Molto bello. Commedia drammatica creata unendo aneddoti narrati da Fabrizi sull’avanspettacolo, colpisce per la sapiente miscela di momenti umoristici (taluni esilaranti, come la fuga dall’albergo) a vicende drammatiche (una scena che precede il finale di Io la conoscevo bene!). Cast strepitoso, con Aldo Fabrizi sommo, la Scala brava e adorabile, la Lollo giovane e incredibilmente brava. Meno efficace la stangona Lees, bella e altera. E Giuffrè, Scotti, Mastroianni...
MEMORABILE: La fuga dall'alberghetto di Civita Pratese.
Prima regia nella quale Monicelli si affranca (al di là della firma sullo schermo) dal sodalizio con Steno. Si nota in maniera nitida dalla cura con cui vengono tratteggiati i "caratteri" (firmano lo script, tra gli altri, il vecchio Amidei ed il giovane Maccari) e dall'originale mix tra melodramma e commedia comica. Sottovalutato all'uscita è invece uno dei film di Mario che meno sente lo scorrere del tempo, grazie ad una lucida (a tratti spietata) e sempre attuale analisi del mondo dell' (avan) spettacolo. Fabrizi capocomico-mattatore, brave Lollo e Scala.
Un resoconto della dura vita condotta dagli interpreti dell’avanspettacolo italiano negli anni ‘50/60, costretti a inventarsi il sistema per sbarcare quotidianamente il lunario; in questo ricorda quanto visto in Uomo e galantuomo di De Filippo, mentre la figura di Franca è simile a quella della Sandrelli in Io la conoscevo bene, anche se con esiti opposti. Fabrizi è strepitoso, tanto nel comico che nel tragico, pare che alcune scene siano tratte da fatti realmente vissuti dall’attore, menzione anche per la giovane Lollo e la britannica Lees.
MEMORABILE: Siamo tutti italiani; L’anello mai consegnato.
Ritratto più agro che dolce di un'Italia smagrita dalla guerra e costretta a rinnegare l'ideale o la tradizione in nome del soldo. Ammirevole la semplicità in cui una tesi come questa viene calata nei paludamenti della commedia con una serie di caratteri e caratteristi impagabili (Fabrizi su tutti, ovviamente, colla sua umanità e i suoi impacci, fra arie da finto tonto, scatti d'ira e improvvisi rabbonimenti). L'unico limite risiede in un certo manicheismo di fondo. Bellissime le signore.
Mélange perfettamente riuscito di momenti comici e momenti drammatici, con molti episodi direttamente ispirati da racconti di coloro che avevano frequentato i teatri dell'avanspettacolo, primo tra tutti Aldo Fabrizi. Gli episodi si susseguono con naturalezza, i personaggi sono ben scolpiti, appena ci si commuove c'è subito una scena divertente e viceversa. Un punto di passaggio molto importante tra il cinema dei comici e la futura commedia all'italiana.
MEMORABILE: Fabrizi che ceca di pagare con un assegno; Giuffrè barista nostalgico che causa un bel problema.
Compagnia di rivista si arrabatta nei vari spettacoli. Il clima da dopoguerra, col motto "Siamo tutti italiani", mostra chi cerca di sbarcare il lunario (anche col sorriso). Equamente distribuiti i momenti più leggeri con il mestiere di capocomico di Fabrizi e le varie vicende legate alla povertà delle soubrette. Nel finale si chiudono le situazioni in un modo non troppo filante. Bene la Lollobrigida come presenza e piccolo apporto della Scala; cameo di Tino Scotti. Monicelli discreto in regia.
MEMORABILE: L'assegno per l'albergo; La passerella di legno; La compagnia sul camion; La Lollobrigida cacciata.
La storia parallela di due sventurate. La prima fa successo (una Lollobrigida funzionale alla parte), la seconda anche: sposa un miliardario com'era nei piani ma se ne pente (Tamara Lees col volto serio e spigoloso, à la Lempicka). Questi i due legni che diramano da una quercia, Aldo Fabrizi, irascibile capocomico, dogana vivente e agitatissima di tutto ciò che passa nel film. La vita della rivista è curata al centesimo grazie agli apporti memoriali dello stesso Fabrizi con Tonti, e soprattutto Maccari. Ineccepibile e variegata la regia in doppio. Grande classico.
MEMORABILE: Le tre ballerine dormono nello stesso letto; L'escamotage dell'"amministratore" per scappare dall'hotel senza pagare.
Primi vagiti della commedia all'italiana, anche se smussata dall'assenza del suo tratto più distintivo: il finale tragicomico colmo di elementi drammatici. Qui invece son proprio le repentine soluzioni conclusive per le tre ragazze ad essere il punto più debole del film, con una morale semi-consolatoria che poco si sposa con la storia appena narrata. Molto meglio la prima parte, che ci fa immergere nel mondo dimenticato degli avanspettacoli di provincia. Fabrizi, va da sé, è un genio immortale, ma anche la Lollobrigida fa il suo mestiere. Molti gli spezzoni da ridere e ricordare.
MEMORABILE: Lo spettacolo a Civita Pratese dopo il consiglio del cameriere!; La fuga dall'hotel senza pagare; La canzonetta sull'Ecuador.
Forse uno dei primissimi esempi di neorealismo rosa, pur ancora imperniato anche sulle vicende alterne di una compagnia di guitti, con la classica vena ironica di Steno e Monicelli (e soprattutto l'amarezza del secondo) per un mix riuscitissimo e ancora oggi valido. Il film sa far ridere e intenerire al tempo stesso, grazie anche alla bella interpretazione di Fabrizi, umanissimo, coadiuvato da un cast di ottime attrici e validi caratteristi. Notevole.
Commedia resa piacevole dall'amabile ironia con cui vengono rappresentate le vicende di una piccola compagnia di avanspettacolo sempre con l'acqua alla gola e dall'interpretazione esuberante di Fabrizi nei panni del capocomico burbero ma protettivo che si deve ingegnare per non pagare i conti. Meno bene vanno le cose sul fronte delle fanciulle a causa di un vistoso errore nella scelta del cast: credibile come regina Antinea, l'algida Tamara Lees non lo è affatto come ex operaia in cerca di rivalsa sociale e questo influisce sulla svolta drammatica impressa al suo personaggio.
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Il film fu realizzato in gran fretta da Steno e Monicelli perchè uscisse sugli schermi prima di un altro film che un'altra coppia di registi (Lattuada e Fellini) stava girando ambientato anch'esso nel mondo dolceamaro dell'avanspettacolo, Luci del varietà. Fonte Mario Monicelli, Il Castoro Cinema