Cortometraggio sulla necrofilia. Senza una vera storia. Semplicemente siamo nella sala dell'ospedale dove vengono fatte le autopsie. Entra un uomo con una barella e il cadavere sopra, coperto da un telo. Noi seguiamo quello che il medico fa: in un tripudio di sangue rappreso il corpo viene lacerato, squartato e ricucito. Durante la prima autopsia tutto normale. Quando però l'inquadratura si sposta sul secondo medico, che viene ben presto lasciato solo con il corpo di una giovane e bella ragazza, capiamo che qualcosa non va. L’uomo sembra prenderci un po' troppo gusto ed esegue l'autopsia a modo suo, fino ad arrivare a fotografarsi mentre copula con il cadavere. Miglior cortometraggio...Leggi tutto a Siviglia 95, Sitges ‘94, L’Etrange Festival Paris ‘95... Mah. La sensazione è che tanti premi siano eccessivi. Il cortometraggio di Nacho Cerdà è in realtà prima di tutto un grandissimo lavoro sull’immagine. La fotografia dai toni azzurri è fenomenale e l’unico colore che veramente salta fuori è il rosso del sangue, vivido come non mai, contrastatissimo. Regia sapiente, inquadrature ricercate per una confezione extra lusso. Durante il corto (la durata è di circa 25’) nessuna parola: gli unici rumori sono quelli delle forbici che squartano e i respiri affannosi del medico necrofilo. Inquietante forse, ma davvero troppo criptico e pretenzioso. Filmare un’autopsia (specie se ricostruita con incredibile realismo, come in questo caso) è senza dubbio coraggioso, ma da qui a dire che possa rappresentare un vero film ce ne passa. Lo sforzo registico è indubbio, a dire il vero, il risultato di una freddezza che agghiaccia, ma l'impressione è più che altro quella di una provocazione, come a voler dare per forza una dimensione prettamente cinematografica a un documentario. Ha i suoi estimatori, comunque. Molto disturbante.
Bellissimo. Gli effetti gore sono ottimi e abbondanti, ma il film è notevolissimo anche sotto gli altri aspetti. Regia davvero ottima, fotografia curatissima e colonna sonora azzeccata. Ottima anche l'idea di eliminare completamente ogni tipo di dialogo. Sicuramente gelido e disturbante (e nell'ultima scena anche molto amaro), ma senza dubbio un ottimo film. Consigliatissimo.
Cerdà come il profeta Daniele. Un 'mene tekel peres' sussurrato con tutta l'innocenza e la grazia di brakhage frammista all'incompromissoria schiettezza di Buttgereit. La gioia davanti alla morte di batailliana memoria viene qui algidamente sbattuta in faccia senza remore né misure. Affascinante, ma a vostro rischio.
Spaventosa fotografia di un "dopo la vita" matèrico, e conseguente all'esperienza puramente chimico-fisica del nostro corpo. E' tutto girato in uno spazio angùsto e tetro (la camera autoptica) e per un lasso di tempo definito (una manciata di minuti) durante il quale l'involucro - fatto di carne e sangue dell'essere umano - viene analizzato, massacrato, scomposto, dissezionato. Il nichilismo del regista è sorretto da un taglio di regia "matematico" e realistico, perciò terribilmente deprimente. Eccellente cortometraggio dotato di cattiveria estrema, rappresentata da un finale inaccettabile.
Pellicola disturbante soprattutto perché nella sua brevità mostra il male che la perversione può causare anche dopo la morte e lo fa con una tecnica cinematografica difficile da trovare in pellicole "simili". Certo i tempi corti del film ben si prestano ad esaurire del tutto l'autopsia, così come "l'osservare" la violenza e la psicosi del necrofilo. Di fatto è un corto sull'osservare, per certi versi riconducibile al provocatorio The Act of Seeing with One's Own Eyes di Stan Brakhage; non dice però molto di più dell'atto che mostra.
Una sotterranea ironia e una notevole eleganza formale (con un’ottima fotografia e impressionanti effetti speciali) sostengono un corto horror inquietante, che ci immerge nel lavoro silenzioso di una sala d’autopsia dove uno dei medici è mosso da pulsioni ben poco professionali. Più della morte o dell’eros entra qui in gioco il voyeurismo dello spettatore, titillato e provocato da un’esibizione di sangue e frattaglie, che tuttavia è fatta con cura magistrale, e di morbosità. Più estetizzante che splatter, più virtuosistico che appassionato.
Si suda freddo e ogni secondo che passa è una coltellata rovente al basso ventre. Eppure - per quanto incredibile possa sembrare - difficilmente troverete una trattazione più intensa e significante di un tema tanto estremo e controverso. Il corpo morto, privato dell'unico conforto simbolico (il crocifisso tosto restituito ai genitori), viene qui straziato, torturato, smembrato e violato, infine massimamente dissacrato nel finale nichilista: è un'intollerabile via crucis che troverà la sua catarsi nel successivo, meraviglioso Genesis.
Un corto che si svolge unicamente nella tetra ambientazione di una sala autoptica dove due operatori svolgono il loro tristo compito di dissezionare e di ricomporre alla meglio le membra di due corpi. E già questo ci mette di fronte a un orrore appena sopportabile che si fa ripulsa quando uno dei due addetti dà sfogo alle sue orrende pulsioni necrofile. Un argomento di facile provocazione che lascia perplessi sulla sua opportunità e sul suo fine tra "documentario" e gusto per lo splatter. Si apprezzano la geometrica tecnica di ripresa e il glaciale contrasto cromatico.
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Zender, se si fa un “cerca” con Cerdà, questo film non viene fuori. Secondo me è dovuto al fatto che anziché essere scritto come negli altri suoi titoli, qui c'è anche la parentesi con il nome intero. Suggerirei di togliere la parentesi e uniformare il nome del regista come negli altri film, visto che comunque non mettiamo mai o quasi mai l’eventuale nome vero tra parentesi (e così rendiamo raggiungibile tutti i suoi film nel “cerca” a partire dal regista).
Un'altra cosa: Imdb mette la data del 1994 e non del 1993.