Tra Kusturica (anche per la scelta e l'uso invadente delle musiche) e la tradizione più casereccia dei brutti, sporchi e cattivi di Scola in versione edulcorata e ripulita, Luchetti s'inventa uno strano film che guarda all'ultima parte di vita del Caimano e immagina un imprenditore d'assalto che, per evitare la galera, presta servizio in un centro d'accoglienza elargendo pillole di saggezza economica a chi difficilmente potrà recepirle. Il gruppo di spiantati da seguire, infatti, abitualmente impegnato a sopravvivere e basta, fatica un bel po' a provare simpatia (e poi “empatia”,...Leggi tutto parola chiave ripetuta cento volte per descrivere la comprensione del rapporto) nei confronti del nuovo collaboratore. Ma sarà sufficiente oliare un po' i cardini e ogni cosa andrà a suo posto. Tranne che con Angela (Danco), la religiosa donna che gestisce il luogo, dura e incorruttibile, scettica sulle qualità di un bancarottiere che alterna momenti di volonterosa comprensione ad altri in cui mostra tutto il suo disprezzo nei confronti di chi proprio sembra non aver interesse a migliorare. Nel gruppo di poveri emerge in particolar modo il Bruno di Elio Germano, un giovane che esibisce una brillantezza figlia forse di qualche rotella fuori posto e che non manca di osservare con orgoglio come lui e Numa Tempesta (questo l'insolito nome del protagonista) siano in fondo fatti della stessa pasta. Una prova eccessivamente sopra le righe per Germano, ottimo attore che tuttavia quando viene lasciato libero di gigioneggiare in romanesco spesso esagera minando la credibilità generale del film, come avviene in questo caso. Nonostante una regia che Luchetti mantiene nei binari di una certa professionalità IO SONO TEMPESTA si trasforma presto in una confusa serie di scenette mal assortite, che si incastrano faticosamente l'una nell'altra senza che l'estro di Giallini possa rivitalizzarle se non in minima parte. Con personaggi sbozzati grossolanamente, macchiette che si vorrebbero allegre ma che al massimo si rifanno a gag stravecchie rielaborate senza fantasia (emblematica la scena, che pure va annoverata tra quelle divertenti, in cui Tempesta offre cento euro a chi dirà ad Angela quanto lui sia in gamba), il film non riesce mai ad uscire da un disegno irrisolto al quale partecipano figure prive di una significativa collocazione come le escort che studiano psicologia e allungano il brodo con botta e risposta ingenui che non si sa bene cosa vorrebbero dimostrare, guidate da una “Radiosa” Simonetta Columbu inguainata in costumi e abiti succinti per gratificare l'occhio. Né riescono a risultare simpatici gli altri senzatetto che Tempesta gestisce come vuole organizzando poi una trasferta in Kazakistan per l'ennesima truffa edile di cui nulla si capisce o quasi. Luchetti si limita ad accendere fioche luci su un quotidiano che dovrebbe mettere in evidenza i contrasti enormi tra due filosofie di vita agli opposti, ma lo fa senza seguire un vero filo logico, indeciso tra una commedia amara che rievoca pallidamente i fasti di quella che fece grande il nostro cinema e un linguaggio moderno e frammentario padroneggiato senza la necessaria confidenza, affidandosi al mestiere ma lontano dal raggiungere gli ottimi risultati ottenuti in passato con opere ben più autentiche e sentite.
Un film diretto da Luchetti che purtroppo non riesce mai a decollare risultando spesso e volentieri noioso e a volte privo di una certa logica. Giallini, pur avendo la parte del leone, non riesce a increspare più di tanto questa calma piatta. Germano bravo ma con una certa sguaiataggine di fondo a volte ripetitiva. La Danco se la cava bene. Nonostante la professionalitá registica il film gira a vuoto.
All'inizio mi sembrava un classico film di redenzione scontata del ricco che impara l'empatia per i più sfortunati, ma quasi subito la sceneggiatura fa piacevolmente ricredere e, andando controcorrente, racconta una storia in cui un ricco prova empatia per i meno sfortunati, ma a modo suo. La regia ha nello stile delle riprese e dell'accompagnamento sonoro un fastidioso stile da fiction all'italiana. Personaggi che potevano esplodere vengono mal sfruttati da interpreti non all'altezza. Giallini rimane un signor attore.
Surreale, paradossale e spesso divertente, il film lascia spesso spiazzati. Forse non riesce a diventare concreto, ma credo sia una condizione di partenza. Sempre uguale a se stesso Giallini, simpatico e gigione e un po' più modesto Germano. Nella prospettiva del tycoon tutto diventa moralmente indiscutibile e leggero, alla fine; quasi si finirebbe per non fare del male a nessuno, se tutti fossero furbi. Comunque una commedia divertente.
Filmetto noioso e confusionario nella trama, della quale lo spettatore sembra perdersi alcuni passaggi salvo poi scoprire che erano dati per scontati (ovvero: come non scrivere un film). Le prime scene sono interessanti, ma appena entra in scena il centro per i poveri la trama scade in un susseguirsi di scene boriose e un po’ ripetitive in cui Giallini si muove tra lo spregevole imprenditore Tempesta (le parti più cattive e interessanti del film) e una rendezione buonistica all’italiana. Bravo e azzeccato Germano nel ruolo del barbone romano.
Mescolando figure che hanno caratterizzato la commedia italiana degli ultimi venti'anni (il faccendiere senza scrupoli ma anche l'attivista del terzo settore) e quelle della commedia classica (la galleria di spiantati) Luchetti prova a offrire critica sociale e divertimento ma onestamente alcune frecce mancano il bersaglio (si pensi al trio di escort impegnate o alla figura paterna) e Giallini diventa presto ripetitivo. Si lascia seguire ma non impressiona mai.
Dedicato alla figura di un affarista spregiudicato con problemi giudiziari, il film di Daniele Lucchetti pesca a piene mani nell’attualitá politico sociale italiana e trova in Marco Giallini un interprete ideale su cui però il regista non riesce a costruire una sceneggiatura all’altezza che vada oltre aspetti scontati e prevedibili. Il film vive di “siparietti” più o meno divertenti ma manca di una storia “forte” e strutturata. Anche l’epilogo e debole con un happy end poco credibile.
Faccendiere dovrà scontare un anno di servizi sociali. La figura dell’imprenditore senza scrupoli evapora subito, anche se Giallini dimostra di reggere il ruolo di protagonista e le sottotrame (i poveri che fiutano i soldi, la relazione con la responsabile) vivono isolate. Più grave il fatto che il nesso psicologico col padre non venga minimamente esplorato. Luchetti comunque si difende e grazie a Germano riesce a rendere leggera la visione.
MEMORABILE: La trattativa per la roulotte; La figura del pigiama di seta agli occhi dei poveri.
Palesemente ispirata alle ultime vicende giudiziarie del Cavalier Caimano, una commedia che pur partendo da spunti stuzzicani, perde ben presto ogni aspirazione satirica per mostrare quadretti edulcorati e banalità assortite sul contrasto ricchi protervi/poveracci ingenui. Colpa di una sceneggiatura che assembla, attorno al grintoso Giallini, una galleria di personaggi fasulli e pretestuosi, come le prostitute-psicologhe o la pia invasata che dirige il centro di assistenza diurna, per non parlare del gigione Germano babbo single. Film poco riuscito avaro di gag che facciano almeno sorridere.
Film poco riuscito, in cui Giallini fa tutto e bene quello che può. Non può purtroppo far nulla per una sceneggiatura inconsistente, ridicola, che in certi momenti indispettisce per la vacuità, la mancanza di rispetto su temi che risultano palesemente non noti. Nella testa degli autori probabilmente il pubblico avrebbe dovuto empatizzare con il gruppo dei poveri e con il loro riscatto: niente di tutto ciò. Ci si dimentica di loro già prima dei titoli di coda. Tentativo di commedia all' americana decisamente da dimenticare.
Se vogliamo considerare lo stato in cui versa la commedia italiana negli ultimi anni, non è nemmeno male; sfruttando temi di cronaca tipici del nostro paese nonché ispirandosi a un certo tipo di comicità nostrana a sfondo sociale dei tempi che furono, Luchetti firma un lavoro ben confezionato ma che presenta qualche buco di script (specialmente nel finale) e alcune banalità, pur risultando divertente a tratti. Gran merito va a Giallini, che tiene in piedi il film; discreti i comprimari, sexy ma insopportabile la Columbu. Da vedere senza pretese.
Non riuscito. È una commedia sociale che gigioneggia, ma che non riesce a divertire: Giallini è il più classico dei self made man tutti tricolori, mattatore onnipresente in un ruolo che è tuttavia privo di particolari picchi e che, soprattutto, non viene supportato a dovere da un cast secondario a dir poco incolore, nonostante qualche nome di rilievo (Germano, Fonte, Columbu...). Teso e bipolare, ma senza particolare costruzione e quindi in definitiva non buono, il personaggio di Angela (Danco). Deludente anche l'happy end carcerario.
Pellicola malriuscita, che riesce nell'impresa di prendere varie direzioni (denuncia sociale, satira, pseudoparodia...) sbagliandole tutte. E anche i personaggi non sono niente di che, assai poco aiutati da una sceneggiatura zeppa di luoghi comuni, battute da quattro soldi e situazioni mal gestite, in cui anche i cosiddetti ultimi non sono credibili (addirittura fastidioso quello interpretato da Elio Germano). Persino il percorso del protagonista non desta interesse e il tutto inizia a sfaldarsi già dall'inizio. La discesa sarà poi costante fino all'epilogo, in linea con l'opera.
Nel film si fa spesso riferimento al termine "empatia" e diventa curioso così rendersi conto che è proprio questa una delle conseguenze che derivano dal suo basso livello qualitativo: non si riesce a parteggiare per nessuno e, parlando di senzatetto, non si riesce a gioire di un loro riscatto sociale. Colpa di una sceneggiatura che lascia alcuni buchi e una nulla analisi dei caratteri; la scrittura non è nemmeno furba per coinvolgere nell'affermazione dei personaggi. E anche la presenza di Giallini finisce per disperdersi. Alla bella confezione, scartata, non rimane alcun contenuto.
Più farsa che satira, più caricatura che commedia all’italiana: la storia dell’imprenditore condannato ai servizi sociali con i senzatetto fluttua tra Capra e Zavattini, ma senza l’entusiasmo del primo né l’affabulazione del secondo, e rilegge in attualità un plot dal sapore di favola pacificante anni 40. Stuzzicante il protagonista (bravo Giallini), macchiettistici i poveri, insopportabile la musica onnipresente, leziose le citazioni spiattellate (Shining). Film tra il divertente e il superficiale, con spunti sfiziosi e varie banalità.
Un quasi svogliato Giallini (ma più di lui certamente Germano) cerca di farci sorridere amaramente sulle sorti di un personaggio che avrebbe appeal ma non riesce a bucare lo schermo. Così come Tempesta anche anche il manipolo di comprimari galleggia: sono più macchiette, o pedine (se si vuol cercargli un senso che forse non c'è) da manovrare a piacimento e che mancano di profondità. Il finale, quasi onirico non è deprecabile ma arriva a margine di una fiacca messa in scena e risulta a sua volta stucchevole o comunque farlocco.
Grossa delusione. Una pellicola che sa davvero di poco, costruita intorno al protagonista interpretato da un Marco Giallini molto spento e non aiutato dal cast di contorno. L'idea di base è pure buona, ma il film non decolla mai e si aggrappa a qualche iniziativa e regala veramente pochi momenti azzeccati. Tra gli altri, inaspettatamente molto deludente la prova di Elio Germano. Il finale salva giusto dal baratro, ma rimane un prodotto sotto la sufficienza.
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DiscussioneRaremirko • 23/02/21 18:07 Call center Davinotti - 3863 interventi
Film abbastanza sottovalutato, ben fatto, con una coppia di bravi attori ben affiatati; non graffia moltissimo ma si guarda senza problemi. Discreto pure il Fonte di Dogman. Ha una sua ragione d'essere estetica anche se, effettivamente, Luchetti ha fatto di meglio.