L’opera seconda di Franju è un occhio spalancato sul mattatoio di Parigi, sorta di cuore slabbrato, sanguinante e occulto, emblema di una violenza irremovibile e fondante dietro il tappeto civile e urbano. La cifra estetica, caravaggesca e finanche baconiana, sopravanza il fine documentaristico e mette a dura prova la capacità di sopportazione visiva dello spettatore. Il martirio delle carni, intercalato a serafici e quieti scorci cittadini, urla una necessità di sublimazione che non è detto possa trovare soddisfazione. Si astengano le anime candide.
Quasi le prove generali per la sequenza dell'operazione di asportazione del viso in Occhi senza volto (che risulta infatti il momento più squisitamente gore di quel film), Le sang des betes tenta vegetarianamente ogni singolo spettatore con uno spettacolo tanto più impressionante in quanto alternato a squarci urbani "aux portes de Paris" commentati da una voice over femminile addirittura più straniante delle immagini di martirio di bovini ed ovini, perpetrato da imperturbabili "boucheurs" con sigaretta in bocca.
Il mattatoio parigino, collocato in uno spazio-tempo che dovrebbe essere quello dell'umana ragione, sta a ricordarci come l'essere umano sia progredito solo parzialmente (gli squarci della città, vista con distacco ed in lontananza). Mentre si assiste alla (reale) mattànza di cavalli, agnelli e vitelli vien spontaneo domandarsi chi sia la bestia. Forse gli operai del macello? Macchine di morte che tagliano gole, sventrano pancie, spelano e sbudellano (in un angosciante silenzio) indifesi animali. Con tanta freddezza, acclarata da sigarette fumanti e da gesti paradigmatici. Terrificante.
Documentario surrealista del regista di Occhi senza volto sulle mattanze che ogni giorno si svolgono nei mattatoi, a Parigi come in ogni altro posto del mondo. Tutto viene mostrato, senza limite. Sangue a fiumi, normale lavoro per gli addetti al macello. Prova durissima per lo spettatore. Difficile non sentirsi in colpa. Immagini che non si dimenticano. La nostra civiltà sta davvero crescendo?
Efficace documentario di Franju, in cui la clinica precisione dello sguardo (senza tralasciare un dettaglio) sulle attivuità praticate nei mattatoi si sposa con un gusto dell'inquadratura poco comune nei documentaristi mestieranti. Visione certo non idilliaca, ma d'altronde, come dice il commento in linea col disincantato professionismo degli operatori, "bisogna pur mangiare, o dar da mangiare a un altro". Oltre agli animalisti, astenersi anche paladini delle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
La cinepresa di Franju entra nei macelli parigini, documentando nel dettaglio sgozzamenti e squartamenti di cavalli, mucche, vitelli e pecore. Geniale e impressionante: la descrizione apparentemente oggettiva delle operazioni di macellazione alternata alla voce femminile trasognata nel paesaggio di periferia crea un corto circuito pazzesco. Soffocante il vapore del sangue caldo che aleggia nei capannoni e agghiaccianti le contrazioni degli animali decapitati. Magistrale descrizione della quotidiana carneficina che arriva sulle nostre tavole...
I toni distaccati del commento ricordano da vicino Terra senza pane di Buñuel: lì si resocontava il dolore dei poveri, qui delle bestie. In entrambi i cortometraggi la feroce oggettività cela, però, l'empatia universale verso i viventi tutti. Franju suscita tale sentimento ricorrendo o all'antitesi (il prologo caldo d'umanità col bacio degli amanti e il girotondo dei bambini prelude alle scene cruente del mattatoio) o al commento sonoro più adeguato (i dodici rintocchi del campanile simili a un compianto funebre). Un capolavoro.
La sofferenza di troppi per il benessere di pochi. Settant'anni fa, appena usciti da un devastante conflitto globale, non esisteva Internet, la gente comune non condivideva le ricchezze di Tolstoj né gli orizzonti ideologici di Gandhi, il nuovo capitalismo si apprestava a riconquistare il mondo: a chi poteva interessare osservare il massacro degli innocenti dallo spioncino di un mattatoio parigino? Franju vide il futuro con decenni d'anticipo. Nei decenni nulla è cambiato, anzi: che si sia vegetariani o meno, il senso di colpa non si smacchia.
MEMORABILE: Il feto estratto assieme alle interiora; Gli occhi acquosi e terrorizzati dei vitellini; Le pecore che scalciano zampe all'aria.
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Questo film fu proiettato nel 1987 in seno a una retrospettiva sulla Nouvelle Vague - dove furono presentati anche altri film di Franju - però con il titolo tradotto come Il sangue delle bestie.
Gossip: mentre entravo al torinese Movie Club per vedere questo o un altro film, non ricordo, incontrai Teo Mora, con lunga barba da frate trappista. Ci salutammo affettuosamente e mi capitò di ricordargli che il giorno prima avevano proiettato Occhi senza volto, di cui lui aveva parlato così positivamente nel suo Storia del cinema dell'orrore della Fanucci. Mi disse che gli dispiaceva, ma che se l'era perso, essendo appena arrivato. Allora io gli domandai: "beh, l'avevi già visto, no ?" Sua laconica risposta: "no!"
R.f.e. ebbe a dire nella SEZIONE CURIOSITA': Gossip: mentre entravo al torinese Movie Club per vedere questo o un altro film, non ricordo, incontrai Teo Mora, con lunga barba da frate trappista. Ci salutammo affettuosamente e mi capitò di ricordargli che il giorno prima avevano proiettato Occhi senza volto, di cui lui aveva parlato così positivamente nel suo Storia del cinema dell'orrore della Fanucci. Mi disse che gli dispiaceva, ma che se l'era perso, essendo appena arrivato. Allora io gli domandai: "beh, l'avevi già visto, no ?" Sua laconica risposta: "no!"
Ogni mio commento è superfluo...
E considera che ho sempre ritenuto quei testi (tre tomi) di Mora fondamentali...
Dovrò riflettere su questo.
Beh, Teo (a proposito: Teo sta per Ferdinando) era fatto così. Ma a parte questo i suoi testi sono scritti con serietà, grande documentazione ed attenzione.
A parte...beh, a parte... la serie Tv del Baron Samedi, che lui cita non mi ricordo a che pagina, non mi far cercare che non c'ho voglia, ma c'è (è una notina a piè pagina però, non è nel testo). E' uno scherzo, dovuto alla stanchezza, al volersi un po' divertire: è inventata di sana pianta, non esiste! Se ci fai caso i nomi del produttore e regista (Justis Marcos, qualcosa del genere), non sono altro che versioni "stranierizzate" dei nomi Marco Giusti ed Enrico Ghezzi, suoi (anzi nostri) amiconi dell'epoca! E poi guarda i titoli dei vari episodi...!
R.f.e. ebbe a dire: A parte...beh, a parte... la serie Tv del Baron Samedi, che lui cita non mi ricordo a che pagina, non mi far cercare che non c'ho voglia, ma c'è (è una notina a piè pagina però, non è nel testo). E' uno scherzo, dovuto alla stanchezza, al volersi un po' divertire: è inventata di sana pianta, non esiste! Se ci fai caso i nomi del produttore e regista (Justis Marcos, qualcosa del genere), non sono altro che versioni "stranierizzate" dei nomi Marco Giusti ed Enrico Ghezzi, suoi (anzi nostri) amiconi dell'epoca!
Incredibile.
Appena rintraccio quella noticina la riporto qui: mi sembra il minimo :)
Però devo dirti che, considerato i tipi di film che ha preso in esame, un dubbio sul fatto che potesse davvero averli visti tutti me l'ero posto...
Beh, dai, Mora si può anche permettere di non vederlo e parlarne a d'uopo, no? :D
In effetti la traduzione letterale del titolo è molto più suggestiva e in linea con i contenuti del corto... potremmo proporre a Zender di cambiarlo...
DiscussioneZender • 15/05/10 18:23 Capo scrivano - 47802 interventi
Rebis ebbe a dire: Beh, dai, Mora si può anche permettere di non vederlo e parlarne a d'uopo, no? :D
In effetti la traduzione letterale del titolo è molto più suggestiva e in linea con i contenuti del corto... potremmo proporre a Zender di cambiarlo... Non ho capito Rebis: non è "il sangue della bestia" la traduzione letterale?
Scusate, me n'ero dimenticato un pezzo, del mio primo post nelle Curiosità, ma forse si era capito lo stesso. Quella retrospettiva era stata organizzata in seno al Festival Internazionale del Cinema Giovani di Torino del 1987 (che poi ha cambiato nome e ora si chiama semplicemente Festival Internazionale del Cinema di Torino).