nel commento, è di gran lunga superiore alla trasposizione cinematografica).
Lo faresti? Grazie!
DiscussioneZender • 22/06/11 16:38 Capo scrivano - 48839 interventi