Simpatico revival hershellgordonlewisiano, tanto cafone quanto grezzo, volgarotto e tamarro, che manca poco al fotofinish dei rutti e delle scorregge (anche se, poi, tanto commedia horror non è, visto che il secondo è in netta prevalenza sulla prima)
Ma il tributo di Tim Sullivan è sincero e appassionato per non prenderlo in simpatia, nonchè inzuppato nel più tradizionale redneck movie horror con omaggi non troppo velati all'amato
Deliverance (non solo citato apertamente nel film, ma la sfida con il ragazzino ritardato a suon di banjo alla stazione di servizio all'inizio e la presenza di Bill McKinney nella fetida cucina baracca degli orrori) e una viscerale passione per il genere in generale (lo sceriffo che si legge
Famous monsters of filmland).
Ma aldilà del solito bodycount e delle solite eccessive splatterate (non male comunque lo stomaco corroso e bucato dall'acido in stile
Apocalypse domani), quello che dà il gusto a questo rispettoso e ludicamente sanguinario remake è l'aspetto sessuale, di cui Sullivan ne marca le sfaccettature.
Cugine che si abbandonano a slinguazzate superlesbo e il nerd che le guarda masturbandosi, i continui rimandi alla zoofilia verso la pecorella Jezebel, le passioni BDSM della coppia interracial, le machistiche effusioni omosex in camera da letto, la ninfomania della prosperosa Kate, la ragazza del latte con due poppe russmeyeriane che fa i giochetti, il tipo che , eccitato, si scopa letteralmente il letto pensando alla "ragazza del latte", la fellatio fatale con la dentatura d'acciaio di Peaches in stile
Death Factory.
Di mezzo un pò di pagliacciate e un Englund che gigiona a ruota libera e senza freni, sevizie sugli animali (il gioco per impiccare un povero gattino, la bimba che stritola una pantegana in una specie di frantoio) e i geyser di sangue (ombrellini bianchi aperti per ripararsi dai copiosi schizzi ematici) di notevole crudeltà (strappata in quattro che manco nei gung fu movie, impalato da dietro come una porchetta che
Flavia la monaca musulmana le fa un baffo
, spatasciata dalla campana, spremuto ben bene con gli occhi che le escono dalle orbite e fanno "pop"-su modello fac simile di un'impresa jasoniana del terzo
Venerdì 13-, evirazioni a suon di morsi metallici e invisibili fili d'acciaio messi sulla strada e la moto, che nemmeno nei nostri più truci poliziotteschi, con letali decapitazioni di felliniana memoria.
La riunione di sole donne e le tinozze, la ballata dedicata alla ragazza cinese officiata da una straordinaria e terrificante Lin Shaye (che svetta su tutti, luciferina e sanguinaria mater del sud), l'inconsapevole cena cannibalica a la
Notte brava del soldato Jonathan, Sullivan che rimarca l'aspetto freak e le tare mentali degli abitanti di Pleasant Valley a mò di western sputato dall'inferno e la bellissima capatina finale al cimitero, carica di spettrale e desolante suggestione.
Ottimi gli sxf gory di Roy Knyrim e della sua SOTA (le teste amputate servite sul vassoio, prima del gioco del ferro di cavallo, la ninfomanetta squartata in quattro parti) e da segnalare la carnosa Wendy Kremer con la dentatura squalosa e un fisico da pornostar.
Particina per Eli Roth (l'autostoppista modello hooperiano che tira corazze di armadillo sui parabrezza delle macchine di passaggio), Scott Spiegel (uno dei due menestrelli rompicoglioni che intonano canzonette del sud) e dello stesso Sullivan (l'ombroso e funesto beccamorto).
Non esente da qualche scivolata nel baracconesco (il duello finale tra Englund e il final boy tra le fiamme ) e da qualche pacchiano effetto in CG ( i vermi vomitati dall'orbita vuota di Englund), ma a suo modo sollazzevole, piuttosto cattivello, squisitamente cinico e triviale, con buone dosi di splatter e sesso zozzerello, nonchè una parata di gnocche da paura.
Col senno di poi mi rendo conto di come
2000 Maniacs (fedele remake sì, ma con riserve) abbia dato linfa al
Mondo dei robot e all'episodio dei ghouls del
Club dei mostri.
Rivisitando il padrino del gore, ma con uno stile personale (quello di Sullivan) che ne migliora alcuni aspetti (come il lato meramente sessuale, che le dà valore aggiunto).
Piuttosto schifosetto il criptogay (con pulsioni incestuose e la passione di seviziare gli animali) di Ryan Fleming (con vocina disturbante e effemminata nell'edizione originale).
E tra una ballata e i discorsi deliranti di un Englund irresistibilmente pagliaccesco e aspettando il tanto agognato barbecue nella rigorosa tradizione sudista, il divertimento (in parte) è assicurato.
Peccato che da noi sia tutt'ora inedito.
Gli appassionati le buttino un'occhio, c'è abbastanza per non rimanere delusi.