School of the holy beast - Film (1974)

La bella Maya si fa suora per scoprire la verità sulla morte della madre, avvenuta diciotto anni prima nello stesso convento... Folle nunsploitation del Sol Levante, con tutto il repertorio del filone, ma con in più il tocco di tipico oltranzismo nipponico, grazie al quale il film raggiunge inusitati abissi di blasfemia trash (i tonaca italiani? Roba da focolarini) però all'interno di scene di allucinante bellezza formale. Del resto il mix di formalismo e estremismo era una specialità di Suzuki, maestro del pinku eiga. Forte.

Audace pinky-violence monastico, di gusto estetico ammaliante e cromaticamente ipnotico, visibilmente influenzato dai modelli europei (il giallo lenziano, il sexy-conventuale franchiano, i tagli d'inquadratura pop alla Bava/Martino). Suzuki reimposta le brutalità della nunsploitation occidentale in senso elegantemente sadomasochistico, mediante la perversa lente deformante nipponica, con tutto il corredo di sevizie, fustigazioni punitive e torbidi amplessi saffici. Privo di qualsiasi rigore realistico, un fascinoso fumettone erotico delirante, eccessivo ed ultra-kitsch.

Dispiace vedere tale gusto per le immagini sprecato per un nunsploitation dalla trama tanto scombiccherata, che affastella senza criterio erotismo, momenti di un non-sense trash non si sa quanto volontario (l'intrusione notturna) e torture a sfondo blasfemo. La vendetta finale possiede pure un piacevole gusto scespiriano, ma ciò che segue non ha molto senso. Peccato, perché Suzuki - con un occhio di riguardo per il bis italico - gestisce scene e cromatismi con classe sopraffina e i titoli di testa lasciavano sperare in grandi cose.

Tutto quello che avreste voluto avere dal nunsploitation ma non ha mai osato darvi. Ci ha pensato l’oriente a carpirne l’intima essenza del filone, appropriarsene, riformularla alla luce divina come del pikadon che ha vaporizzato Nagasaki, e affossare tutto un filone, battendolo in qualità (la signorilità dell’ordito visivo lascia ammutoliti, come anche la crasi tra estremismo e delicatezza) e quantità (le scelleratezze ivi compresse avrebbero potuto assicurare al genere 15 altri film), con colpi d’occhio che garantiscono una cine-liturgia ad altissimo potenziale tanto sacrilego quanto mistico.