Bisogna essere preparati, per vedere film simili; sapere che ciò che ci aspetta è un'opera in cui ogni azione è rallentata, in cui la storia è solo un esile pretesto per mettere Bill Murray di fronte alle sue ex dopo vent'anni di lontananza. Un road movie solitario costruito sull'espressività straordinaria di un attore cui basta uno sguardo per raccontare un'emozione. Gli insistiti silenzi, tuttavia, soprattutto nella prima parte, sembrano una forzatura, un gioco a stupire col nulla, una panoramica ristretta (quasi sempre chiusa tra le pareti di casa) sullo squallore domestico di un ricco signore in tuta che si trascina dal divano dove guarda la tv...Leggi tutto a poco più in là. La lettera in cui una sua anonima ex gli dice di aver avuto un figlio da lui che lo sta venendo a cercare dovrebbe colpirlo, ma a spingerlo a partire per trovare la misteriosa donna è un vicino con la fissa dei gialli, il quale gli fornisce tutti gli indirizzi delle quattro ex da lui ricordate. L'impressione è che Murray, nella sua totale, eterna svogliatezza, non faccia che recitare se stesso, mettendo insieme a fatica qualche risposta e trovando un unico guizzo nel finale. Ed è questo suo atteggiamento di totale passività a rendere credibile la vicenda, in cui a fare il film sembrano essere le quattro donne quando invece è lui. Tuttavia la mancanza di una sceneggiatura meno piatta e monocorde si sente eccome, e dopo un po’ la noia fa spesso capolino.
Scapolone sessantenne apprende da una lettera anonima di avere un figlio grande, e si mette in viaggio per visitare le sue ex e scoprire la verità. Incuranti della precedente traumatica esperienza rieccoci a sorbire l'ebetudine di Murray in un viaggio al termine della pazienza (dello spettatore), film di compiaciuta, quasi sadica vacuità e inutilità. "Ricco di sottrazioni", lo definisce un autorevole critico, e ha ragione: sottrae tempo e denaro, entrambi assai meglio utilizzabili. Di broken qui c'è ben altro che i flowers.
Commedia vuota, superficiale e superflua che sfrutta ritriti temi moderni (road-trip, new age, ricerca della paternità, crisi di mezza età...)coinvolgendo attori famosi che hanno dimostrato di saper fare assai meglio in altre occasioni. Qui ci si annoia e non si ride; non basta certo chiamarsi Jim Jarmusch per credere di aver confezionato un film di qualità e di restare immuni da critiche negative.
Apparentemente uno dei tanti road movie che animano il cinema americano, Broken Flowers è in realtà qualcosa di più. Innanzitutto perché alla regia c'è Jarmusch che come pochi riesce a tracciare il ritratto di un uomo apparentemente appagato ma in realtà solo e disperato che inizia un viaggio alla ricerca della propria anima sentimentale. Parte del merito della riuscita del film va ovviamente al suo interprete Bill Murray, che regala una memorabile interpretazione, ma il film è caratterizzato da una ottima (ed insolitamente sobria) prova recitativa della Stone.
Nonostante il personaggio principale sia un uomo le vere protagoniste sono le donne: emancipate, sbandate, represse o seducenti. Murray cerca un figlio o forse se stesso in questo anomalo road-movie in cui il problema principale è che non succede nulla o perlomeno nulla di particolarmente interessante. Ritmo lento ma ottima regia, buon cast (su tutti un Murray grandioso anche quando praticamente non recita). Le cose migliori sono il personaggio del vicino e la strepitosa colonna sonora. Il finale lascia interdetti (come il resto del film, purtroppo).
Passabile road-movie. Ottimo il cast, soprattutto il protagonista Bill Murray. L'inizio è promettente, ma in seguito la sceneggiatura diventa ripetitiva e sconclusionata. Comunque la regia di Jarmush è discreta e riesce a rendere il tutto abbastanza piacevole. Nulla di imperdibile, comunque.
C'è una generazione di cineasti, ormai cinquantenni, che, dopo una vita (artistica) spesa alla ricerca di padri/mentori, si accorgono ora di essersi persi i figli. E parte una nuova quête. E' il fil rouge che lega Broken Flowers a Non bussare alla mia porta di Wim Wenders. Il film di Jarmush procede, come suo solito, quasi per strisce che, comunque, ci restituiscono il ritratto, desolante, di un'America che perde i propri figli. Fossero anche i suoi directors migliori, costretti, come anche in questo caso, a cercare capitali all'estero.
MEMORABILE: duetti non sense tra Don Johnston - che suona quasi come Don Giovanni di pietra, come di pietra è la sua imperturbabile espressione - e Winston
La vera abilità di Jim Jarmusch in questo film è l'aver trovato le giuste reazioni delle ex amanti di Don (un Bill Murray di gran mestiere) che si trovano improvvisamente davanti dopo 20 anni un loro ex per di più con dei fiori in mano. Lo scopo del film potrebbe non essere la storia di un sessantenne pieno di donne con nessuna donna che viene incastrato nella ricerca di un fantomatico figlio, ma quello di far vedere come vivono e come sono state brave a inventarsi mestieri le sue ex ragazze, ora belle donne (nessuna di loro è ingrassata).
Si vede che lo script è stato realizzato in pochissimo tempo: il film è meno che mediocre, una sceneggiatura risibile ed un primo tempo inutile e noioso in cui all'ignaro spettatore non resta che assistere a lunghe sequenze di silenzio in stile Celentano in cui il protagonista "recita" la sua depressione. Nel secondo tempo si risolleva ma non basta per uscire dal cinema soddisfatti della visione. Unica nota positiva lo splendido cameo della Stone che brilla per la sua bravura e non solo per la sua bellezza.
Anche in questo film Jarmusch non fa sconti per quanto riguarda la lentezza. Lentezza che, se si apprezzava in Dead man, qui si regge decisamente meno. Perchè? Beh, la sceneggiatura misera (non basta un cast di ottimi attori a fare un film) e la parte finale completamente sconclusionata, portano a pensare ciò. Murray si trascina da una casa all'altra più che alla ricerca dei propri sentimenti, alla ricerca di una buona battuta o di un'espressione che non sia sempre la stessa per tutta la durata del film. Pessimo.
Jarmush ha il suo stile inconfondibile: lo si può amare od odiare, ma non fa mai concessioni alla spettacolarità ed è permeato della sua personale ironia. Non è comicità né drammaticità, ma un piacere quasi morboso nelle contraddizioni delle cose. Murray si rivela un interprete perfetto per lo stile del regista. Una ricerca che sembra non portare a niente, vite insolite (forse) nei vari aspetti della provincia americana. Naturalmente non c'è una spiegazione, o ce ne sono diverse tutte ugualmente valide. Così è Jarmush, come la vita. Da gustare.
MEMORABILE: Ogni incontro con le possibili madri; "sta dicendo qualcosa?" - "dice che hai un piano segreto" - "il gatto ha detto questo?"
L'opera è tutta condensata nel volto di quel fottuto geniaccio di Murray. La sceneggiatura risulta scarna e risicata; rimane comunque la bontà di certi dialoghi. Jarmusch, senza alcun guizzo memorabile, svolge il compitino con sufficienza. La noia imperante e l'assenza di ritmo producono sbadigli in quantità industriale. Solo per gli amanti del grande Bill...
Mai tornare al passato, tantomeno alle ex: è quanto sperimenta un attempato dongiovanni che forse potrebbe essere padre, ma di chi? Punto di forza è la classica maschera imperturbabile di Murray, calata perfettamente nell’atmosfera da spleen che pervade grigiamente tutto il film. Per il resto, anziché scavare nella malinconica arresa di fronte agli scherzi del tempo che passa, Jarmusch preferisce alluderne attraverso una silenziosa elegia dei tempi morti nei quali, però, affonda la storia. Che rimane una bella idea, ma senza corpo. Peccato.
È una fatica non addormentarsi durante la prima ora del film. A me è capitato più volte di sentire la palpebra chiudersi. Poi vedo comparire Jessica Lange e la scena del cazzotto. Anche se il tono generale non cambia cerco di prenderle come motivi di consolazione. Alla fine del film rimpiango comunque il Carosello anni 70 (grazie Jim per questo effetto).
Intimista, malinconico ed introspettivo viaggio on the road alla ricerca di una figura sentimentale con cui evadere da un'asfissiante routine quotidiana, che sfocia dentro una solitudine apatica e depressiva. Pachidermico e minimalista più che mai, Jim Jarmusch racconta attraverso piccoli sguardi e piccoli gesti il viaggio interiore ed esteriore di un uomo e la sua disperata - e allo stesso tempo dignitosa e diplomatica - ricerca di un punto di riferimento. Il volto ingessato e sornione di Murray, rimane scolpito nella memoria.
MEMORABILE: La visita dalla prima Ex e la sua graziosa figliola.
Trasognato ed incantatore, letargico ma mai cloroformico: è il cinema di Jarmush. Piaccia o no è un modo di fare film originale e indipendente (come quello di Jean Eustache cui Broken è dedicato), qui cristallizzato in una delle sue migliori riuscite, grazie a un interprete (Murray) talmente immerso nel ritmo della pellicola da destabilizzarne la visione. Rimodulando un espediente solitamente virato al drammatico (Lettera a tre mogli), la pellicola procede aerea ma anche crudelmente malinconica. Nel gineceo all stars nota di merito per la "piccola" Dziena.
È annoverabile tra le pellicole “strane” in quanto, dopo un inizio lento e distaccato, fa apprezzare a distanza la sua pacatezza espositiva. Un maturo ex donnaiolo riceve una lettera anonima che gli rivela l’esistenza di un suo figlio 19enne. La ricerca di indizi su di lui è l’oggetto di una trama che incuriosisce e che si rende simpatica, a patto di superare l’iniziale apatia. Il viaggio tra le ex amanti dell’uomo è un modo di raccontare le sorprese che può rivelare la rievocazione del passato. Sempre in forma Sharon Stone e Jessica Lange.
Una commedia molto interessante, che Jarmusch conduce in modo lento ma non noioso, alternando saggiamente piccoli momenti di humor leggero e delicato ad altri di introspezione del protagonista. Il risultato è notevole, anche grazie all'ottima performance di Murray, che riesce a essere espressivo come pochi anche quando sembra completamente inerte. Ricco e variegato il cast di contorno, bella la colonna sonora.
Avendo a che fare con l'accoppiata Jarmusch-Murray si sa già a cosa si va incontro: atmosfere dilatate, tempi morti, silenzi non sempre densi di significato. Eppure si tratta sempre di vicende intriganti, con stile originale e apprezzabile. In questo caso il viaggio di Murray alla ricerca delle sue ex, per scoprire quale può essere la madre di un figlio che ha scoperto di avere, offre siparietti gustosi, in cui si distinguono la Stone e la Lange. A tratti la lentezza è a rischio noia, ma nel complesso è buon cinema d'autore.
Mi ha quasi convinto, non siamo ad altezze di qualità vertiginosa ma va bene così. Murray è bravo ma non è il solo punto di forza della pellicola. La sceneggiatura è ben congegnata, c'è humor, ci sono altre buone interpretazioni (il cast ha nomi altisonanti), c'è una vena malinconica pungente e Jarmusch dirige discretamente, con attenzione ai dettagli e asciuttezza. Il finale, ambiguo, misterioso e quasi grottesco, contribuisce a farne un prodotto che si può senz'altro vedere.
Il film, dalla sceneggiatura abbastanza risicata, si fonda tutto sulla squisita interpretazione-disagiante alla Bill Murray, il cui personaggio, Don, un attempato dongiovanni, sembra gli sia cucito addosso. Il resto del cast rimane sprecato in sequenze poco finalizzate se non a raccontare il personaggio principale e la sua solitudine. La delicatezza di alcuni richiami (quella del colore rosa, a esempio) non basta a colmare le lacune. Un road movie a metà che non arriva mai alla meta.
Signore di mezza età va alla ricerca del figlio che gli comunicano avere avuto vent'anni prima. Trama risicata con la scoperta della notizia e quattro visite alle ex fidanzate, vive solo all’inizio di un minimo di humor. Negli incontri i dialoghi non portano a nulla e non viene spiegato nessun antefatto, così da portare a una noia repentina. Murray si dà una scossa solo nell’ultima scena; la Stone è la migliore del reparto femminile.
MEMORABILE: La figlia Lolita che gira nuda per casa.
Maturo misantropo intraprende un viaggio per incontrare alcune donne con cui ha avuto una relazione vent'anni prima: lo scopo è scoprire quale di loro ha spedito una lettera non firmata in cui rivela di aver avuto un figlio da lui... On-the-road sentimentale dalle atmosfere rarefatte incentrato interamente sul depresso protagonista, dato che gli altri personaggi non risultano particolarmente significativi. Murray è attore in grado di risultare espressivo anche senza muovere muscolo, ma il film fatica a tener desta l'attenzione e l'epilogo sembra più sconclusionato che sospeso.
Jarmusch in fatto di lentezza non scherza e sembra farne un veicolo comunicativo dal quale non può prescindere. Facile cadere nella trappola della noia, se non si cerca il senso della storia e di quell’epilogo che dà l’idea di essere capitato lì per caso. La mancanza di risposte è forse la risposta in sé alla ricerca vana di colmare un vuoto esistenziale che non è peggio delle tante occasioni mancate. Buona la caratterizzazione dei personaggi, immersi in una delle tante province lontane che rende bene il concetto di anonimato più estraniante.
A causa di una lettera anonima, un playboy oramai in declino si avventura in un viaggio dentro al suo lontano passato, fatto di amori e forse anche di un figlio segreto. Una storia che descrive con realismo i fallimenti di un presente - del quale il tempo ha delineato i contorni - dentro a un quotidiano tutt’altro che idilliaco. Bravo Murray con la sua maschera malinconica, altrettanto la Stone e la Lange. Comico ma con grazia.
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