Genesis - Corto (1998)

Per ricordare la moglie morta scolpisce una statua, che però inizia a sanguinare mentre lui inizia a pietrificarsi. Cerdà conclude la trilogia della morte con un racconto quasi mitologico (ovidiano?) insufflato di un potente romanticismo, magari un po’ decadente (come non pensare a Dorian Gray?). Ancora una formidabile cura visiva che unisce la carezza della cinepresa a una fotografia raffinata. Ma abbandonati esoterismo e necrofilia, dilaga un appassionato lirismo che non a caso si affida allo struggente concerto per oboe di Marcello.

Dalla carne dilacerata e dissolta alla nuda pietra che, per amore, dovrà a sua volta ridiventare carne. Circolare e coerente come non mai, l'ultimo tassello della trilogia cerdaniana è un'elegia poetica di sublime raffinatezza che, pur partendo da un soggetto non originalissimo (dai classici dell'antichità greco-romana alla letteratura contemporanea i paragoni si sprecano), fa valere tutto il suo lirismo attraverso le intense espressioni del fidato Tosar (il chirurgo di Aftermath, non a caso...) e una grande fotografia. Davvero splendido.