Verboso e tedioso adattamento di Paul Schrader dal libro di lan McEwen, con la coppia Rupert Everett/Natasha Richardson in vacanza a Venezia (vengono dall'Inghilterra) dove conoscono il misterioso Christopher Walken, che li porta in osteria e a casa senza mai spiegare il motivo della sua insistita cortesia. Con un cast di prim'ordine e una troupe di pari livello (Dante Spinotti alla fotografia, Badalamenti alle musiche) ci si aspettava ben altro; Schrader invece sembra più interessato a cercare angoli suggestivi di Venezia in modo da sfruttare al meglio il talento di Spinotti, lasciando che i protagonisti affrontino malinconicamente i loro problemi di coppia (non sono comunque sposati...Leggi tutto né vivono insieme) e si lascino rintronare dai pedanti racconti di un Walken assai enigmatico; basta comunque poco e la malcelata ostilità di Everett per la donna si trasforma in sdilinquimento ricambiato, in esaltazione stucchevole della bellezza dell'altro tra una cena e una puntata nella sontuosa casa di Walken e consorte. La regia di Schrader è piatta, non aiutata dalle poco incisive performance dei protagonisti e appesantita ulteriormente dalle musiche tronfie di Badalamenti. Il finale, beffardo, smuove un po' le acque, ma arriva dopo un mare di scene insignificanti.
Ciofecone patinatissimo (di patinato anni '80, del resto minacciato fin dai titoli che annunciano "abiti di Giorgio Armani"), co-prodotto da Rizzoli e dal Berlusca, reso ancor più pesante dalle estenuate, onnipresenti musiche di Badalamenti, e da una regia didascalica e senza nerbo. I dialoghi (di Pinter) tengono luogo delle torture che nel libro pare vengano inflitte ai protagonisti, solo che qui i torturati siamo noi. E sull'uso e abuso di Venezia come location ci vorrebbe una legge. Penale.
Polpettone barocco tratto da un bel libro di Ian McEwan, perde per strada la morbosità e le perversioni che rendono attraente il libro e si smarrisce tra musiche (Badalamenti) invadenti e scenografie affascinanti ma estenuanti. I quattro interpreti sono bravi, Everett è davvero bellissimo, ma il film non scorre, si trascina tra dialoghi forzati e immagini patinate di Venezia fino ad arrivare all'evento finale, che peraltro si intuiva sin dalle prime scene. Deludente.
Tratto dal romanzo di Ian McEwan, è un sceneggiato da Harold Pinter. Ambientato in una Venezia cupa ed autunnale, è un film di grande eleganza formale ma estremamente freddo e scarsamente capace di emozionare lo spettatore. Anche i protagonisti, sebbene di indubbia bravura, non forniscono una prova convincente e non sollevano il film dalla mediocrità.
Altra luna di fiele, luna nerissima che sembra candida perché velata da una nuvola di cortesie: prima piacevoli, poi soffocanti, poi... Una coppia irretisce ed annienta un'altra coppia, è un thriller con finale horror, meno cerebrale e tagliente del romanzo, più banalmente estetizzante, ma l'adattamento è puntuale: i personaggi mantengono la loro indecifrabilità di temibili sfingi, e la violenza sotterranea che caratterizza il loro rapporto resta misteriosa nelle cause ma ineluttabile nel decorso, come una malattia fatale. Lagunare e decadente.
MEMORABILE: Lo strano appartamento di Robert e Caroline... Helen Mirren in un ruolo quantomeno insolito per lei!
Ho letto da qualche parte che il romanzo di Ian McEwan da cui è stato tratto questo film può essere accostato a "Doppio sogno" di Arthur Schnitzler, (da cui Stanley Kubrick nel 1999 ricavò Eyes Wide Shut). Sono d'accordo, anche se il lavoro di Paul Schrader (sceneggiato da Pinter) crea in modo diverso le torbide atmosfere che accomunano i due lavori. Pure se non specificata nel romanzo la città dove si svolge, la storia può essere solo Venezia, veramente complice innocente di "eleganti" perversioni umane. Bravi i quattro protagonisti.
Torbido noir tratto da un romanzo, "Cortesie per gli ospiti" intriga per le atmosfere surreali, nonostante la staticità di Everett e della Richardson. La Miller appare fuori parte mentre Walken è una presenza inquietante quanto basta. La trama potrebbe avere mille potenzialità ma risolve ben poco, lasciando allo spettatore un disagio e un vago senso di indefinito. Si può anche perdere.
Nel romanzo di McEwan, il nome della città non è esplicitato, ma solo Venezia, nel suo aspetto più morbido e decadente, poteva ospitare una storia di morbosa sensualità come quella che Schrader traspone in modo elegante, pur senza riuscire a trasmetterne tutte le sfumature. Fondamentale il quartetto attoriale: Everett giovane semidio inconsapevole della propria bellezza, Walken insinuante ed ipnotico come un cobra, Mirren fine ed ambigua nel ruolo della moglie masochista, Richardson presenza leggiadra dai riflessi preraffaelliti.
Gli ingredienti giusti c'erano: come base un romanzo intrigante, un regista abile, uno sceneggiatore di lusso (Pinter), attori di prima scelta, una location un po' abusata (Venezia), dalla cui fascinosa fatiscenza però si può sempre cavare qualcosa. Malgrado le premesse, il soufflé si affloscia e resta solo un'operina estenuata ed estetizzante, vagamente ipnogena malgrado il tema: il Mostro nascosto in Laguna e la sua Signora morbosa complice non riescono a essere spaventosi né particolarmente interessanti. E anche le vittime non brillano.
Nella Venezia di Schrader si avverte una marcescenza di fondo: un clima di possibilità infrante e desiderio svanito. Il senso di ambiguità è ben immortalato dalla fotografia di Spinotti, che asseconda il disorientamento dei girotondi veneziani degli inglesi protagonisti senza grave trasporto; ma del resto il film tracolla sotto il peso dell'allusività e arriva infine stanco, confuso. Rimane la disperata sensazione di una possibilità: che la depravazione - che il film non mostra mai veramente - possa riunire quello che il tempo ha deteriorato. Ma il film si lascia dimenticare.
Come il Marchese del Grillo lanciava monete infuocate ai derelitti, così una coppia di veneziani superdotati a livello immobiliare usa la propria munificenza come esca per ignari malcapitati. Helen Mirren è bravissima nel condurre sempre sul filo del rasoio un'interpretazione che gioca sul disvelarsi della follia. Altro aspetto rilevante è la riflessione sui pericoli e sugli inganni delle forme e dell'estremo culto della bellezza che sembra quasi essere complice se non causa dell'assoluta morbosità che trasuda lentamente da gesti, parole e luoghi di inarrivabile fascino. Funesto.
MEMORABILE: I mielosi dialoghi fra innamorati cedono il posto all'edonoismo; Il finale devastante; Le musiche altisonanti e angoscianti di Badalamenti; Venezia.
Si fa davvero fatica, per quanto amorevole riguardo si abbia per Schrader e Pinter, la cui autorevolezza diffida a non fermarsi alla prima impressione, a non bollarlo definitivamente come versione incanutita e quel che è peggio patinata, de Il servo. La convinzione infatti è che la commissione/produzione del progetto prenda la mano e che i "doni" della location (Venezia), delle scene (Spinotti), delle musiche (Badalamenti), dei corpi degli attori stessi (Richardson, Everett, Walken, Mirren) depredino la scrittura, la regia, il vampirismo (omo)sessuale e la stratificazione.
MEMORABILE: Il completo bianco di Walken; La storiellina...; Everett e Richardson nudi nel letto al risveglio nella casa; Il pugno di Walken a Everett.
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