Il grande merito del film di Joseph Ruben è l'aver introdotto, nel solitamente asfittico (dal punto di vista creativo) panorama horror statunitense, una nuova figura di serial killer ed averlo fatto interpretare da Terry O'Quinn, che per il ruolo sembra davvero nato. Il "family killer" cui O'Quinn presta magistralmente il volto (e l'inquietante sguardo) è ossessionato dall'idea di vivere in una famiglia tradizionalista e quando, nonostante i suoi sforzi in tal senso, moglie e figli gli si rivoltano contro, perde la testa e uccide. Costretto così a cambiare luogo per sfuggire alla polizia, si traveste e riprova, circuendo le vedove con i suoi modi suadenti e urbani. La trovata vincente è quella di...Leggi tutto far apparire O'Quinn quasi una vittima della circostanze: lui vorrebbe solo il bene, sono gli altri ad esasperarlo! In questo caso la figlia acquisita, incapace di accettarlo come padre e in perenne conflitto con lui. Tutto il film si concentra sulla caratterizzazione del protagonista, con le sue fobie e i suoi sfoghi (che avvengono in cantina, dove il bravo agente immobiliare si trasforma in pazzo furioso). Diretto senza particolare estro e confezionato con modestia (anche se le musiche dell'ex-Yes Patrick Moraz non sono affatto male), THE STEPFATHER punta molto anche sull'ironia, giocando con le frasi e le situazioni in modo da divertire facendoci immaginare le reazioni represse di O'Quinn quando in pubblico deve subire gli attacchi al suo ultraconservatorismo. Insomma, un bel personaggio per un film che per il resto si limita a produrre una blanda azione investigativa e dialoghi mediocri. Notevoli invece gli improvvisi scatti di violenza, che esplodono inattesi e spiazzano per la loro frenesia sanguinaria. Finale piuttosto scontato ma coerente. L'horror ha un altro paladino!
Bella l'idea di questo serial killer che uccide quando si accorge di non essere riuscito a crearsi una famiglia "perfetta". Il regista Joseph Ruben si limita a mettere correttamente in scena le gesta del pazzo, interpretato superbamente da Terry O'Quinn, ma il personaggio negativo è di quelli che non si scordano facilmente; merito anche della sceneggiatura curata da Donald Westlake. Con scarso uso di sangue il film è il ritratto di una follia lucida e pericolosissima. Merita una visione.
Cosa significa avere a disposizione un attore del calibro di Terry O'Quinn: ci si può permettere di girare una sceneggiatura raffinata, con dialoghi accattivanti, priva di semplici scene ad effetto (la violenza non è mai esposta) e puntare la camera da presa dritta negli occhi (lucidi di follia) di un patrigno disperato, dissociato alla Norman Bates. L'immedesimazione dell'attore nei panni di Jerry Blake (un malvagio a tutto tondo, molto più spaventoso di Freddy, Michael e Jason) è pressoché totale, tanto da dare luogo ad un seguito.
Una vera e lieta sorpresa questo thriller imperniato sulle gesta di un uomo che dietro la facciata di totale normalità nasconde invece una natura folle, violenta e sanguinaria. Merito di una regia molto sobria (che evita i facili effetti) e di una sceneggiatura solida che pur non brillando per originalità, riesce comunque a creare un clima di crescente tensione che raggiunge il suo climax emotivo nell'ottimo e grandguignolesco finale. Straordinaria l'interpretazione di Terry O'Quinn. Da vedere.
Thriller che lascia il segno in quanto (è questo l'obiettivo, centrato in pieno) assai disturbante ed inquietante. Il film svela benissimo la quotidianità del "mostro", il classico personaggio sereno e tranquillizzante, che nasconde il volto folle dell'assassino, e lo fa senza ricorrere a facili (e truculenti) effetti, ma grazie sopratutto allo straordinario protagonista che asseconda al meglio un'efficace sceneggiatura ed una regia insolitamente sobria per il genere.
Se per un attimo non considerassimo i buoni sequel di Psycho, questo film meriterebbe il titolo di "Psycho degli anni '80". Joseph Ruben ha a disposizione una "faccia assoluta" come quella di O'Quinn (che a volte spaventa anche nelle espressioni rilassate). La storia è semplice e lineare, adatta per creare il crescendo adatto ad un film thriller di questo tipo. Molto bello.
Psicopatico che desidera la famiglia del mulinobianco e che quando questa inizia a presentare qualche piccola imperfezione la distrugge per poi ricostruirne un'altra. Ecccellente interpretazione di Terry O'Quinn i cui occhi sprigionano follia pura, accompagnato da un ottimo cast. Unico neo la figura del fratello di una vittima che sembra essere stato aggiunto in più alla sceneggiatura originale, del tutto inutile.
Buonissimo thriller, impreziosito da un'interpretazione magistrale del grande Terry O'Quinn. La struttura è lineare ma compatta e senza tempi morti, sorretta da un'idea narrativa molto interessante (un uomo ossessionato dalla "famiglia perfetta"). La costruzione della tensione è davvero pregevole perché il regista riesce a far odorare puzza di marcio anche nei momenti di quiete domestica e lavorativa. Le esplosioni di follia e violenza sono ben girate e risultano efficaci, pur senza eccessivi dettagli grandguignoleschi. Da recupare, bel film.
È il tronco da cui si sono sviluppati i rami, talora rigogliosi (Uno sconosciuto alla porta, Inserzione pericolosa), del grande albero dei serial-killer domestici. Proprio per questa sua rapida germinazione, visto oggi per la prima volta sembrerebbe una prevedibile raccolta di luoghi comuni sul tema, ma parecchie scene mantengono inalterato ancor oggi il loro effetto disturbante e Terry o’Quinn è straordinario nella sua maschera di raziocinante psicopatia omicida e inconfessati traumi infantili. Gli amanti del nudo femminile non perdano la doccia della graziosa Jill Schoelen.
Joseph Ruben dirige un thriller esemplare (soprattutto grazie all'ottima sceneggiatura di Donald E. Westlake), puntando tutto sulla notevole interpretazione di Terry O'Quinn, che dà vita ad un personaggio lucidamente inquietante, dal furore represso (eccezionali le sue crisi violente nello scantinato) e patologicamente ossessionato dall'integrità famigliare. Buona la prova della graziosa Jill Schoelen.
Un piccolo thriller americano di fine anni '80 con qualche riferimento al genere slasher. La trama non è del tutto banale, ma alcune parti sì. Ad esempio, se il padre ha trucidato la sua famiglia perché non è ricercato? Questo è il problema maggiore, ma se lo si riesce a trascurare, il film scorre abbastanza bene. L'interpretazione di Terry O'Quinn è la migliore: la parte dello psicopapà gli calza a pennello. E' lui l'unico fattore che riesce a risollevare una sceneggiatura che presenta non pochi problemi.
Uno dei migliori thriller americani degli 80. Considerando che non digerisco troppo i prodotti made in USA preferendogli i gialli di casa nostra devo però riconoscere diversi punti a favore di questo film: un ottimo cast a iniziare dal protagonista e una bella storia senza effettacci gore e splatter tipici dei film americani. Tre palle meritate.
MEMORABILE: Il patrigno, a furia di uccidere famiglie, fa confusione coi nomi...
Notevolissimo thriller del bravo Ruben, che dà inizio a un particolare filone molto sfruttato negli anni a seguire. Oltre alla bella idea di base, a vincere è una sceneggiatura ben studiata e sorretta da buoni dialoghi; la regia è altrettanto corretta e riesce a mantenere alta la tensione senza eccessivi spargimenti di sangue (pur presenti). Straordinaria la prova dell'inquietante O'Quinn e niente male pure il resto del cast e l'ambientazione in un'uggiosa provincia americana. Un piccolo classico a suo modo, decisamente da vedere!
MEMORABILE: L'incipit; Lo "sclero" in cantina; Il finale.
La prima cosa che appare evidente di questo classico del thriller ottantiano sono la confezione e le interpretazioni sopra la media, con fotografia e regia decisamente curate e un cast in cui, oltre al giustamente pluricitato protagonista, trova spazio anche una delle scream queen più spontanee ed espressive di tutto il genere. Ad abbassare il livello un intreccio fin troppo lineare e scontato e una tensione altalenante, che impenna a ridosso delle scene ad affetto ma poi allenta la presa. Discreto, ma il solo Terry O'Quinn vale la visione.
MEMORABILE: La scena del bacio fuori dalla porta di casa.
Immerso in un'atmosfera autunnale che ricorda La casa in Hell Street, con notevoli picchi craveniani (il maglione a righe indossato da O'Quinn, il vetro della porta del bagno sfondato, le villette stile Elm Street) e un inizio da antologia impreziosito dallo score di Patrick Moraz (il "tu tu" del telefono, la famiglia massacrata, il sangue sulle pareti delle scale) e chiude con un finalone violento da cardiopalma tra il bagno, la soffitta e la scalinata con tocchi quasi da "fiaba nera. Ruben in stato di grazia e O'Quinn ammicca a tic ed espressioni "torrenciane". Psychothriller coi controfiocchi.
MEMORABILE: "Ah sì, Jerry Blake, hai ragione cara" e sbamm, cornettata in faccia alla mogliettina; La bambina che saluta Jerry sull'uscio di casa; Lo psicologo ucciso a "bastonate".
Il protagonista è un uomo che crede profondamente nella famiglia, tanto da voler ogni tanto rifarsene una nuova di zecca, previo massacro della precedente... Uno dei migliori thriller del decennio, riesce con pochi semplici mezzi a sviluppare una tensione notevole fino al termine. Il buon risultato è merito soprattutto di Terry O'Quinn, qui alla migliore interpretazione, convincente come folle omicida e molto bravo nel rendere inquietante il suo "mostro della porta accanto" anche nei momenti di apparente normalità.
MEMORABILE: All'ex cognato: "La prossima volta telefona prima di venire" (saggio consiglio); le ultime parole: "Io vi amo..."
Una storia semplice ma efficace (la sceneggiatura è di un giallista di fama come Westlake), una regia priva di sbavature che riesce a mantenere l'interesse anche senza ricorrere alla violenza gratuita. Ma se questo thriller ha acquisito negli anni la nomea di piccolo cult, il merito è interamente ascrivibile all'ottima prova di Terry O'Quinn, che con la sua ossessione per la famiglia perfetta incarna una figura di serial killer domestico impossibile da dimenticare. Discrete le prove del cast di contorno, così come le musiche di Patrick Moraz.
MEMORABILE: L'incipit; La fine dello psicologo; Il finale.
Filmino eguale a migliaia d'altri la cui fama riposa su due meriti: è stato uno dei primi a mostrare il volto nascosto della media borghesia americana (quella col praticello davanti casa: da qui si originò il profluvio di horror a base domestica, quasi sempre di mediocre taglio televisivo); vanta una bella interpretazione di O'Quinn. Al di là di tali pregi è difficile rinvenire qualcosa di notevole in una noiosa sequela di vicende a bassa tensione e mai veramente generatrici di carica perturbante.
Ossessionato dall’idea di famiglia, sterminerà chi lo delude. Thriller basato sui comportamenti psicotici: parte molto bene con un inizio senza dialoghi lasciando ben intendere la piega criminosa. Buona la costruzione del personaggio di O'Quinn e adatto al ruolo, col suo sguardo allucinato. Le efferatezze sono centellinate ed evitano bagni di sangue; la parte finale vira comunque sulla classica risoluzione e perde un filo in originalità (anche la doccia non dimostra una gran fantasia).
MEMORABILE: L’uccisione dello psicologo; Lo spavento della figlia nella casa in vendita; Il discorso ai vicini di casa.
Nel periodo in cui sono stati prodotti i peggiori thriller della storia cinematografica (salvo rare eccezioni), non si può che apprezzare questo film, in cui chi spicca è Blake, padre e marito devoto (finché dura). Camaleontico, trasformista e graziato da una mimica facciale notevole, O’Quinn passa con grande naturalezza dai prati in fiore ove sfoggia occhi a cuoricino ai sotterranei impregnati di segreti, ove impreca ossessivamente escogitando piani diabolici. Ispirato alla storia vera dell’assassino John List, diretto in modo snello, merita la visione.
Se non si va tanto per il sottile e non si cerca verosimiglianza e coerenza nelle cause e nella sequenza dei fatti, questo thriller "domestico" si lascia vedere per la snellezza della sceneggiatura e per la "sobrietà" delle parti più violente. Gran parte dell'attrattiva sta nel personaggio di Blake, nella duttile espressività di O'Quinn, tra la facciata buonista e le turbe omicide, mentre il resto del cast è piuttosto scialbo. Certo, pur facendo da apripista per la filmografia successiva del genere, una regia più decisa gli avrebbe giovato.
MEMORABILE: L'improvvisato assassinio dello psicologo; L'inutile divagazione giornalistico-poliziesca.
Fanatico della famiglia modello, lo psicopatico protagonista cambia identità come patrigno finché non resta deluso, stermina la famiglia di turno e passa oltre. Uno dei thriller più memorabili degli '80 non solo per la regia ma per la grande performance di O'Quinn; troviamo venature tipiche dell'horror '70-'80 nonché evidenti citazioni al genere, come il maglione di Freddy, l'autunnale cittadina con la casa del massacro in abbandono che ricorda Haddonfield e la scena dell'assalto alla porta chiaramente kubrickiana (anche se coltello e doccia richiamano altro). Non teme il tempo.
MEMORABILE: L'interpretazione di O'Quinn; La confusione tra nomi dei figli e delle identità; Gli attacchi psicotici nello scantinato.
Film che deve gran parte dei propri meriti all'ottima prova attoriale di O'Quinn, il cui insieme di volto e mimica (assolutamente inquietanti anche e soprattutto nei momenti più suadenti) sembra fatto apposta per trasporre un simile personaggio: quasi ovvio che stravinca il confronto col rimanente cast (comunque adatto). La trama ha uno sviluppo decisamente classico, forse troppo, mentre la regia in certi momenti sembra quasi voler citare Craven. Menzioni per il perfetto prologo (un sinistro crescendo in cui davvero tutto funziona) e per la buona colonna sonora. Piacevole.
MEMORABILE: Mentre O'Quinn scende le scale la telecamera si allarga man mano su un panorama terrificante...
Basterebbero già solo i primi cinque minuti di film ad eleggere il protagonista principale come uno dei killer più spietati e sociopatici della storia del cinema. "The stepfather" comincia subito con un pugno nello stomaco e getta le premesse per una storia avvincente e carica di tensione che fa del cambio di ritmo una delle sue carte vincenti. La famiglia tanto decantata si trasforma da nido rassicurante in covo di serpi in cui si annida un nemico letale. Gli uomini non ci fanno una bella figura mentre le donne, vero cardine delle famiglia, lottano strenuamente per la loro vita.
Nelle mani di Hitchcock (ovviamente citato) sarebbe stato un capolavoro, fors'anche in quelle di Craven o Argento; con Ruben il risultato è un buon B-movie, sicuramente superiore alla media dell'invasione slasher (spesso prodotti per l'home video) dell'epoca, sicuramente merito dell'ottima interpretazione di O'Quinn, del ritmo serrato e del tasso di emoglobina non indifferente. Qualche dialogo e situazione tradiscono l'impianto "serie B" dell'operazione, ma alla fine poco importa poiché il film è tuttora ricordato dagli appassionati come un piccolo cult.
Si colloca nell’ambito degli assassini seriali, di quelli capaci di nascondersi agli occhi degli altri per merito di una psicopatia deflagrante ma arguta. La figura del pazzo ingannatore, abile nell’indossare una maschera di apparente normalità, arricchisce di linfa vitale pellicole in cui l’aspetto psicologico rappresenta un valore aggiunto alle immancabili sequenze di omicidi feroci. L’ambientazione nella tipica periferia tranquilla fornisce la cornice ideale per l’inattesa esplosione di follia. Ben diretto e interpretato, efficace nella sua linearità e di forte impatto.
Film tenuto in piedi dal grandissimo O'Quinn, maschera indimenticabile dello psicopatico in famiglia: il cattivo dello slasher non è più un freak o un supereroe del male, ma un "semplice" uomo tradizionalista a cui piace comandare in famiglia. Per il resto si tratta di un'opera dallo sviluppo accurato ma senza guizzi e con una regia convenzionale, che pure sa il fatto suo quando si tratta di far crescere la tensione (l'omicidio dello psicologo!). Comprimari non eccelsi ma adeguati. Buon film, che riesce a divertire con poco.
Ammazza la famigliola e se ne va fischiettando "Camptown Races". Cambia identità e look e si rifà una famiglia. Del resto, che c'è di più bello di trascorrere in famiglia il Giorno del Ringraziamento? E se non è tutto perfetto, lui sistema tutto. È il serial killer della porta accanto che ti inganna con belle parole e buoni sentimenti, che si camuffa e vive tra noi. E per questo fa più paura di maschere da hockey e guanti artigliati. Bel thriller che svicola nello slasher. Spigliata la teenager Jill Schoelen che si concede persino una doccia à la Edwige.
Studentessa problematica diffida del patrigno e purtroppo ha ragione... Mediocre pellicola che non si cura né di spiegare da quali traumi pregressi è scaturita la violenza del protagonista, né cosa lo ha spinto più volte al massacro; senza contare che la vicenda viene risolta in quattro e quattr'otto (non dalla polizia, ma dall'ex cognato che all'ultimo momento si scopre detective raccogliendo prove peraltro alla portata di tutti, ma poi...) mentre la ragazzina superstite (la quale, non si sa in base a cosa, sgama subito il marcio) si improvvisa esperta in fughe e trappole.
MEMORABILE: Lo psichiatra disattento; Le varie trasformazioni di O'Quinn.
Prende ad accettate il mito (del mito) della famiglia e dimostra come, se sostenuti da regia e situazioni corrette, si può tranquillamente sopravvivere senza che il Micheal o il Jason di turno imbratti di sangue ogni fotogramma. Dentro la solidità di base, a prendersi la scena però è quel magistrale Terry O’Quinn che spaventa a ogni posa: quando cambia i connotati dopo l’agghiacciante incipit, quando scende in cantina o batte i pugni contro la porta come un ossesso, persino quando sereno e ottimista prende il traghetto. Meglio la Schoelen di una Hack insipida. Gran bel thriller.
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DiscussioneZender • 29/10/15 16:12 Capo scrivano - 48839 interventi
Come già detto ad altri càpita, l'importante è non farlo sapendo di farlo.
Al minuto 17 circa il patrigno, prima di andare a dormire, guarda in tv "Mister Ed", uscito anche in Italia con il titolo Mister Ed, il mulo parlante, una serie tv americana a episodi trasmessa tra il 1961 ed il 1966. Fonte: wikipedia (solo per le informazioni sulla Serie, è facile riconoscerla in quanto il cavallo chiama il padrone con il nome Wilbur e gli chiede di sfogliargli un giornale).
HomevideoZender • 8/11/23 14:08 Capo scrivano - 48839 interventi
Purtroppo il bluray spagnolo (intitolato "El padrasto") di cui sopra contiene sì l'audio italiano ma è completamente fuori sincrono, quindi per noi resta inutilizzabile...
"Ammazza la famigliola e se ne va fischiettando "Doo Dah" dei Cartoons."
il brano dei cartoons è del 1998, uscito 11 anni dopo il film ed è una "cover" di Camptown Races, che è il vero nome del motivetto fischiettato dal patrigno (lo farà anche nel seguito).
"Ammazza la famigliola e se ne va fischiettando "Doo Dah" dei Cartoons."
il brano dei cartoons è del 1998, uscito 11 anni dopo il film ed è una "cover" di Camptown Races, che è il vero nome del motivetto fischiettato dal patrigno (lo farà anche nel seguito).
Grazie per la segnalazione. Certo, a Jerry Blake piacciono le vecchie dolci canzoni ed i bei programmi spensierati di una volta da gustarsi con tutta la famiglia riunita (ricorderai che impazzisce per una vecchia puntata di, credo, Francis il mulo parlante). Grazie ancora.
"Ammazza la famigliola e se ne va fischiettando "Doo Dah" dei Cartoons."
il brano dei cartoons è del 1998, uscito 11 anni dopo il film ed è una "cover" di Camptown Races, che è il vero nome del motivetto fischiettato dal patrigno (lo farà anche nel seguito).
Grazie per la segnalazione. Certo, a Jerry Blake piacciono le vecchie dolci canzoni ed i bei programmi spensierati di una volta da gustarsi con tutta la famiglia riunita (ricorderai che impazzisce per una vecchia puntata di, credo, Francis il mulo parlante). Grazie ancora.