Analisi dura, impietosa e per nulla consolatoria di una gioventù giapponese che viene dipinta come sbandata, priva di veri punti di riferimento e violenta. È una delle prime opere del regista ma lo stile è già sicuro ed efficace così come la scrittura e la progressione drammaturgica che sfociano in un finale forse prevedibile ma funzionale alla trama. I temi sono quelli del cinema di Oshima e le riflessioni sulla gioventù non sono per nulla banali ed anticipano, a mio parere, quelle contenute nel più celebre film di Ray.
Notevolissimo film su una generazione no-future attraverso il racconto di una complicata passione d’amore sullo sfondo delle mutazioni sociali di un Giappone in cui convivono le poche speranze dei giovani e i molti rimpianti degli altri. I torbidi bassifondi della microcriminalità si miscelano con la sensualità delle immagini e dei corpi, che Oshima descrive con intensa visceralità e vividezza visiva, regalando scene da antologia (lui che mangia la mela sulla ragazza che ha abortito mentre dietro la porta i “vecchi” rimpiangono i loro sogni).
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