Note: Soggetto tratto dal romanzo "The Chair for Martin Rome" dello scrittore statunitense Henry Edward Helseth pubblicato nel 1947. Allo stesso romanzo è ispirato anche il soggetto de "L'urlo della città", diretto da Robert Siodmak nel 1948.
Al solito il buon Josè Giovanni ci regala un discreto noir con venature gialle: ottimo cast con piccole parti anche per gli italiani Piccolo, Giannini e De Carellis. Forse è un po' troppo romanzata la figura del bandito, marchio tipico dei film di questo regista (vedi Lo zingaro). Comunque buono, visione consigliata.
Noir pessimista con un alone romantico, centrato su una figura di malvivente più sfortunato che cattivo e guidato da una sua etica ferrea, in un’inconsueta ambientazione belga e con alcune presenze italiane di pregio come Pitagora e Giannini (più validi del cast francese, ma sottoutilizzati in personaggi e snodi narrativi sviluppati in modo piuttosto deludente). Le doti di scrittore del regista-sceneggiatore Giovanni si vedono soprattutto nei dialoghi e in alcuni confronti tra i personaggi salienti della vicenda.
MEMORABILE: L’apertura della cassaforte dell’avvocato; I confronti tra Marty e Mendel; Il finale; La canzone dei titoli di testa e di coda.
Nel suo complesso non sfigura, anzi, ha un briciolo d'azione in più rispetto a molti film compatrioti dell'epoca e fa risaltare bene questa ferrea volontà del protagonista di voler salvare a tutti i costi da qualsiasi coinvolgimento con la legge l'unica donna che per lui abbia contato qualcosa (lui è un criminale col destino segnato). Impressiona molto anche il branco di squali che fino all'ultimo tenterà di impedirglielo, fra l'altro con metodi anche molto sottili e viscidi... Una visione la merita.
MEMORABILE: "Avere qualcuno da proteggere è nella nostra natura"; Il dispiacere finale del commissario.
Il noir secondo Josè Giovanni, dove il protagonista è un fuorilegge dal destino segnato ma a cui viene riconosciuta un'etica superiore: non gli interessa fuggire, ma solo scagionare la donna che ama. Bella anche la figura del commissario (Garrel), profondamente umano e comprensivo. La retorica è sempre in agguato, ma resta un film interessante, grazie a una discreta sceneggiatura e a un ritmo più sostenuto della media (con un leggero calo nel finale). Insolita l'ambientazione belga, immancabile l'affondo conclusivo contro la pena di morte.
Con Josè Giovanni si assapora il noir, quello degli antieroi votati alla sconfitta ma che stoicamente non deflettono dai propri valori etici e dalla propria missione. La sceneggiatura svolge il suo compito lavorando sul protagonista Bouillon, che si delinea nel progressivo confronto con le altre figure - poliziotti duri ma piuttosto inetti, fanciulle innamorate, donne vanesie e pacchiane, viscidi avvocati, custodi cardiopatici - e sostenendosi con una buona dose d'azione. Molto invitante l'eterogeneo cast, con molti nomi italiani e il westerner spagnolo Lorenzo Robledo.
MEMORABILE: Boullon affronta stoicamente la sorte, cantando e consolando il compagno di cella.
Noir di buon livello di Giovanni che fugge le atmosfere algide e crepuscolari del polar affidando al bravo Bouillon un antieroe portatore di messaggi universali di sapore sessantottino. Il film procede spedito e interessante, senza cali di ritmo e la sceneggiatura offre momenti godibili mentre le banalità tipiche del genere sono ridotte al minimo. L'amore sublimato per una donna diventa universale nel finale dal sapore evangelico, con il protagonista quasi nei panni di un Gesù laico e la polizia pilatesca che fa una magra figura. Originale!
MEMORABILE: La fuga dalla fabbrica di vernici; Il finale.
Arrestato per rapina e omicidio, un uomo evade per impedire che la sua donna venga implicata senza alcuna colpa in un delitto commesso da un altro... Cantore della mala, Giovanni pone al centro della storia un malvivente più per fato che per indole, dotato di senso dell'onore e di aura romantica, attorno al quale si dipana una trama interessante ma mal gestita, sia per incertezze della sceneggiatura che per una messa in scena non esente da goffaggini e ingenuità. Il cast non aiuta: modesto Bouillon, pessima Nicoletta, poco significativi Pitagora e Giannini, solo un'apparizione Piccolo.
Poliziesco/noir nichilista con una sceneggiatura non molto riuscita. Giovanni, più valido come scrittore che non come regista, azzecca comunque il tono della pellicola, con questo ragazzo votato all'autodistruzione fin dall'inizio che attraversa il film quasi come un fantasma. Notevole anche il rapporto tra lui e Rose, la donna che dovrebbe aiutarlo ad espatriare, mentre altri personaggi sono appena sbozzati e lasciano il tempo che trovano, specialmente gli italiani del cast (la Pitagora, la Piccolo e Giannini).
MEMORABILE: Rose: "Siamo troppo soli per rimanere soli".
Certe belle suggestioni anni '70 e un ritmo discreto non bastano a salvare una pellicola strutturalmente deficitaria. Sceneggiatura pessima, piena di buchi, piena di tagli "no sense" e senza che tutti i personaggi rappresentati siano neanche vagamente caratterizzati in maniera coerente o tratteggiati psicologicamente in maniera accettabile. Non mancano i momenti in cui il disordine non permette nemmeno di seguire il filo della vicenda. Anche la regia latita. Il contorno, con un cast discreto, funziona anche, ma è il nucleo del film che fa acqua da tutte le parti. Sconsigliato.
José Giovanni HA DIRETTO ANCHE...
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Una precisazione/curiosità: l'inseguimento automobilistico di questa pellicola è stato totalmente copiato, tagliando qua e la, dal film "Bersaglio mobile" del 1967.
CuriositàDaniela • 1/02/20 16:23 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Soggetto tratto dal romanzo "The Chair for Martin Rome" dello scrittore statunitense Henry Edward Helseth pubblicato nel 1947.
Allo stesso romanzo è ispirato anche il soggetto de L'urlo della città, diretto da Robert Siodmak nel 1948 con Richard Conte nel ruolo del bandito e Victor Mature in quello del poliziotto che gli dà la caccia.
La comune fonte letteraria ha però portato a pellicole molto diverse. Le differenze principali riguardano il rapporto tra il protagonista e il poliziotto - nel film di Siodmak provengono dallo stesso quartiere e sono stati amici d'infanzia mentre in quello di Giovanni fanno conoscenza dopo l'arresto per rapina ed omicidio - e tutta la parte conclusiva.