Molto più spostato sul versante action rispetto al suo predecessore, I FIUMI DI PORPORA 2 resta comunque un discreto thriller che come trademark della serie (oltre alla presenza del commissario interpretato da Jean Reno) propone l'avvicinamento a tematiche religiose con l’introduzione di fantomatiche sette incappucciate. Di nuovo però il principale tallone d'Achille è rappresentato da una sceneggiatura confusa, che si apre su più fronti faticando a descrivere l'intreccio con la necessaria chiarezza. Troppa carne al fuoco, come si suol dire, mentre la virtuosistica regia contribuisce a creare ulteriore caos montando sequenze mozzafiato...Leggi tutto destinate a distogliere inevitabilmente parte dell'attenzione che andrebbe riservata alla comprensione della trama e alla memorizzazione dei tanti personaggi. Ciononostante il film riserva - complice una fotografia molto dettagliata e di grande effetto - momenti di spettacolo visivo notevole, con carrellate suggestive e stacchi vertiginosi. La presenza dell'intramontabile Christopher Lee (pare quasi faccia più film oggi che ai suoi tempi) impreziosisce un cast ben selezionato e diretto con mestiere. Mancano quell'alone di mistero e quelle cupe atmosfere argentiane che avevano caratterizzato il primo capitolo e tutto sembra volgere in direzione di un thriller molto più terra-terra di quanto vorrebbe apparire. Però, se non altro, questa volta il finale ha una maggiore coerenza e nell'insieme è tutto il film a godere di una compattezza premiante. Non molto sangue, ma nemmeno poco. Alcune scene (la casa sull'acqua dei pescatori, l'inseguimento di corsa...) sono girate con senso estetico non comune.
Persa la buona efficacia dello script del primo capitolo, la storia si dipana in maniera confusa e la presenza in chiusa del grande Christopher Lee mortifica lo spettatore, memore di ben altre interpretazioni date dal celebre attore. Sparatorie a non finire per un soporifero sequel fine a se stesso. Il cambio di regia nuoce (molto) al film, che assume la connotazione di un dozzinale TV movie privo di significato, caotico, noioso. Il risultato finale dista anni luce da quello raggiunto dal predecessore.
Dimenticabile sequel di un film molto brillante, "I fiumi di porpora 2" è diretto da un regista meno dotatodi M Kassovitz, autore del primo capitolo. In questo sequel si tenta di mantenere la suggestione visiva del primo film, ma il risultato finale è un pasticcio che mostra una commistione non armonica di diversi generi e dove l'intreccio narrativo appare confuso. Anche Reno è molto meno convincente. Inutile.
Il film parte come sequel del discreto thriller di Kassovitz ma cambia subito direzione. Meno trama, meno coinvolgimenti letterari e molta più azione, forse anche troppa. La trama poliziesca sembra voler volgere quasi alla commedia e gli eccessi acrobatici non giovano alla credibilità di quanto accade. Gran baraccone che concede un'ora e mezza di spensieratezza ma nulla di più.
Tristissima baracconata ai limiti dell’inverosimile, girata con uno stile inutilmente leccato e frenetico che nasconde tutta la pochezza, almeno in questo caso, del regista. Se va male dal punto di vista tecnico e stilistico, anche peggiore è la situazione dal punto di visto narrativo: la sceneggiatura, infatti, è una boiata pazzesca (per non dire peggio) ed inanella una serie di fesserie che nemmeno negli episodi di Twilight Zone. Delirante oltre ogni modo e misura tanto che non ci si crede se non lo si vede. Da evitare con cura.
MEMORABILE: Le anfetamine dai poteri magici. Ma che sono gli spinaci di Braccio di ferro? Ridicolo ah ah ah... ancora rido.
Su di un altro livello rispetto al primo. Meno qualità ma più azione in una storia a metà tra Il Nome della Rosa e Il Codice da Vinci. Oltre al sempre bravo Reno (ancora Niemans), c'è anche Christopher Lee nella parte del vecchio nazista a capo della setta dei superfrati acrobati. Finale adrenalitico e spettacolare ma, a dire il vero, anche altamente improbabile.
Non dispiace questo action, sequel del più conclamato primo capitolo. La regia, e in particolare un'ottima fotografia, rendono il tutto piacevolmente guardabile e le scene d'azione sono estremamente curate e ben realizzate. Effettivamente si fa fatica fino a metà film a seguire l'intreccio narrativo, ma nel finale tutti i nodi tornano al pettine, compreso il fatto che la trama diventa esageratamente inverosimile.
Besson non dirige, ma si limita a prendere uno dei due protagonisti del primo episodio e sceneggiare (parola grossa in questo caso) una semi pagliacciata. Un po' di misticismo religioso, segreti tesori medioevali, monaci-killer acrobatici ed un pizzico di tedeschi cattivi (non potevano mancare). Molto meno thriller e più azione, con inseguimenti, sparatorie ed un po' di fantatecnologia che tentano di mascherare la pochezza della trama. Per tacere della spiegazione dei superpoteri degli incappucciati volanti e dei trabocchetti alla Indiana Jones.
MEMORABILE: -Sono Marie. -Ah, che tempismo! Le presento Gesù.
Incredibile boiatona al cubo, mal diretta da un regista videoclipparo e anfetaminizzato e sorretto da una fotografia da spot pubblicitario (i bianchi sparati dietro porte e finestre sono inguardabili). Fratacchioni ninja che manco Matrix, script desolante e idiota (probabilmente preso da una puntata di Voyager), azione snervante da videogame e finalone loffio alla Relic hunter tanto per gradire. Regna incontrastata la noia e lo sbadiglio, in un'accozzaglia di stupidaggini ed estetismi visivi da quattro soldi. Definirlo inutile è un eufemismo.
MEMORABILE: La lotta di Magimel nell'appartamento con lo spacciatore e la ragazza strafatta che vuole fare sesso, con contorno di manichini alla Kalifornia.
Misteriosi omicidi richiamano in azione il Commissario Niemans, anche qui appaiato a un giovane di belle speranze e a un'esperta di religione. Nei sotterranei della Linea Maginot si nasconde un segreto custodito per più di mille anni da monaci eretici. Se non fosse per la bella fotografia (anche al netto di alcuni abusi, come il ripetuto effetto della luce che irrompe dalle finestre, bruciando le inquadrature), sarebbe tutto da buttare questo Nome della rosa action con monaci-ninja campioni di parkhour, con trama colabrodo e spiegone finale puerile.
Non fosse per una sceneggiatura a tratti stiracchiata, il tema, o meglio l'idea potrebbe persino piacere. Certo i ninja-monaci suonano farlocchi oltre modo, certo Reno è innegabilmente antipatico e statico come un sasso e l'atmosfera cupa e piovosa è un deja-vù, però non tutto è da buttare. Intrigante l'utilizzo della linea Maginot, anche se poi viene sfruttata pochissimo, così come poteva piacere l'idea dei 12 apostoli e Gesù. Il tutto, però, viene appesantito da una scarsa capacità di sviluppo. Peccato.
Rimasi deluso dalla visione di questo sequel (solo a livello nominale). Reno questa volta è alle prese con una moltitudine di omicidi ispirati alla Bibbia e gli Apostoli. La coppia poliziesca e la conseguente azione di indagine è nettamente più blanda rispetto al primo capitolo e in certe parti non si capisce neanche il fine di tutta quella carneficina (fanta... politica spicciola con un Christopher Lee nazistoide).
Impianto praticamente uguale al primo episodio: due poliziotti seguendo due casi diversi incrociano le loro strade. E anche questa volta ci sono riminescenze del Terzo Reich; solo che qui un buon Magimel riesce a dare un tocco in più rispetto a Cassel e soprattutto l'impronta action supera di gran lunga l'aspetto investigativo. Ritmi altalenanti e forse, per alcuni aspetti, anche migliore del primo. Belli alcuni spunti e la fotografia. Non un capolavoro ma sicuramente accettabile.
MEMORABILE: La foto di "Gesù" e degli Apostoli che richiama il famoso affresco di Da Vinci "Il cenacolo".
Decisamente più caotico del precedente, ma tutto sommato godibile, con un intreccio thriller dai toni dark (con alcuni dettagli quasi horror) non disprezzabile e molte scene action ben girate (come il lungo inseguimento tra il poliziotto giovane e il frate acrobata). Reno è sempre piacevole come protagonista e Christopher Lee resta un villain inquietante e di grande spessore (anche a 80 anni). Buona la regia.
Inevitabile seguito che però delude le aspettative a causa di un taglio più dozzinale e banale. C’è molta meno attenzione alla trama a discapito dell’azione che, per quanto sia necessaria in contesti del genere, prende esageratamente il sopravvento finendo per annoiare. Oltretutto, più di qualche particolare risulta improbabile e poco verosimile facendo perde credibilità al tutto. Superfluo e inutile.
Sequel non memorabile, di cui si poteva benissimo fare a meno e che non si avvicina neanche lontanamente all'originale. Il timone della regia passa a Olivier Dahan che si rivela essere meno talentuoso del suo predecessore. Cambia anche il taglio del film, meno thriller e più action/adventure, tanto da farlo sembrare una versione francese e povera di Indiana Jones; purtroppo per il regista la scelta non risulta vincente. Torna Jean Reno, ma non Vincent Cassel, altro punto a sfavore al film. Si lascia vedere, ma anche dimenticare piuttosto in fretta.
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*Olivier Dahan dice si essersi ispirato al cinema thrilling degli anni 70.
Fonte: Ciak, marzo 2004.
*Si è sempre vociferato di un terzo capitolo della saga (come nè dava notizia Ciak del marzo 2004), il conclusivo, I fiumi di porpora3: Les armes de ombre, che doveva essere girato da Florent Emilio Siri e si basava sulle indagini di Pierre Nièmans (Jean Reno) su una setta che preparava armi di distruzione di massa.
Una emerita VACCATA, taccio sul comparto tecnico davvero vomitevole e sullo script demenziale (povero Luc Besson!).
Da sbellicarsi il Gesù Cristo all'ospedale, che manco i Monty Python!
Quando i cugini francesi scimmiottano il cinema americano e ripetono malamente formule scottiane e fincheriane senza averne lo stile o un minimo di criterio, creano abomini quasi inguardabili, come questo.
Nemmeno per scherzo mi sognerei di fare paragoni con il gioiello di Kassovitz, quest'ultimo potrebbe offendersi sul serio.
Unica scena degna di nota, la scazzottata tra Benoit Magimel e uno spacciatore (con la tipa di quest'ultimo completamente strafatta e vogliosa di scopare), in un appartamento costellato da inquietanti manichini alla Kalifornia o alla Una squillo per l'ispettoreKlute. Scena tra l'altro slegata al contesto del film, che riprende (enfatizzandola) quella di Cassell nella palestra nazi del primo(bellissimo) capitolo