Rassegna estiva: Italian Graffiti d'agosto La quintessenza del cinema lattuadiano di ninfette e lolite in fregola (che ne vale, solo per questo, la visione), condito da ragazze bellissime. fiori sbocciati di ingenua sensualità (la Tolo che fà la l'egocentrica reginetta della classe, la bellezza sfacciata dell'amichetta "misantropa" della Spaak, Juanita Faust, le scarpette, l'autoreggente, le gambe -ma le gambe, ma le gambe-le ragazzine sulle auto durante la gara per Frascati, la principessa della Erspamer, la modella nell'atelier pre baviano, la stessa Spaak che smania sogni erotici nell'incipit, che si gira e rigira nel lettino coperta da un lenzuolino, dove, la camicetta da notte striminzita, mostra la bellezza fulgida dei suoi seni). eppoi l'immagine della Spaak riflessa negli specchi, che dà al film una dimensione da favoletta adolescenziale.
Non c'è morbosità o malizia nello sguardo di Lattuada (un pò come farà David Hamilton), ma una piacevole frivolezza e leggiadria nella solita storiella della ragazzina innamorata dell'uomo maturo che potrebbe essere suo padre, tra canzonette (
Arrivederci al juke box) , pene d'amore tipiche di quell'età "maliziosa", ville da ristrutturare e una fauna umana grottesca e surreale (la contessa di Milly, il toy boy di Jean Sorel doppiato in romanesco, il commerciante che vuole i suoi soldi dalla Contessa, Contessa che anticipa la nonnetta "sprint" del
Tempo delle mele, Contessa che NON è la madre della Spaak come scrivono alcuni siti, ma la madre dell'amica, l'incantevole Juanita Faust).
Oltre alle passioni lesbo platoniche , Lattuada dona scampoli di leggera e inoffensiva morbosità (la Spaak che spia, dietro i tendoni, Sorel e la principessa che si apprestano a fare all'amore) e qualche tocco di cinismo (il cane morto), cheppoi verranno alla luce nel suo cinema degli anni 70, con piccoli gioielli come
Oh, Serafina! e
Così come sei (che de
I dolci inganni ne pare quasi il remake), in un passaggio dall'adolescenza all'età adulta oggi, francamente, datata.
Si spera in un finale che poteva anticipare
Il sorpasso , ma che non avviene e lascia un pò di amaro in bocca.
Oggi fan sorridere i problemi censori che ha passato il film e lo stesso Lattuada, ma, all'epoca, era un mezzo coccolone per i benpensanti e i bigotti, che già avevano avuto i capelli drizzi (e magari non solo quelli ) per
La dolce vita felliniana.
Bellissima la fotografia di Pogany, suggestive le location romane e terribile la partitura musicale di Piccioni (l'organo è inascoltabile). Mentre affascina il gusto raffinato del suo autore per affreschi e lussureggianti stanzoni di pompose case romane monarchiche.
Ma la visione è meritevole per tutte quelle ragazzette che pululano di quà e di là (Lattuda fa la stessa cosa di Pasolini sui ragazzi di vita, ma dalla parte opposta, la mia preferita), e per la cura con cui Lattuada sottolinea certi particolari (la suola consumata delle scarpette nere della Spaak, che , tra l altro, indossa per tutto il giorno senza le calze).
Battuta (s)cult di Sorel su Leopardi, che francamente mi ha fatto ridere : "
Me piace il manto, lo scatto...", riferendosi al felino, non sapendo manco chi sia il poeta.
A suo modo segna un'epoca e una rottura sulla pudibonda censura, ma lontano dall' essere un capolavoro (Lattuada ha fatto di molto meglio).
Sbarazzino, simpatico, frizzante, ma non esente da momenti, oggi soprattutto, di una banalità tanto ingenua da far quasi tenerezza.