Commedia malinconica che si specchia negli sguardi dei due protagonisti: Seth Rogen è il giovane aspirante comico che sbarca il lunario lavorando in pasticceria, Adam Sandler il divo di successo che lo nota in un cabaret e gli chiede di scrivergli qualche baltuta per il suo show; il primo è triste perché non riesce mai a quagliare con le donne e la vita certo non gli sorride, il secondo perché ha scoperto di soffrire d'una grave forma di leucemia. Raccontando l'incontro di due persone così diverse nel carattere ma accomunate dallo stesso mestiere, Judd Apatow trova i toni giusti, che sa condire col consueto mestiere (e la solita dose di buona musica inserita...Leggi tutto con grande raffinatezza). Sandler, di fatto nella parte di se stesso (la comicità ingenua dei film girati dal suo personaggio non è molto differente dalla sua) sa essere molto convincente, Rogen abbastanza pur risultando più anonimo, in parte soprattutto quando sta con i suoi compagni d'appartamento (Jonah Hill e Jason Schwartzman). Nel complesso un film il cui maggior pregio sta forse nella sua fluidità (considerata la durata esagerata, 145'!) e nella semplicità trasparente dei sentimenti. Ciò che invece lascia perplessi è la scarsa qualità degli show sul palco; non tanto per la prevedibile volgarità, quanto piuttosto per la scarsa incisività delle gag. Discreto e innocuo.
Dopo il fortunato Molto incinta Apatow torna a dirigire e a scrivere una commedia, ma lo fa con toni decisamente molto più agrodolci rispetto al passato. Il film descrive un periodo cruciale e difficile vissuto da un comico molto amato dal pubblico (Adam Sandler). Funny People è un buon film, ma ha il problema di risulatare diviso in 2 parti che si legano male: la prima, molto più interessante e originale, si scontra con una seconda parte affrontata in maniera troppo banale. Il film è ricco di star americane che interpretano se stesse.
MEMORABILE: Eminem vs Ray Romano che interpretano se stessi.
Judd Apatow sempre più in basso. Dopo il mezzo passo falso di Molto incinta siamo di nuovo anni luce dal felice 40 Anni vergine. Anzi, questo nuovo lavoro del (presunto?) fenomeno della commedia americana è ancora peggio. Se il tentativo è di smarcarsi da certa comicità per incorporare elementi drammatici, il fallimento è netto. Si ride poco e le battute, stupide e banalmente volgari (siamo dalle parti del peto facile), sono sciatte. Il resto è una triste pippetta su come donne, successo e soldi non rendano poi così felici. Sarà vero? Mah...
Nel suo meritorio tentativo di introdurre una strada nuova per la commedia, Judd Apatow dirige un film più ispirato del solito e nel quale affronta temi molto seri come la malattia e la solitudine da successo. Non tutto funziona a dovere (l'ultima parte è ridondante ed inutile) ma il risultato è un film piuttosto piacevole segnato da un ottima prova del cast, con Sandler che si rivela attore maturo come già in Reign over me. Bella la colonna sonora con suggestioni beatlesiane.
Famoso attore comico, baciato dai soldi e dal successo, è costretto a fare un bilancio della propria vita dopo la diagnosi di una grave malattia e si scopre solo come un cane. Cercherà di porvi rimedio. Vola alto Apatow con questo ritratto di clown triste, ma le ambizioni non corrispondono al risultato: le parti "comiche" non fanno ridere (anzi mettono uggia nella loro monomaniacale volgarità segaiol-pompinara), quelle "serie" non si sollevano dalla banalità (i soldi non fanno la felicità? ma va...). Meglio Rogen di Sandler.
Mai pensavo di poter dire, in tutta la mia vita, di aver finito per amare un film con Adam Sandler protagonista: alfiere d'una comicità zuccherosa e poco adusa alle sirene del realismo. Torrenziale, autocelebrativo, ridondante ma finalmente vissuto. Ben scritto, lunghetto-alquanto ma ricchissimo di situazioni reali. Spontanee, divertite e divertenti. Anche un po di groppo in gola, nel pur forzato richiamo alla malattia come percoso a ritroso d'una vita superficiale. Come quando Verdone smise d'inventarsi coatti fuori dal tempo e raccontò, tornando a fuoco, la vita del commediante (in coma).
Neanche Apatow, dopo parecchia, notevole, acqua sotto ai ponti, poteva esimersi dall'approntare la cosiddetta prova del nove. Il plot è più "importante" del solito; non si fatica tuttavia a percepire ben presto il consueto "Apatow touch". Le striature malinconiche, divinamente incarnate dall'impacciato di turno (grande Rogen), sfociano qui in un intricato triangolo "prioritario" amicizia/famiglia/passione. Tratteggiato divinamente il "tira e molla" tra Sandler e la Mann. L'unico regista che sappia rappresentare degnamente questa generazione.
Un film con protagonisti dei comici che vuol far ridere/piangere e invece annoia a morte direi che non è affatto riuscito. Sandler è un cane d'attore come al solito: sempre stessa espressione e stesso atteggiamento da sfigato. Il cast di contorno è penoso. Battute (?) volgari e riferimenti a peni e varie pratiche sessuali che non aiutano certo... Pessimo.
Fino a quando Sandler fa la parte del comico di successo che lotta contro la malattia facendo da mentore ad un giovane ed esordiente Rogen il film è godibile e non dispiace. Raggiunto l'apice con il colloquio dal medico svedese dall'accento poco rassicurante per chiunque, il film piomba nel piattume e nella noia. Sandler ha poche battute degne di nota, il trio di aspiranti famosi va un po' meglio e strappa qualche risata ma il resto è poca cosa. Comicità e malattia mal si sposano; più riuscito in questo senso Cambia la tua vita con un click.
Solo un geniaccio come Apatow si può prendere il lusso di confezionare una commedia sforando abbondantemente lo standard di durata mantenendo l'interesse del tutto inalterato. Ottima la sceneggiatura, che alterna con consapevolezza elementi prettamenti comici ad altri più introspettivi. Il regista fa un lavoro mostruoso sugli attori (basti pensare alla titanica prova di Sandler, mai così in forma). Straordinario il trio Rogen-Hill-Schwartzman. Per gli amanti del genere un must imprescindibile.
MEMORABILE: Sandler che per addormentarsi pretende la presenza di Rogen; I siparietti di Rogen alquanto "scacciafighe".
Un film tutto sommato noioso, interessante all'inizio ma a lungo andare piatto, perché la trama non evolve mai restando fissa sul rapporto fra i due protagonisti (con qualche parentesi romantica per Sandler) e la durata eccessiva non aiuta. Rogen è bravo, Sandler più misurato del solito, ma sono i comprimari a funzionare di più, in particolare Hill e Schwartzman. Poche risate, molte battutacce volgari che vanno a vuoto.
Comico che ha raggiunto successo e soldi con un paio di filmetti partendo dagli spettacolini live nei locali, ma che conduce una vita vacua e insoddisfatta, si ammala di leucemia. Ciò lo porta seppur confusamente a una nuova visione della vita, grazie anche all’incontro con un ragazzo che si arrabatta per seguirne le orme. Le due ore e mezza di durata scivolano via meno preoccupantemente del previsto. Graffiante introduzione al mondo delle stand up comedy, vite malinconiche come le gag sul palco. Buona batteria di attori (Bana su tutti, godevolissimo marito fedrifrago ma geloso).
MEMORABILE: "Davvero stai su MySpace?" "No io scopo, non ho tempo per queste cose"; La descrizione del football australiano fatta da Bana.
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"L'unico regista che sappia rappresentare degnamente questa generazione."
Non posso che concordare caro Harrys! Apatow non scade mai nel banale e soprattutto sa scegliere benissimo gli attori.
Se Rogen e Rudd hanno avuto successo è quasi esclusivamente per merito suo.
Pure Segel, senza il rilancio in Molto Incinta, non avrebbe avuto futuro.
Grazie Didda. Sono un gran sostenitore di Judd Apatow e del "movimento" frat-pack tutto (non a caso hai citato Rudd e Segel, due storici "marpioni" della compagine). Adoro il suo cinema sardonico, mai banale e "di costume", sovente contaminato da abbondanti dosi di cinismo tragicomico.
Completamente d'accordo.I miei preferiti sono Ferrell e C.Really. Resta il fatto che, a differenza delle commedie nostrane, gli americani hanno dei signori caretteristi.Oltre alla passione alleniana c'è altro che ci lega: non a caso sei uno dei miei beniamini.