Eccezionale film di guerra che colpisce soprattutto per il suo totale pessimismo: raramente si sono visti sullo schermo una tale cupezza e disperazione. Quella dei protagonisti, infatti, è una vera e propria discesa all’inferno senza ritorno che deve la sua enorme efficacia al grande talento visivo del regista polacco che ritrae il sottosuolo di Varsavia come se fosse un vero e proprio girone dantesco. Estremamente coinvolgente grazie ad una sceneggiatura tesissima e ben calibrata che riesce ad avvincere lo spettatore fino all’amaro finale.
Le premesse, a partire dal titolo italiano, possono suscitare nello spettatore moderno inquietanti reminiscenze fantozziane. Nulla di più falso: Wajda dirige con grande professionismo e impeccabilità classica, senza ombra di vetustà autoriali. Al contrario, la narrazione è diretta e incisiva, senza sconti di alcun tipo quando si addentra nella sgradevolezza, con un secondo tempo fognario ancora più sporco e claustrofobico di quanto ci si sarebbe aspettati. Ottimo intrattenimento, amaro e non consolatorio. Un'eccellente pellicola, degna di figurare accanto ai classici del genere.
Alcuni soldati polacchi sono costretti ad attraversare le fognature di Varsavia per evitare la cattura da parte dei soldati tedeschi, fuga che si trasformerà in un incubo. Un film veramente terrificante che proietta lo spettatore in un autentico girone infernale tra liquami, morte e disperazione in un crescendo di tensione e disillusione. Sicuramente non adatto a chi cerca qualcosa di leggero, ma fondamentale per un certo tipo di cinema bellico posteriore (si pensi a Va e vedi) che ha come obiettivo quello di mostrare gli orrori della guerra.
Nonostante il periodo in cui fu girato, che farebbe pensare a un'opera di propaganda ideologica, il film è un potente apologo sulla violenza insensata della guerra e sul paradosso che giustifica la violenza di chi è aggredito. Un reparto polacco deve abbandonare la posizione e attraversare la città durante l'insurrezione di Varsavia, passando per le fogne (il Kanal del titolo). Le drammatiche circostanze fanno emergere le personalità dei singoli. Girato in un bianco e nero contrastatissimo e di grande impatto, asciutto e senza retorica, profondo e toccante, è un film da non perdere.
Un gruppo di soldati polacchi cerca eroicamente di resistere alla prepotenza tedesca e alla fine è costretta a raggiungere l’altra parte della città attraverso i meandri mefitici dei canali fognari. Sarà un inferno dantesco. Cronaca ottimamente ricostruita di una guerra infame di cui la Polonia fu vittima insigne, in cui il realismo espressivo è un vero pugno nello stomaco. Peccato per la scarsa emotività trasmessa, annientata da una cortina di orrori che si estende senza soluzione di continuità.
Il perdersi degli insorti di Varsavia nel canale fognario (titolo originale) labirintico, claustrobico, da bolgia dantesca, fa schizzare il film dalla rievocazione storica a un piano assoluto, quasi allegorico: un’epopea umana (anzi, disumana) prima che militare. Già i quattro minuti iniziali di piano sequenza con la carrellata che presenta ambiente e personaggi e ci porta nell’azione sono stratosferici, da antologia. Ma poi la lenta agonia dei resistenti nel buio contro un nemico quasi mai visto mozza il fiato. Plumbeo, angosciante, apocalittico.
Un gruppo di insorti polacchi fugge attraverso le fogne. Durante il periodo di occupazione bellica il nemico attende in superficie uomini senza speranza; il poeta Dante viene citato a ragione per le condizioni disumane e claustrofobiche. La regia evita enfasi inutili e si concentra, per motivi di spazio, sui volti sofferenti. La conclusione è lo specchio dell'occupazione nazista e della distruzione che ne è conseguita. Senza grande budget, la storia sa essere credibile.
MEMORABILE: La raffica al corpo; La grata; La bomba penzolante.
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