Drammatico, con punte di noir. Fino al momento della barella è quasi perfetto, con momenti da thriller (c'è pure un omicida con guanti in pelle nera!). Dopo la sorpresa iniziale, c'è grande capacità di creare la tensione dell'attesa. Curioso notare come il non sapere esattamente, da parte dello spettatore, delle nequizie del protagonista, lo porti a tifare, almeno parzialmente, per lui. Dopo il momento citato all'inizio, la vicenda ha qualche passaggio un po' forzoso, ma resta un buon film, con un grande Folco Lulli.
Nella storico rifugio degli anni 40', "Rocchette", al confine con la Francia, dove il motto "più duri della roccia" è stato cancellato solo dal tempo, si girano i momenti più tragici e commoventi di questo film. La fuga infatti fa tappa in questo luogo ricco di storia, ed è lì che si scoprono le carte della vita e della morte. Notevoli interpretazioni, tra cui quella di Pietro Germi che da questo ruolo anticipa i tempi di un lungo cammino.
Il più bel film di Soldati (con Dora Nelson) nonchè uno dei drammi più intensi e caldi (a dispetto della neve che lo avvolge) della Storia del nostro Cinema. Con inconsueta potenza narrativa ed in un b/n fiammeggiante (che par ispirato a Welles/Cortez), è un formidabile esempio di "spettacolo" cinematografico imperniato su questioni cruciali (l'emigrazione) e ferite ancor aperte (la pacificazione post fascismo) nel Paese. Emblematico poi il modo in cui è sviluppata la figura del bambino. Germi tosto, ma indimenticabile è il viscido tratto del grande Folco.
MEMORABILE: L'assassinio della cameriera Pierina; La scena di Comme facette mammeta; Il finale.
“Mors tua, vita mea” è il triste grido dell’Italia del Secondo dopoguerra e del suo clima di sospetto, odio, dolore, delazione e vendetta: con un innovativo incrocio tra generi diversi (ci sono persino abbozzi di commedia scollacciata intorno alle generose forme della cameriera Mirafiore e spunti thrilling) Soldati lo traduce in immagini realistiche e drammatiche e il magnifico Lulli, con piglio e trasformismi wellesiani, rammenta che anche dietro un feroce ex gerarca può celarsi un vedovo e padre di famiglia. Germi si prepara per i ruoli intensi de Il ferroviere e L’uomo di paglia.
MEMORABILE: Lulli, sentitosi scoperto, minaccia con lo sguardo il fisarmonicista mentre cantano “Comme facette mammeta”; «Perché vuoi uccidere il mio papà?».
A un passo dal capolavoro, come spesso accade a Soldati. Lo svolgimento è teso e plumbeo come un noir, di forza rara e privo di fronzoli. Nell'ultima parte diviene troppo aneddotico e alcune lungaggini pesano. Un grande Folco Lulli delinea un personaggio di viscida astuzia; egli ha un contraltare perfetto nella ruvida purezza dell'alpino di Germi, qui già a suo agio nei panni dell'uomo schietto e di modi spicci eppure compagnone e altruista. Mezzo pallino in più per la chiusa: il cuore (e non il sentimentalismo) va premiato.
Il più bel film di Mario Soldati, un noir in puro stile espressionista (compresi i giochi d'ombre e alcune scene decisamente da thriller) che spesso viene invece preso per un film neorealista, cosa che invece non è. Folco Lulli giganteggia e inizia una lunga serie di ruoli di cattivo-fascista (lui, che era stato uno dei pochi attori partigiani combattenti). Un crescendo di emozioni fino a un finale davvero top.
Un ex-gerarca/padrone fascista evade e fugge in Francia, sperando di poter comprare la sua assoluzione con quei soldi che, però, a questo punto gli serviranno poco o niente. Con atmosfere noir un po' alla Fritz Lang, Mario Soldati racconta dell'agonia di un periodo storico in cui allo smarrimento generale si aggiunge il desiderio di nuovo, anche espatriando verso mete diverse dall'Italia. Folco Lulli riesce bene a attirare su di sé sia il disprezzo, sia la pietà di chi guarda al passato e già pensa al futuro.
Ex gerarca fascista ricercato per crimini di guerra, che sta cercando di riparare clandestinamente in Francia portandosi dietro il figlioletto come copertura, non esita di fronte a nulla pur di non essere scopero... Generalmente inquadrato nella corrente "calligrafica", Soldati spiazza con questo racconto ruvido che, nelle migliori sequenze, assume tinte noir giocate su dettafli allusivi e i contrasti in chiaroscuro. Convincente Lulli nel ruolo di un uomo spregevole appena riscattato dall'amore per il figlio, efficace Germi in una delle sue prime apparizioni.
MEMORABILE: La sequenza dell'omicidio.
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S P O I L E R Quando il figlio dice di non conoscere il proprio padre lo fa, chiaramente, per salvarlo dall'arresto.
Nel libretto che accompagna il dvd (BIANCO E NERO ALL'ITALIANA), Mereghetti parla sorprendentemente di "rifiuto", nel senSo di ripudio.
CuriositàReeves • 26/10/21 16:47 Contratto a progetto - 814 interventi
Nel suo libro autobiografico Il bianco sparaEnzo G. Castellari rivela che suo padre Marino Girolani, aiuto regista del film, aveva proposto proprio Castellari nel ruolo del bambino ma la cosa non era andata in porto per gli impegni scolastici del piccolo Castellari.