Biografia della cantante francese Edith Piaf. Il film che è stato realizzato non seguendo un ordine cronologico ma alternando momenti della vita dell'artista senza un preciso ordine temporale (ed evitando così un effetto meramente didascalico) si avvale dell'ottima interpretazione di Marion Cotillard che realizza un ritratto personale ed artistico di una cantante tormentata, che solo sul palcoscenico trovo la sua totale realizzazione. Bella la ricostruzione della Parigi di inizio secolo. Pregevole la colonna sonora.
Tipico biopic che rispetta tutte le regole del genere. Durata eccessiva, molte scene madre e non pochi colpi a effetto, spesso un po’ scorretti, per suscitare, in maniera facile, emozioni nello spettatore. Per fortuna il montaggio pieno di andirivieni temporali e il tono non eccessivamente panegiristico rendono questo film superiore rispetto alla media di genere. Alcune scene poi colpiscono nel segno. Imperdonabile il fatto di narrare la morte del figlio solo alla fine come pure quello di dare vita ad un finale scontato e retorico.
MEMORABILE: La prima esibizione di Edith, l’incontro con Marlene, il finale in cui canta la più bella canzone di sempre: "Non je ne reggrette rien". Da pelle d'oca.
Disturbante il personaggio di Edith Piaf che non concede nulla allo spettatore. Ottimo il montaggio che obbliga a seguire attentamente la pellicola. Magnifiche le musiche con il finale da brivido e straziante come il canto di un "Piaf". A mio avviso imperdibile.
Vita di Edith Piaf, interpretata da una strepitosa Marion Cotillard. Ma il film, nonostante cotanta biografia e cotanta bravura, non funziona. Colpa di una sceneggiatura attardata nel gossip a scapito di altro; e colpa della regia senza pathos, attenta solo a ricostruire fedelmente e a adottare trend “moderni” (macchina a spalla con effetto traballante senza alcuna ragione artistica; o arbitrario andamento non cronologico della storia). Un film utile solo per solleticare la curiosità pettegola, tipo “ah poverina, quante ne ha patite!”.
Premunito di una sconfinata ammirazione per la Piaf, mi accingo a vederne il film che ne ricalca le gesta, la vita, i tormenti, l'estasi. Una donna che ha incantato il mondo con la sua arte. Le emozioni se costruite a parte, consentono di godere dello spettacolo di una vita romanzata, perché la "sua" vita è stata un romanzo. L' attrice che interpreta la Piaf, è bravissima, molto calata nel ruolo, la colonna sonora è suggestiva. La mia schiena ogni tanto è percorsa da leggeri brividi, bel film.
La tragica vita della straordinaria Piaf, la sua infanzia turbolenta e misera e poi la grande ascesa ed il successo planetario contraddistinto dalla morte del suo amante, il celeberrimo pugile Cerdan e il peggiorare della malattia che la porterà ad una morte prematura. Tutte queste immagini solo ben raccontate con una valida ricostruzione dell'epoca. Straordinaria la Cotillard. Musiche incantevoli con un finale poetico e struggente.
Grande la Cotillard, grande la storia, grande il film. Senza dubbio un buon biografico che non annoia né si sofferma troppo su singole situazioni o aspetti. Una visione quasi a 360° su una vita tormentata e sul lungo e doloroso viale della distruzione, dominata però da una grandissima ed inesauribile voce. Fino all'ultima esibizione sulle note di "Je ne regrette rien" toccante al punto di risultare straziante. Il piccolo "passerotto", "usignolo di Francia" che trovava conforto solo nella musica e su di un palcoscenico.
Biopic molto efficace nella forma quanto ridondante ed eccessivo nella sostanza. All'atto della visione è innegabile un certo coinvolgimento, accompagnato però da un avvilente, mortifero afrore, la cui patologica ombra venefica è ciò che alla lunga più resta addosso del film. Emozionale e a tratti ricattatorio come un romanzo di Victor Hugo, anche se tra le righe fa trasparire la personalità non esente da meschinità della Piaf, un lato peraltro della sua complessa fragilità. Di nervosa bravura la Cotillard, ineccepibili trucco e costumi, opaca fotografia.
Dahan cerca di scansare le trappole classiche del biopic musicale rimescolando le carte temporali, inserendo squarci surreali ed ellissi simboliche. Operazione riuscita solo in parte, dato che non mancano eccessi melodrammatici, passaggi bozzettistici dal sapore maupassiano (la gita delle prostitute) troppo insistiti, personaggi di contorno di scarsa consistenza. Se il film comunque conquista ugualmente, non è tanto merito di Cotillard, pur brava, quando della colonna sonora, piena di meravigliose canzoni che renderebbero consigliabile la visione anche ad occhi bendati.
MEMORABILE: L'allucinazione del ritorno dell'amante, con la cantante che vaga come impazzita fra le stanze dell'appartamento, per ritrovarsi poi sul palcoscenico
Certamente il personaggio Edith Piaf meritava un film; non solo perché grande voce ma per la sua vita straordinaria che tutto è stato meno che "in rosa", come fa pensare il pur suggestivo titolo italiano, ricavato da una canzone di grande successo. La Cotillard sembra essere molto adatta a interpretare la grande cantante e il montaggio avanti-indietro nel tempo, con le immagini buie dell'infanzia e quelle più luminose dei momenti belli, forse non è così originale ma è ben utilizzato. Qualche assonanza con l'infanzia di Billie Holiday.
Marion Cotillard è un'attrice che stimo molto e questo film non fa che confermare il mio giudizio. Storia della vita della celeberrima cantante francese Edith Piaf, dall'infanzia alla morte. Tra i difetti del film ci sono il finale e i troppi sbalzi temporali che fanno perdere un po' il filo narrativo.
Film enfatico, sovrabbondante, pieno di scene madri, sensazionalismi da feuilleton, che vorrebbe celebrare il mito di Edith Piaf, ma finisce solo con l'accumulare colpi bassi ai danni dello spettatore (la perdita della figlia rivelata alla fine del calvario), inverosimiglianze e imprecisioni (almeno due matrimoni omessi). Ogni sciagura, introdotta come definitiva, si rivela solo una premessa. La saturazione incombe, la confezione di lusso ottunde, lo sfalsamento dei piani temporali intellettualizza la reviviscenza del dolore. La mimesi di Marion Cotillard rimane l'unica ragione d'interesse.
Giovinezza a parte il film non è un biopic lineare ma va avanti e indietro nel tempo; al centro di tutto c'è lei, "il passerotto", ben accompagnato dalla Cotillard fino al tremendo declino fisico che fa di una donna nemmeno cinquantenne una vecchietta tremante; pretestuoso l'inserimento della prostituta "mamma" (personaggio inventato) e funzionali tutti gli altri in un realistico affresco della Parigi di inizio secolo. Perdiamoci nella vita de "La mome" (primo nome artistico) ma soprattuto nella sua voce.
MEMORABILE: La nascita del "passerotto" con il suo vestito nero e i suoi gesti.
Il film di Olivier Dahan è un biopic elaborato ma dal taglio narrativo estenuante e soporifero, che si poggia principalmente sull’ottima ricostruzione d'epoca e sull'interpretazione funambola di Marion Cotillard. Soap più melodrammatico che storico, preoccupato a compiacere i membri dell’Academy (Oscar all’attrice protagonista e al trucco) e con 30 minuti di troppo. Pesante.
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CuriositàZender • 24/02/08 12:58 Capo scrivano - 48472 interventi
Candidature agli Oscar 2008: Miglior attrice protagonista (Marion Cotillard)
Migliori costumi Miglior trucco