D'accordo, non c'è dubbio che a livello di ricerca visiva, di pura tecnica cinematografica, di studio nella fotografia e nella messa in scena (con abbondanza di primi piani sugli occhi, le labbra, particolari anatomici di vario genere ombelichi compresi) la coppia Cattet/Forzani abbia fatto un buon lavoro. Che sia uno smaccato, continuato omaggio al cinema horror/thriller italiano dei Settanta appare evidente quando la colonna sonora si fa centrale replicando i temi poliziotteschi di Stelvio Cipriani (meravigliosi, naturalmente); ma la stretta parentela si era capita fin dalle primissime scene, in cui tra gli alberi occhieggia una villa con le evidenti fattezze di quella celeberrima di PROFONDO ROSSO...Leggi tutto. Con poche idee ma chiare, insomma, i due registi imbastiscono la loro non-storia, costituita da tre segmenti diversi nella vita di Ana dei quali non molto si capisce e che si possono ridurre ad accenni minimali: nel primo la protagonista, ancora una bambina, vive in una casa dove stazionano un cadavere, una domestica inquietante e i genitori non si fanno problemi ad amoreggiare in sua presenza; nel secondo, adolescente, passeggia con sua madre tra le strade di un paesino al mare d'estate andando ad eccitare un gruppo di motociclisti del posto, nell'ultimo fa ritorno alla casa d'infanzia con conseguente accumulo di orrori e finale sanguinario. Riassunto così, il tutto potrebbe anche avere un senso; ma la narrazione è talmente sfaldata, ripresa e spezzata, dilatata inglobando particolari apparentemente fuori luogo che presto ci si perde perdendo conseguentemente pure la voglia di seguirla, una storia simile. Tocca arrendersi e subire i cromatismi esasperati di matrice baviana con cui si gioca nel buio, gli insistiti primi piani fulciani sugli occhi e gli oggetti, la replica di stili che si mescolano con il limite connaturato dell'imitazione plateale. Un esercizio di stile mai nobilitato da un gusto personale, assemblato quasi solo col semplice intento di citare pedissequamente, svilendo l'arte che genuina sgorgava dai modelli italiani del tempo e che mai avrebbero potuto esser concepiti come mera replica manierista. Non un film ma un gioco fine a se stesso insomma, atto a compiacere gli appassionati di un preciso genere alla disperata ricerca di stimoli nostalgici; per questo utile specchio di una generazione (e più in generale di un modo di intendere il cinema) che fa delle sempre più ampie conoscenze della storia della settima arte una maschera per nascondere la carenza di nuovi spunti, un crogiolarsi sterile in mondi da altri inventati e che qui si piegano a logiche compulsivo-citazionistiche un tempo impensabili e lontane dalla fruizione più popolare e genuina del cinema.
Presentato come un omaggio al giallo italiano anni '70 (con tanto di bella locandina psichedelica), Amer è un film sperimentale che utilizza una serie di sequenze oniriche nello stile dei vari Bava, Argento, Martino, etc. per illustrare le pulsioni sessuali e violente di una donna in tre fasi della vita (infanzia, adolescenza, maturità). Il tema è intrigante, la regia sopraffina, ma resta una fredda operazione intellettuale che alla lunga estenua lo spettatore e lo porta a chiedersi se non sia stato un piccolo spreco di (indubbio) talento.
Tre segmenti di vita maledetti quelli presi a pretesto da Cattet & Forzani, narranti l'infanzia, l'adolescenza e la maturità di Ana. Amer (amaro e amore al tempo stesso) omaggia l'Argento di Suspiria e il Bava de La goccia d'acqua nella prima parte, mentre più in generale appare un efficace esempio di cinema sperimentale che sembra arrivare direttamente dagli anni '70, offrendoci, a ricordo di quei tempi, cinque esaltanti brani musicali (tre di Stelvio Cipriani!) indimenticabili. La trama non ha senso e non è da seguire ma il film ti entra dentro, come la scena finale con rasoiate in viso.
MEMORABILE: Il continuo passare sui dettagli delle labbra, degli occhi, del seno di Ana quando sfila di fronte ad una banda di motociclisti.
Sentito, gustoso e piacevolissimo omaggio al cinema italiano horror-thriller (ma non
solo) degli anni Settanta. Lo sfoggio di tecnica è notevole e forse anche un po' eccessivo e fine a stesso, mentre è ammirevole il coraggio nel non dare vita ad una
storia: la trama, infatti, non esiste. E' tutto un incrocio continuo di realtà e sogno, di suggestioni e atti concreti. Se non pretendete storie narrative e lineari
lo apprezzerete. Se siete amanti del genere di cinema omaggiato (Bava e Argento su tutti) non potete perderlo e ve lo godrete appieno.
MEMORABILE: L'inizio del secondo segmento, quando si sentono le note di Stelvio Cipriani. La sensualità della protagonista nella seconda parte.
Ineccepibile tecnicamente quanto glaciale nel suo riproporre temi, visioni, perversioni dello spaghetti-thriller. È indubbiamente un omaggio appassionato fatto con una padronanza del mezzo cinematografico evidente, ma le tre storie, che vorrebbero essere tre momenti diversi della vita di una donna (infanzia, giovinezza, maturità) non sono che un pretesto per una successione di immagini e situazioni già codificate e straviste, con grande piacere per gli occhi quando si comincia a giocare coi colori, ma senza suspance.
Fulgida glorificazione autoriale e sperimentale dei topoi del giallo all'italiana, sublimati attraverso un appassionato esercizio estetizzante, libero di percorrere tutto lo spettro cromatico/musicale del genere. Un'opera che vive di oscure evocazioni cinematiche pop-settantiane, che pulsa di stroboscopiche fantasmagorie baviane, che vibra di visionarie lacerazioni fulciane, che ansima di ottenebranti "suspirii" argentiani. Uno specchio di Alice che riverbera freddi vortici di emozioni, evanescenti "psycho"-traumi sessuofobici e incandescenti turbillon di rantolanti paure infantili.
MEMORABILE: Le emozionantissime musiche di Morricone, Cipriani e Nicolai; l'ipnotico cromatismo iper-saturo dell'incubo nella stanza.
Allusivo e sensuale esercizio di stile, intrigante quanto stucchevole nei suoi vorticosi e insistiti virtuosismi. Nei vari passaggi della vita della protagonista c'è un non so che di ammaliante (l'infanzia inquieta, l'adolescenza seduce). I registi, per dimostrare di aver studiato, snocciolano tributi al nostro cinema (da brividi l'omaggio musicale a La coda dello scorpione). La sceneggiatura latita e la storia resta nebulosa. Quasi nulli i dialoghi (ma non è un male). Imperdibile per gli appassionati del nostro cinema di genere.
Apprezzabile sforzo registico franco-belga di omaggiare il cinema italiano giallo-thriller d'inizio anni settanta (Bava, Argento, Martino, Fulci). Trattasi però di un puro esercizio di stile, ove tutto è solo forma e nulla o quasi è la sostanza. Molto meglio guardarsi uno qualunque degli originali!
Sopraffino, citazionista, erotico, sensuale esercizio di stile che osa anteponendo sempre le immagini al racconto; che - diluendo l’impossibile - se ne sbatte di sintassi narrativa e dialoghi (in totale si contano circa 31 battute) per evocare continuamente - in un caleidoscopio di sequenze apparentemente (e non) sconnesse - l’orrore che si cela nell’oscurità del subconscio. Sceneggiatura (a tratti ridondante e confusa) plasmata sulla vita della protagonista in un tripudio visionario debordante di personalità, che lascia storditi ed ammaliati.
Citazionista (i riferimento sono al cinema degli anni settanta), praticamente un film dove le immagini sostituiscono quasi i dialoghi. Una villa immersa nel verde a picco sul mare, una strana protagonista che si diverte a "giocare" con animali e insetti inglobata in un mondo tutto suo. Si apprezza la ricerca di un proprio stile (in questo i registi riescono a distinguersi dalla massa), tra silenzi e primi piani. Ha un'unico difetto: non brilla di luce propria. Evocativo, strano, confuso ma in grado di scuotere dentro.
Virtuosismi da ripresa fini a se stessi, lunghi silenzi, cromatismi audaci e rarefazioni/decostruzioni narrative. Insopportabili, alla lunga, gli insistiti primi piani di occhi e di sguardi, che vorrebbero ricreare atmosfere fulciane/baviane/argentiane, e che risultano invece piuttosto stucchevoli; come del resto le sequenze sfocate, mosse e sovraesposte profuse a piene mani. Forma studiata e senz'anima che si atteggia a contenuto, grande prosopopea autoriale, velleitarismo programmatico: insomma, il cinema che proprio non sopporto. Sorry.
Se trama v'è, sta allo spettatore tracciare la pista cifrata e scoprire che cosa apparirà, o abbandonarsi all'enigma sfingeo. Se contenuto v'è, questo è La Forma, fatta disfatta rarefatta da uno sperimentare olistico e forsennato, da crasi di ogni anamorfosi possibile, pluricromie iperpop, flou e fluo. E fu così che dalle tribune della più ispirata e illuminata (e aggiungiamolo pure: presuntuosa) videoarte venne riprocessato il dna dell'horror 70's. Davanti a tanta ipertrofia estetica la fascinazione non tarda a scattare, ma sempre dopo aver bisticciato col rischio di una montante irritazione.
Bella senz'anima la pellicola del duo transalpino, simile a una di quelle top model talmente perfette da non provocare nemmeno un sussulto. Sarebbe banale soffermarsi sull'indiscutibile eleganza formale, ma d'altra parte non c'è altro nel film se non una sequenza di immagini ricercate incapaci di comunicare qualsivoglia emozione, men che meno la tensione che apparteneva ai modelli di ispirazione di cui si riprende asetticamente solo l'aspetto visivo, rinunciando all'approccio narrativo per scivolare nella sterile videoarte. Speravo in meglio.
Omaggio estetizzante al giallo all'italiana (e a certe divagazioni orrorifiche) considerato solo sotto la cifra visiva. bel lavoro sul suono, grande ricercatezza dell'immagine, non senza eccessi (il ricorso al ppp con finalità di sviamento dell'aspettativa alla lunga annoia). Un po' cerebrale. Il primo segmento il migliore.
Tecnicamente i registi sanno il fatto loro. La pellicola è tecnicamente splendida, con una fotografia impeccabile (alla Mario Bava) e movimenti di camera che insieme alle musiche riescono a ricreare la magia del thrilling italiano anni '70. Se l'obbiettivo era procurare un orgasmo visivo ai patiti del genere ci siamo, ma se parliamo di cinema esistono cose come la trama e la scrittura, che dovrebbero dare al tutto un senso. Purtroppo invece ci troviamo di fronte a un vuoto esercizio di stile.
In mezzo ai vari tentativi horror d'oltralpe spicca questo omaggio al thriller anni '70, una Fantasia argentiano-baviana che estremizza i buchi logici tipici del genere, eliminando completamente la trama e affastellando una sequenza dopo l'altra. Superato l'impatto, all'inizio snervante, prende forma un vortice di profondi rossi, viola e blu, labbra, occhi (senza volto?), rasoi e sangue, il tutto accompagnato da musiche che evocano alla perfezione le atmosfere dei tempi andati. Un'esperienza onirica, forse senz'anima ma che punta al cervello.
MEMORABILE: Tutti i brani di Nicolai, Cipriani e Morricone.
Anziché cercare di restituirci alcune delle sensazioni provate dai personaggi, Cattet e Forzani decidono di rappresentarle tutte: la sceneggiatura non fa che dettagliare il percepito, esplicitare l'implicito, indifferente a qualsiasi costruzione narrativa. Certo è l'omaggio al thriller settantino nostrano, ma è Suspiria – lungamente citato nell'incipt freudiano-incubotico – la lezione formativa di tanto cinema esperienziale, che martellando i cinque sensi smantella la narrazione. Paradosso: l'autoevidenza stilistica più che seduzione produce contemplazione - algida e ipnagogica.
Argento e tutto il thriller italiano degli anni 70 indagato, destrutturato, privato delle cartilagini e poi riassemblato secondo una estetica sfavillante e una sostanza ermetica, a discapito della classica fruibilità e con la forma assunta a unico faro. Conseguentemente, mentre la parte iniziale con Ana bambina è un gioello splendente, il proseguo si consuma a poco a poco schiavo della sua ricerca ossessiva (e ostinata) della bellezza. Sorprendente il mio tentato diniego visivo di fronte alla scena finale del rasoio. Vanesio.
La forza di Amer sta soprattutto nella perfetta fusione tra sonoro e montaggio; allucinante il rumore quasi maniacale del rasoio che taglia la carne. La prima e la terza parte omaggiano chiaramente il cinema di Bava (La goccia d'acqua) e quello di Argento (Suspiria), con un esercizio di stile figurativo ipnotico ma ruffiano. Quello che sicuramente manca è la tensione narrativa, soprattutto nella lunghissima e distaccata parte centrale. Un film riuscito a metà, coraggioso ma discontinuo.
Forma eccelsa con contenuto scarso, quasi inesistente. L'omaggio al cinema argentiano e baviano (e in generale a tutto il filone giallo e horror italiano) è, probabilmente, il vero obiettivo dei due registi, i quali amplificano a più non posso la dimensione sensoriale di ogni singola sequenza. Da questo punto di vista, senza dubbio, il film presenta molti spunti interessanti, ma la sperimentazione è ben altra cosa rispetto a novanta minuti di piani strettissimi, suoni che scandiscono il tempo e una trama inesistente.
Apprezzabile la volontà di omaggiare il cinema di genere italiano, anche se permane il dubbio su come porsi di fronte a un’opera di concetto che vive della propria estetica. Per lunghi minuti nessuno spiccica una parola e, quando questo avviene, la sostanza non cambia di molto. Si va presto in overdose di primi piani e spasmodica è la ricerca formale che passa attraverso colori saturi e inquadrature ricercate. Ammesso che si riesca a trovare una chiave di lettura o un significato personale, non è uno di quei film che si rivedono a distanza di poco.
Il duo Cattet/Forzani omaggia il giallo all'italiana anni 70 con un film che racchiude in sé tutti gli elementi cardine di quel tipo di cinema, tra cui colonna sonora, colori e tecnica di regia (tipo primi piani su volto e occhi). Tecnicamente Amer è girato benissimo, al punto di essere ipnotico e suggestivo. Purtroppo la quasi totale assenza di dialoghi e di trama fanno sembrare il tutto solo un puro esercizio di stile fine a se stesso. A tratti soporifero.
Riuscita solo a metà, quest'opera celebra il film thriller/giallo degli anni d’oro, oltre a rinverdire i fasti della musica exploitation che calza a pennello con le scene. Il film è caratterizzato da tre parti ben distinte: la prima risulta molto ben caratterizzata e assolutamente incalzante, la seconda lo è di meno e la terza rimane più frammentata e poco riuscita, causando un po’ di noia. Le invenzioni, infatti, sono tutte nell prima parte, un po’ nella seconda e nel finale. Comunque una ricerca visiva di primissimo ordine, per un film indipendente.
MEMORABILE: L’incontro con il nonno; L’infanzia della protagonista; Il viaggio in macchina; L’ultimo secondo del finale.
Da una parte viene sublimato il genere giallo anni 70, piazzando anche un finale particolarmente cruento. Dall'altra si scava sulle pulsioni sessuali con primi piani lenti e insistiti (su oggetti, sguardi, pelurie) che catturano ma che possono spazientire. Il parlato infatti non esiste, sono le immagini e il sincrono musicale a comporre un quadro narrativo che trabocca di sperimentalismo compiaciuto ma che allo stesso tempo offre singole sequenze capaci di non lasciare indifferenti e stimolare i sensi con eleganza. Sottolineata dalle note immortali dei nostri compositori del periodo.
MEMORABILE: La camminata di madre e figlia con i primi piani su Ana adolescente; Il vestito di Ana adulta avvinghiato nei rovi.
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La coda dello scorpione (Bruno Nicolai)
Un uomo si è dimesso (Ennio Morricone)
La polizia sta a guardare (Stelvio Cipriani)
La polizia chiede aiuto (Stelvio Cipriani)
La polizia ha le mani legate (Stelvio Cipriani)
Zendy, come puoi vedere nella sezione home video, esce da noi in dvd con il titolo Amer-Lacrime di sangue
DiscussionePumpkh75 • 3/07/16 18:39 Archivista in seconda - 438 interventi
Buiomega71 ebbe a dire: Zendy, come puoi vedere nella sezione home video, esce da noi in dvd con il titolo Amer-Lacrime di sangue
Buio, Lacrime di Sangue è il titolo italiano di Strange colour of your body tears, che esce in cofanetto con Amer.
Effettivamente la locandina dvd trae in inganno.
Pumpkh75 ebbe a dire: Buiomega71 ebbe a dire: Zendy, come puoi vedere nella sezione home video, esce da noi in dvd con il titolo Amer-Lacrime di sangue
Buio, Lacrime di Sangue è il titolo italiano di Strange colour of your body tears, che esce in cofanetto con Amer.
Effettivamente la locandina dvd trae in inganno.
Ah, grazie della info Pumpkh, mi ha tratto in inganno la cover.
Sottoscrivo l'ultima frase di Schramm: si rischia più volte l'irritazione (o la palpebra socchiusa oops forse non è il caso di parlare di palpebre...) ma dopo subentra la fascinazione. Non tanto come opera nel suo complesso ma come singole sequenze che parlano per immagini e primi piani, primi piani di tutto. Con l'ausilio, ammettiamolo, di tre brani dei nostri compositori immortali ma non è ruffianeria perchè sono montati con abilità, cosa non scontata. Come scelte e dirette bene sono le tre attrici che intepretano Ana. Rischiava neanche due pallini ma arriva in poco tempo a tre.