Sodomia - Film (1978)

Triana è una cameriera con turbe sessuali, così viene definita dalla vecchia padrona che la passa al servizio della nuova, una pittrice bisessuale perversa nel corpo e nella mente. Triana è perseguitata da un sogno ricorrente: un uomo nudo a cavallo che viene a prenderla per violentarla. Buon giallo erotico con scene lesbo assai spinte e un colpo di scena finale, dove i personaggi si rivelano essere tutt'altro rispetto a come descritti. Colonna sonora curatissima a tratti gitana e una visionarietà non comune.

Peccato per quel banale finalaccio da giallo lenziano, perché la restante ora e 20 (o ora e 10, se si opta per la dozzinale edizione italiana insertata) è notevole cinema d'atmosfera, onirico e sensuale, suggestivo e perturbante, con qualche concessione al folklore e al nudo gratuito ma senza alcuna caduta di stile né di gusto. Tre protagonisti non perfetti ma perfettamente in parte, alienanti ambientazioni bucoliche, azzeccate musiche tra il barocco e l'ethno-folk, belli anche i rari scorci urbani. Assolutamente da riscoprire.

Un buon film rovinato da un pessimo finale. Larraz riporta le atmosfere delle sue opere migliori, nella prima parte del film, creando una bella atmosfera claustrofobica, con un soffocante aria erotica che pervade il tutto. Gli inquietanti incubi notturni (con l'uomo nudo sul cavallo nero) funzionano, la recitazione dei tre protagonisti è più che sufficiente. Purtroppo negli ultimi 10 minuti il film crolla in un baratro senza fine, portando a una soluzione finale irritante che rovina quanti di buono fatto fin lì. Peccato.

Thriller softcore per Larraz, che si conferma ottimo narratore del desiderio, soprattutto femminile; anche qui compulsivo, animale - anche in senso letterale - e compagno della violenza. La campagna madrilena proietta ovunque un fascino soffuso, ed è il perfetto scenario per un triangolo perverso dai tratti onirici; peccato che dopo una prima parte intrigante la pellicola tenda a perdersi in un connubio di erotismo fine a sé stesso e confusi rimandi profetici che intaccano ritmo e logicità narrativa. Da vedere per completezza.

A dispetto del respingente titolo italiano, si tratta di un erotico d'autore in cui Larraz recupera alcune suggestioni del film d'esordio, dimostrandosi abile non soltanto nell'orchestrare le scene più roventi, ma anche nel tratteggio psicologico dei personaggi e nella cura delle ambientazioni. Il finale drammatico può apparire slegato dal resto, ma ribalta alcune certezze che lo spettatore credeva di aver acquisito. Machado ha giusto le physique du rôle, ma la Granada è perfetta nei panni della pittrice bisessuale, e la Zuazo una provocante bambola gitana.