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La nostra recensione di Il collezionista di carte

Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Nonostante la gravità degli argomenti affrontati, a cominciare dai trattamenti riservati agli ospiti delle carceri di Abu Ghraib (scene riproposte nella loro crudezza all'interno di flashback allucinati, deformati all'inverosimile da grandangoli financo eccessivi), il film ha un'impostazione molto compassata, riflessiva ed è percorso da un protagonista che di rado muta espressione. Dopo otto anni e mezzo di carcere, condannato per le torture inflitte ai prigionieri di Abu Ghraib rese note al mondo dalle tante celebri, tremende fotografie irridenti, William Tell (Isaac) torna in libertà. In cella ha studiato i giochi di carte più diffusi imparando a "contare...Leggi tutto le carte", come dice il titolo originale, scoprendo che attraverso il calcolo probabilistico e la memoria si possono arrivare a vincere cifre considerevoli, al casinò; senza barare, semplicemente sfruttando le proprie facoltà intellettive. William ora lo sa fare bene, e per non farsi mettere al bando dai casinò è sufficiente non esagerare, non dare nell'occhio. Un'intermediaria che lavora per grandi finanziatori, La Linda (Haddish), nota le sue capacità e decide di ingaggiarlo per condurlo ai tornei in cui più si scommette. Nel frattempo un giovane dall'aria sveglia, Cirk (Sheridan), contatta a sua volta William per spiegargli come abbia in testa di uccidere il maggiore John Gonzo (Dafoe), l'uomo che ad Abu Ghraib comandava e che mai ha pagato per le torture nonostante sia stato il primo a ordinarle. A pagare fu invece il padre del giovane, che tornato da quell'inferno diventò violento e intrattabile; fece fuggire di casa la moglie e si suicidò lasciando un vuoto nella vita di Cirk. E' arrivato insomma il momento di fargliela pagare, alla gente meschina e falsa come Gonzo, mandanti indiretti di tanto dolore oggi riciclatisi come ricchi uomini d'affari, consulenti... Ma William non vuole vendetta nei confronti del maggiore: cerca anzi di convincere il ragazzo ad accantonare i suoi bellicosi propositi e gli chiede di accompagnarlo (spesato) nei suoi giri tra una città e l'altra, al seguito suo e di La Linda. Cirk accetta e l'avventura a tre comincia, mentre Schrader in regia, utilizzando al meglio una colonna sonora pulsante spesso ipnotica e luci abbassate, immerge il film in un'atmosfera soffusa, quasi da sogno a occhi aperti. Sembra puntare a uno stile lynchiano meno ambizioso e assolutamente “terreno”, con poche parole scambiate tra i protagonisti e sessioni al tavolo da gioco cui in realtà poco possiamo partecipare non potendo capire come realmente evolvano le partite. Contano i dollari vinti e ritirati, conta il sentimento di amicizia forte che s'instaura tra il maestro e l'allievo (che in verità non troppa voglia mostra di passare all'azione), contano quegli aspetti relazionari che il produttore esecutivo del film, Martin Scorsese, già aveva sviluppato nel COLORE DEI SOLDI. Gli scambi tra William e Cirk mettono in luce l'ampia maturità del primo e il nichilismo anarchico tipico del giovane ribelle. Senza che mai si alzino i toni tuttavia: il profilo basso scelto da Schrader (regista e unico responsabile del copione) coinvolge l'intero cast e dona buona uniformità al film, che però spesso si fa etereo al punto quasi di scomparire. Azzeccata la scelta di alcune location desolate che amplificano l'intima solitudine del protagonista, notevole la capacità di costruire una storia senza avere molto da raccontare in termini di sviluppo tradizionale, regalandoci una visione delle sale da gioco lontanissima da quella vivace e rumorosa cui il cinema ci ha abituati. Sono insomma molte le qualità di questo THE CARD COUNTER, eppure la sensazione è quella di un film distante, freddo, che procede felpato senza mai affondare il colpo, guardando al gioco d'azzardo come a un hobby non degno di essere vissuto con passione e coinvolgimento, del tutto secondario rispetto ai dubbi morali, le angosce vissute dal protagonista e derivate dai suoi trascorsi ad Abu Ghraib. Un film profondamente figlio della visione etica del suo autore, forse più interessante che davvero riuscito.

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Tutti i commenti e le recensioni di Il collezionista di carte

TITOLO INSERITO IL GIORNO 5/09/21 DAL BENEMERITO GORDON POI DAVINOTTATO IL GIORNO 12/09/21
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Gordon 5/09/21 15:00 - 271 commenti

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Quanto mai attuale, questo film ha il merito di tratteggiare un quadro a tinte fosche abilmente e senza "respingere" lo spettatore con scene eccessivamente cruente (che pure ci sono comunque, a tempo debito). Per il resto, però, la trama si arena un po' nella parte centrale e non delinea uno scenario chiaro che dia ulteriori aspettative, senza contare alcuni dettagli eccessivamente introspettivi e psicologici del protagonista. Buone le musiche.

Bubobubo 8/09/21 14:39 - 1847 commenti

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Carceriere - pentito? - di Abu Ghraib (Isaac), divenuto nel mentre pokerista d'assalto, viene avvicinato da Cirk (Sheridan), figlio di un torturatore di Bagram che nutre propositi di vendetta nei confronti del maggiore Gordo (un Dafoe marginale), gran burattinaio uscito impunito dalle inchieste giudiziarie. Classico Schrader nel ritmo, lento e compassato, con alcuni picchi di tensione subepiteliale catturati in potenza o strategicamente lasciati all'immaginazione dello spettatore: la scrittura della storia non è però granché avvincente e molte domande cardine rimangono inevase.

Markus 12/09/21 21:31 - 3750 commenti

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Da carcerato, per le torture inflitte nel famigerato carcere di Abu Ghraib, a giocatore di poker per professione... il passo è breve. Così almeno ci viene raccontato da Paul Schrader, attraverso il volto di Oscar Isaac. Un racconto adornato d'una certa cura nella fotografia e dalle musiche d'atmosfera che strizzano l'occhio agli Anni '80, ma in definitiva dopo mezz'ora il film si trascina in ripetitività e situazioni più o meno prevedibili. Il "colpo di scena" finale, poi, non sorprende. Resta comunque la buona confezione del prodotto, su questo non ci sono dubbi.

Reeves 15/09/21 11:41 - 2803 commenti

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Coraggioso film che ci dice tanto sulle storture del modo americano di esportare la democrazia. Si apprezzano certamente il coraggio e la capacità di raccontare in modo non banale che sono tipici di Paul Schrader, un po' meno il continuo e esplicito desiderio di dire qualcosa in più. La denuncia è importante, la spettacolarizzazione un po' meno, il nostro Petri lo aveva capito già cinquant'anni fa.

Fulleffect 22/09/21 10:32 - 107 commenti

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Il mondo del gioco d'azzardo è solo uno spunto da cui far nascere il percorso di redenzione del protagonista, che porta sulle spalle un passato difficile da dimenticare. La colpa, la solitudine, l'emarginazione, l'autoimposizione di ferree regole di vita... sono tutti elementi tipici delle opere del regista e temi già sviscerati a dovere fin dai tempi di Taxi driver. Incredibilmente però, il film è dotato di una certa originalità, si arricchisce di un duro attacco al sistema militare americano ed è messo in scena con grande eleganza. Per il finale si guarda sempre a Bresson.
MEMORABILE: La passeggiata nel parco di luci.

Capannelle 21/09/21 00:17 - 4540 commenti

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Piuttosto pesante perché alla fine la storia non conclude granché e il faccione di Isaac pensieroso diventa una presenza costante quasi oppressiva. Schrader tenta un non facile connubio tra esperienze post traumatiche e gioco d'azzardo ma onestamente il senso logico pare traballare. La confezione è buona, c'è il tentativo di costruire una certa atmosfera ma come detto si ha la sensazione di uscirne con un pugno di mosche.

Tomastich 3/11/21 17:30 - 1260 commenti

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Un film eccezionale da uno dei tanto citati (ma in realtà poco visti) autori della new Hollywood. Espiare un peccato, una colpa, un'eredita difficile del passato è da sempre il fulcro del cinema di Schrader: in ogni decade è riuscito a raccontarci la vita degli USA (e non solo... si veda Mishima) in tantissime sfaccettature. La guerra, le carte, il carcere, i casinò di terza fascia in giro per l'America: qui dentro c'è quello che fa grande il cinema, ma ormai non interessa più a nessuno...

Didda23 21/12/21 09:35 - 2458 commenti

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Una pellicola  particolare, soprattutto per aver mischiato due tematiche così distanti come il gioco d'azzardo e i disturbi post traumatici, ma il risultato finale soddisfa vuoi per la straordinaria regia di Schrader (l'uso di lenti distorsive nei flashback lascia un certo entusiasmo), vuoi per la prova sofferta di un Isaac di rara intensità. Un'opera che si prende i propri tempi (il ritmo non è sempre incalzante), con una buona sceneggiatura e con solo una grande caduta (la caricatura del personaggio di Mr. Usa). Un passo in avanti, rispetto ad un recente passato non brillante.
MEMORABILE: La preparazione maniacale della stanza nel motel; La città fatta di luci; La resa dei conti.

Daniela 12/01/22 14:03 - 13129 commenti

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Se è vero che tutti sono responsabili delle proprie azioni, è anche vero che non tutti sono chiamati a risponderne, come dimostra anche quanto successo a seguito della pubblicazione delle foto agghiaccianti scattate a Abu Ghraib. Il protagonista, giocatore d'azzardo dal basso profilo, cerca di farsi perdonare/perdonarsi dall'essere stato un torturatore zelante salvando un ragazzo dalla perdizione ma le persone sono più imprevedibili delle carte da gioco. Per Schrader un'altra parabola morale troppo trattenuta per convincere fino in fondo ma interessante, ben interpretata.
MEMORABILE: Tutti i mobili e gli oggetti della stanza del motel sono avvolti in teli bianchi, trasformandola così in una cella monacale.

Paulaster 25/01/22 09:41 - 4770 commenti

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Ex torturatore di terroristi impara in carcere a contare le carte. Il soggetto militare suona datato, ma Schrader lo ripropone in una chiave di... giustizia, anche se omicida. Per accompagnare la storia il ruolo del protagonista incarna il sogno di chiunque abbia mai giocato a carte: vincere. Gli ambienti asettici e, pur essendo kitsch, tutti uguali, servono a dar la sensazione di lavaggio del cervello che serve per sopravvivere alle violenze a cui si è assistito. Ultima parte meno avvincente e una certa somiglianza con American gigolo. Isaac perfetto per il ruolo.
MEMORABILE: Il mobilio ricoperto; Il patto con il ragazzo; La descrizione della mano migliore.

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Giùan 7/05/22 10:55 - 4865 commenti

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Dopo la destrutturante parentesi "canibale" (una delle tante nella sua carriera registica), Schrader torna all'originale mitopoiesi del suo cinema eternamente dibattentesi, talora fino al delirio e altrettante raggiungendo l'estasi, tra trascendente e immanente. Qui trova nella performance del sempre più convincente Isaac e nel percorso di "proiezione" del suo personaggio verso il ragazzo Cirk/Sheridan, una traiettoria dalla vacanza (e dal calcolo) della coscienza, all'azzardo del (ri)coinvolgimento, destinazione abisso ed espiazione. Dostoevskiano e capricciosamente bressoniano.
MEMORABILE: La splendida Tiffany Haddish.

Dr.mabuse 15/10/22 11:44 - 18 commenti

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Che ci sia Scorsese come produttore esecutivo di questo film sulla colpa e l'espiazione, sulla catena dell'odio e del male che lega vittime e colpevoli, sull'amore come unica possibilità di sopravvivenza, non è affatto casuale. Una interazione tra asciuttezza e sentimento di desolazione di score musicale e atmosfera decisamente forte. Uno Schrader in grande spolvero, che rischia molto (scegliendo di raccontare cosa pensa del decennio di orrori paramilitari della gestion Bush Jr.), ovvero poco (scegliendo un cast magnifico). Oscar Isaac monumentale.

Galbo 17/04/23 06:57 - 12603 commenti

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Paul Schrader dirige un film sulla ricerca di redenzione che ha come personaggio principale un ex torturatore diventato giocatore di carte professionista. Un'opera cupa come il suo protagonista, che ha una morale di fondo che lo porta ad aiutare il figlio di un ex commilitone. Procede in modo lento e progressivo, portando in primo piano il protagonista e relegando sullo sfondo le altre figure, fino a un finale catartico meno pessimista di quanto potrebbe sembrare. Ottima la prestazione di Oscar Isaac, meno convincente (forse poco adatto al ruolo) Tye Sheridan.

Cotola 15/10/23 18:05 - 9423 commenti

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Schrader torna al cinema dei suoi albori, fatto di complessi e intriganti interrogativi morali. In questo caso lo fa imbastendo una storia che mescola con una certa abilità due ingredienti difficili da amalgamare: il gioco da azzardo e i tormenti post-bellici di un protagonista che deve sopportare il peso di un passato molto problematico e difficile da portare sulle spalle. I temi sono quelli soliti - la colpa e i conseguenti rimorsi; la redenzione; in questo caso anche la vendetta - e non c'è nulla per cui gridare al miracolo, ma la regia è buona, così come lo script.

Rebis 1/02/24 19:11 - 2447 commenti

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Redimersi attraverso il gioco d'azzardo. Possibile? Sì, per Paul Schrader l'io si risolve sempre nel campo dell'altro, come un ecosistema da occupare, coltivare e accudire. Perdonarsi, trascendendo nell'amore. Espiare, liberando il prossimo dalla vendetta. E la colpa come letame, humus in cui sublimare il nero dell'anima nell'oro dell’ascensione. Se il criminale è più etico dell'uomo probo - perché ha esperito il male, la colpa e la pena - allora William Tell è un supereroe, ai tempi dell'apocalisse morale. Bressoniano.

Luluke 17/10/24 05:48 - 599 commenti

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Bella idea di partenza, poi però il film stenta a decollare. Come il rapporto tra i due protagonisti: William che cerca di annegare nelle carte il rimorso per il suo passato di carceriere ad Abu Ghraib, e Cirk, il ragazzo che vorrebbe vendicarsi di chi gli ha fatto impazzire il padre in quell'inferno. Ci sono troppi tempi morti nella narrazione e l'inserimento di una donna, come terzo personaggio, non li rivitalizza, anzi. In ogni caso le riprese ai tavoli da gioco che suggeriscono una sensazione di stanca routine di chi li frequenta e il finale, inaspettato, lo rivalutano in parte.
MEMORABILE: "Riparerò i torti".

Enzus79 15/01/25 20:12 - 3132 commenti

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Un ex militare cerca di redimersi dopo essere stato uno dei torturatori dei prigionieri di Abu Ghraib. Storia interessante e coinvolgente. Affronta tematiche introspettive in modo intelligente e mai superficialmente. Non mancano momenti crudi. Oscar Isaac perfetto, forse alla sua migliore interpretazione. Un film stilisticamente impeccabile, prodotto anche da Martin Scorsese.
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