Deludente film a episodi. In quello di Loy (Dorelli e Vitti) uno sceneggiatore detta un'operina dal finale buzzatiano alla dattilografa. In quello di Magni (Manfredi e Banfi) una guardia carceraria viene sequestrata dai detenuti in rivolta e non capisce cosa vuol dire la loro minaccia di "sodomizzarlo". In quello di Comencini (il migliore, con Manfredi e Vitti) c'è un equivoco fra chi pensa di comprare sesso da chi invece vende libri (la vera squillo è la Pometti).
Solo per sfizio.
MEMORABILE: La poetica citazione del lèmma "patonza"...
Piuttosto banale e poco fantasiosa commedia a episodi. Nel primo si apprezza il dialogo Dorelli-Vitti e il copione di un film nazi-erotico-politico, nel secondo il cast variopinto (Manfredi, Banfi, Emilio Delle Piane, Mezzogiorno)e alcuni spunti sociali, nel terzo (interamente basato su un equivoco) le balbuzie di un Manfredi alle prese con una timida Vitti. Trascurabile.
Deludente. Tre episodi piuttosto tracurabili che gli interpreti cercano di tenere a galla, fallendo però nell'impresa data la pochezza delle trame. Il primo episodio vede dietro la macchina da presa Nanni Loy ed è decisamente il peggiore, segue quello della rivolta carceraria, diretto da Luigi Magni e in conclusione Comencini dirige il segmento più divertente (ma non più di tanto) tutto basato su un clamoroso equivoco. Dimenticabile.
Film in tre episodi, due di valore trasurabile, poco più che barzellette allungate. L'episodio del carcere invece è ottimo: tutto funziona alla grande, il plot è salace e brillano battute, tempi e soprattutto cast, con Banfi e Mezzogiorno al servizio di un Manfredi ispirato. Ho letto un'intervista di Manfredi che si lamentava del fatto di aver sprecato un'idea che poteva reggere un film intero; non si può dargli torto.
Due coppie di scrittori (Castellano & Pipolo, Age & Scarpelli) e tre "consumati" registi per un film a episodi sulla carta promettente ma che non riesce a sollervarsi da una banale mediocrità a causa di trame poco interessanti e sceneggiatura di basso livello. Difficile decidere quale sia l'episodio migliore; forse si ride maggiormente con il primo ma è una gara al ribasso. Del cast, la migliore è la Vitti.
Film a episodi che ha l'unico merito nel cast indovinato che dà buona prova di sè. Le fantasie erotiche della Vitti del primo episodio (in coppia con Dorelli) sono poco incisive e per nulla divertenti, così come l'equivoco al centro del terzo (con la stessa Vitti e Manfredi) sa troppo di barzelletta e delude se si sa che è diretto dal grande Comencini (così come il primo di Loy). L'unico episodio a divertire è il secondo, con uno strepitoso Manfredi e un simpatico Lino Banfi direttore del carcere: certo nulla di strabiliante, ma meglio del resto.
Discontinuo film ad episodi. Il primo diretto da Nanni Loy è indubbiamente il peggiore (con Dorelli che detta una sceneggiatura eros/svastika alla dattilografa Vitti), il secondo di Magni è il migliore (con uno strepitoso Manfredi guardia carceraria tenuta in ostaggio da detenuti rivoltosi) mentre il terzo di Comencini (sempre con Manfredi e la Vitti) è simpatico ma riesce soltanto a far sorridere e nulla più. Insomma sia i registi che gli attori hanno fatto molto meglio. Brevi apparizioni anche per Banfi e Mezzogiorno.
MEMORABILE: La lettura di Manfredi del comunicato scritto dai detenuti.
Film estremamente deludente, e il fatto che regia e cast siano di gran livello non lo salva, anzi ci spinge a chiederci perché nomi importanti si siano imbarcati in tale operazione. Ingenuo e monotono bozzetto sulla commistione tra Arte e Vita il primo episodio, con Dorelli sceneggiatore e la Vitti dattilografa malmaritata; più vivace e vario il secondo episodio, dove la dinamica da Sindrome di Stoccolma tra Manfredi e i rivoltosi si segue con piacere; desolante la banalità del terzo episodio, microscopica commediuccia degli equivoci. Evitabile
MEMORABILE: Il soliloquio di Manfredi sulle sue origini e sulla sua infanzia, per passare la nottata; il discorso in politichese del ministro.
Modesto, poco incisivo, sostanzialmente irrilevante nelle filmografie di tutti i coinvolti. Certo, attori bravi (e mica lo si scopre qui), qualche colpo va a segno, soprattutto i pastiches sui gerghi settoriali e la satira del primo episodio - il migliore - sui film con pretese travestiti da exploitation trucidissima. Però appunto niente di imprescindibile.
Star movie sbancabotteghini a episodi come si usava in quegli anni che però non coglie nel segno. Manfredi, la Vitti e Banfi bravissimi (ma questo lo sapevamo anche prima) devono fare i conti con una sceneggiatura fra lo scontato e l'ignobile che vanifica i loro sforzi. Solo il secondo episodio desta qualche risata amara, grazie anche a una insospettata attualità e a comprimari come Mezzogiorno e la Danieli, mentre gli altri si dimenticano piuttosto presto. Il resto del cast e le maestranze di grido si limitano al sindacale. Superfluo.
MEMORABILE: Isa Danieli che vuole farsi sodomizzare al posto del marito Nino Manfredi.
Tre episodi diretti da tre registi diversi, quasi fatti su misura per le caratteristiche degli attori protagonisti. L'episodio centrale è quello più denso, più allargato, che include problematiche sociali, mentre gli altri due sono più incentrati sulla coppia, con una Monica Vitti un gradino più in alto dei pur bravi Dorelli e Manfredi. Nell'episodio centrale, coi detenuti in rivolta, la sodomia, usata come minaccia, viene subita metaforicamente, anche se non meno reale, dai detenuti stessi. Film senza guizzi particolari.
Scarsino: faticoso e inconsistente il primo episodio di Loy con Dorelli e la dattilografa. Di mediocrità avvilente quello di Comencini con Manfredi che accoglie la Vitti scambiandola per una escort a domicilio, sconcertante per il disinvolto maschilismo dell'epilogo che omaggia la "vis grata puellae" di ovidiana memoria, soluzione assurda per gli standard politically correct di oggi ma considerata innocua ai tempi. Il migliore è l'episodio di Magni sulla rivolta in carcere, che avrebbe meritato di più.
MEMORABILE: Manfredi immagina i titoli sui giornali: "Secondino sodo e mizzato".
Film a episodi non particolarmente riuscito. Dei tre forse il migliore è quello con Manfredi e Monica Vitti scambiata per un'accompagnatrice, insomma una escort dei tempi nostri! L'episodio di mezzo vede un bravo Manfredi ostaggio dei detenuti che reclamano la mancanza di donne. Il direttore del carcere è un Banfi non particolarmente ispirato. Inutile la parte diretta da Comencini con Dorelli alla dettatura di un copione pornografico. Si sorride a tratti, ma sei mani alla fine sono sprecate, per scrivere una così modesta pellicola!
Un discreto episodio, almeno nelle intenzioni, stretto fra due assolutamente trascurabili. La denuncia del segmento carcerario è lodevole pur se indecisa fra l'analisi sociale e i modi più superficiali della commedia leggera (Banfi, i politicanti). Alla lunga di tutto il film restano nella memoria solo i momenti affidati ai vecchi leoni (il garbo di Dorelli, la lettera letta in modo scombiccherato da Manfredi): poca roba.
Tre episodi segnati dal sesso - tassa degli anni 70 - ma non in maniera sfacciata. Più debole anche se curioso il primo con Dorelli fallace sceneggiatore. Gustosi i due con Manfredi: nel primo è un agente penitenziario a rischio sodomizzazione (con Banfi direttore del carcere come nel Detenuto di Loy); nel secondo, di Comencini, il classico equivoco sulla prostituzione tocca vertigini comiche grazie al grande mestiere dell'attore romano e della Vitti, "due solitudini" separate dal complesso dello scimpanzé
MEMORABILE: Manfredi pur di apparire di sinistra per ammorbidire i rivoltosi, si professa pronipote di briganti.
Il comparto regia e sceneggiatura lasciava certamente sperare in qualcosa di più per questa commedia a episodi che rimane invece solo appena sufficiente. Il primo con Dorelli e la Vitti è abbastanza insipido e una volta terminato lascia indifferenti; molto meglio il secondo con Manfredi e Banfi (seppur l'attore pugliese non sia al top) ma non male neanche il terzo, sempre con Manfredi e la Vitti, classica variante sugli equivoci. Buoni i valori produttivi, cast di razza che sicuramente alza di mezzo punto il pallinaggio; non memorabile ma una visione la può meritare, tutto sommato.
Tre episodi con ammiccamenti al sesso e alle chiacchiere che provoca. Il primo con la sceneggiatura dettata alla dattilografa è all'acqua di rose come desiderio e finisce per essere monotono. Il secondo di Magni è un filo più vario e ha un minimo di comicità. L'ultimo, col classico equivoco tra chi si prostituisce e chi no, diverte solo quando partono gli schiaffoni. La Vitti regge i suoi episodi, Manfredi almeno ha i tempi giusti (oltre alle sigarette sempre bene in vista).
MEMORABILE: L'Iva sulla prestazione; La moglie che si sacrifica per il marito.
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Tra i commenti c'era quello di Skinner che ha citato "un'intervista di Manfredi che si lamentava del fatto di aver sprecato un'idea che poteva reggere un film intero; non si può dargli torto". Onestamente non sono d'accordo: allungare a 90 minuti quel segmento sarebbe stata impresa improba, non vedo come avrebbe potuto reggere per tutto quel tempo.
Nonostante ciò lo reputo il migliore episodio tra i 3.
CuriositàZender • 4/08/14 18:08 Capo scrivano - 48439 interventi
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film: