Molto insipido per la sua incertezza nell'intraprendere coraggiosamente il percorso psicologico - la pericolosa ossessione dello scultore per l'idea assoluta dell'arte - o piuttosto quello più comodo e banale di una storia d'amore e gelosia. La diegesi è piatta e scolastica e l'opportuna, sofferta emotività langue; tra gli impettiti attori, l'unico a conferire un minimo di scioltezza è Gianni Agus, che tuttavia sposta il registro verso quello di una commedia.
Il mondo dell'arte scultorea fa da collante e cornice a una vicenda d'amore tormentata da mille incertezze. L'opera prima di Giuseppe Di Martino (regista perlopiù teatrale) non va mai oltre il susseguirsi di piagnucolosi dialoghi figli del periodo e delle mode. Anche il tentativo d'introspezione psicologica dei personaggi narrati appare perlopiù di facciata, senza molta accortezza. Resta in ogni caso una recitazione quantomeno decente, seppur datata, che in parte risolleva le sorti non felici della pellicola.
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